Penale

Presunzione di innocenza: tutte le modifiche al codice di procedura penale

Gli interventi previsti dal Dlgs approvato ieri in Consiglio dei ministri aggiungono un articolo e ne modificano altri

di Francesco Machina Grifeo

Il Consiglio dei ministri, in ossequio alla normativa europea, ha approvato ieri lo schema di Dlgs sul rispetto del principio della presunzione di innocenza. Si tratta di un rilevante cambio di passo che interviene anche sul codice di procedura penale inserendo l'articolo 115-bis (Garanzia della presunzione di innocenza) e modificando l'articolo 314, comma 1, (aggiungendo un periodo); l'articolo 329, comma 2, (inserendo una parola); l'articolo 474 (aggiungendo il comma 1-bis).

"È stato un lungo percorso – ha commentato il deputato di Azione Enrico Costa - partito con un mio emendamento alla legge di delegazione europea, per recepire la direttiva europea sulla presunzione d'innocenza". "Dopo il sì praticamente unanime del Parlamento – prosegue Costa - il Governo e la Ministra Cartabia si sono impegnati per dare attuazione alla delega, dialogando con le commissioni giustizia di Camera e Senato. Ora occorre vigilare affinché quello che è uscito dalla porta - le inchieste spettacolo, il marchio di colpevolezza sugli indagati, i nomi alle inchieste, le conferenze stampa di magistrati e forze di polizia - non rientri dalla finestra".

LE MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA
Ma quali sono esattamente le modifiche al codice di procedura penale introdotte dal Decreto legislativo recante "Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, in attuazione della delega di cui all'articolo 1 della legge 22 aprile 2021, nr. 53 (Ministro della giustizia)".

Ebbene il testo approvato (6 articoli in tutto) prevede all'articolo 4 (Modifiche al codice di procedura penale), con riferimento alle possibili violazioni della presunzione di innocenza a mezzo di «decisioni» dell'autorità giudiziaria, l'inserimento nelle disposizioni generali sugli atti del procedimento, di cui al Titolo I del Libro III del codice di rito, dell'articolo 115-bis (lettera a)).

L'articolo, "Garanzia della presunzione di innocenza", riproduce nel contesto normativo del codice, il divieto di riferimenti pubblici alla colpevolezza in relazione ai «provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell'imputato», dal quale vengono esclusi – conformemente a quanto previsto dalla direttiva – gli «atti del pubblico ministero volti a dimostrare la colpevolezza della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato» (art. 115-bis, comma 1).

Si precisa inoltre che nei provvedimenti che, pur non essendo diretti alla decisione sul merito della responsabilità penale dell'imputato, presuppongano comunque «la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza», l'autorità giudiziaria sia tenuta a «limita[re] i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l'adozione del provvedimento» (comma 2).

I rimedi - Per quanto concerne i rimedi, invece, si è riconosciuto all'interessato il diritto di richiedere la correzione del provvedimento, nei dieci giorni successivi alla conoscenza di esso (comma 3). Diversamente, dunque, da quanto stabilito in via generale dall'articolo 130 Cpp per la correzione degli errori materiali, in tal caso, oltre a replicarsi lo stringente termine perentorio di quarantotto ore già imposto dall'articolo 2, comma 3, del decreto a tutte le «autorità pubbliche» per la rettifica delle «dichiarazioni», si è previsto che sull'istanza di correzione sia in ogni caso competente a provvedere il giudice che procede, anche quando il provvedimento sia stato adottato dal pubblico ministero. E si è altresì precisato che, nel corso delle indagini preliminari, la competenza spetti al Gip. La decisione andrà assunta nelle forme del decreto motivato, da notificarsi all'interessato e alle altre parti e comunicato al pubblico ministero.

