Penale

Diffamazione: oneri meno stringenti per i post satirici su Facebook

di Patrizia Maciocchi

Il giudice non può addossare a chi pubblica un post su Facebook gli stessi oneri di un giornalista. Va dunque esclusa la diffamazione per il commento negativo sul social network, con il quale si stronca un'attività gastronomica, accusando il gestore di avere prezzi alti e “truffare” sul peso. La Cassazione, con la sentenza 3148, accoglie il ricorso contro una doppia condanna, incassata sia in primo sia in secondo grado, per aver offeso la reputazione della titolare di una gastronomia, pubblicando sul profilo Facebook una guida satirica ai peggiori ristoranti della città e dintorni. Nel mirino era finito un signore accusato di vendere pasta a prezzi esorbitanti bluffando anche sul peso. Per il Tribunale e per la Corte d'appello la diffamazione c'era, senza che si potesse invocare la scriminante del diritto di critica o la verità dei fatti narrati. L'offesa maggiore sarebbe stata nell'accusa di aver venduto 750 grammi ravioli spacciandoli per un chilo. Per i giudici di merito non era detto che l'esercente avesse agito volontariamente, né che fosse sua abitudine frodare i clienti. In più l'imputato aveva prima bollato il locale come uno dei peggiori della zona, poi aveva additato il proprietario come truffatore e, solo dopo, aveva fatto riferimento all'acquisto dei ravioli con il peso “taroccato” . Per la Cassazione però il fatto non costituisce reato. Il fatto che il locale fosse caro corrispondeva al vero, l'impiego del termine “truffatore” andava riferito ai prezzi esorbitanti e ai dubbi sulla rispondenza tra peso e prezzo pagato: era dunque una critica all'attività e non un giudizio sull'etica del privato. Il post, pubblicato sul social network, era caratterizzato da aspetti satirici, come dimostrato dal nome della rubrica “Guida cupittuna lisci” : “Guida ai copertini lisci” in antitesi alla nota “Guida Michelin”. I giudici, in quel contesto, non potevano porre a carico del soggetto che aveva pubblicato il post oneri informativi analoghi a quelli che gravano su un giornalista professionista, senza tenere conto della profonda diversità tra le due figure, per ruolo, funzione, formazione, capacità espressive, spazio divulgativo e relativo contesto.

Corte di cassazione – Sezione V – Sentenza 23 gennaio 2019 n.3148

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