Nella formulazione originaria era stato previsto che avverso il decreto fosse proponibile, a pena di decadenza, nei dieci giorni successivi, opposizione innanzi al medesimo giudice che l'aveva adottato, il quale avrebbe dovuto provvedere in camera di consiglio a norma dell'articolo 127 cod. proc. pen. (comma 4). Le Commissioni Giustizia tuttavia hanno posto una duplice condizione, volta l'una a introdurre «un procedimento più snello per la correzione dell'errore in riferimento alla salvaguardia della presunzione d'innocenza», l'altra ad attribuire «all'ufficio del giudice che lo ha emesso» (anziché «al giudice che lo ha emesso») la competenza a decidere sull'eventuale opposizione alla decisione relativa all'istanza di correzione. La Relazione al decreto, spiega dunque, che è parso opportuno, al fine di rendere più completa la disposizione, prevedere che il rimedio sia proponibile innanzi al presidente del tribunale o della corte, salvi i casi di incompatibilità. Riguardo lo "snellimento" poi è stata eliminata, per l'opposizione, la previsione dell'udienza camerale partecipata, prevedendosi che essa venga decisa «con decreto senza formalità di procedura».

Facoltà di non rispondere - Nell'intervento sull'articolo 314 Cpp, in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione (art. 4, comma 1, lettera b)), è stata recepita la condizione posta dalle Commissioni Giustizia di Camera e Senato. In particolare, la Commissione ha richiesto che «quanto all'articolo 7 della direttiva sul diritto al silenzio e sul diritto a non autoincriminarsi, sia specificato all'articolo 314 del Cpp che la condotta dell'indagato che in sede di interrogatorio si sia avvalso della facoltà di non rispondere non costituisce, ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, elemento causale della custodia cautelare subita».

La condizione, si legge nella Relazione tecnica, è finalizzata a neutralizzare il consolidato orientamento giurisprudenziale, ritenuto in contrasto con il diritto al silenzio riconosciuto dalla direttiva, secondo il quale «[i]n tema di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, la condotta dell'indagato che, in sede di interrogatorio, si avvalga della facoltà di non rispondere, pur costituendo esercizio del diritto di difesa, può assumere rilievo ai fini dell'accertamento della sussistenza della condizione ostativa del dolo o della colpa grave poiché è onere dell'interessato apportare immediati contributi o riferire circostanze che avrebbero indotto l'Autorità Giudiziaria ad attribuire un diverso significato agli elementi posti a fondamento del provvedimento cautelare» (sez. IV, Sentenza n. 24439 del 27/04 - 30/05/2018, Stamatopoulou, rv. 273744 - 01).

Si è quindi provveduto ad aggiungere un ulteriore periodo al comma 1 dell'articolo 314, comma 1, in cui si prevede che «[l]'esercizio da parte dell'imputato della facoltà di cui all'articolo 64, comma 3, lettera b), non incide sul diritto alla riparazione di cui al primo periodo».

Potere di desegretazione - A seguito poi di uno specifico rilievo della Commissione europea si è intevenuti sull'articolo 329, comma 2, del codice, al fine di precisare che il potere di "desegretazione" sia esercitabile solo allorquando risulti «strettamente» necessario ai fini della prosecuzione delle indagini, così replicando la puntuale indicazione contenuta nell'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva (articolo 4, comma 1, lettera c) b, dello schema di decreto).

Misure di coercizione in udienza - È stato infine modificato l'articolo 474 del codice, con la specifica finalità di chiarire che l'eventuale adozione di misure di coercizione fisica nei confronti dell'imputato in corso di processo, per l'ipotesi in cui ricorra il pericolo di fuga o di consumazione di atti di violenza, debba costituire oggetto di specifica valutazione da parte del giudice. Ed anche se la direttiva non lo impone, si è previsto, al nuovo comma 1-bis, che tale valutazione sia formalizzata dal giudice in un'apposita ordinanza, da pronunciarsi in udienza nel contraddittorio delle parti e da revocarsi allorquando le anzidette esigenze di cautela risultino cessate. Resta invece pacifico che, anche in caso di adozione dell'ordinanza, «è comunque garantito il diritto dell'imputato e del difensore di consultarsi riservatamente», la nuova disposizione consente ora che, a tal fine, possano essere impiegati anche «idonei strumenti tecnici», laddove disponibili (art. 4, comma 1, lettera d), dello schema).

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