Giustizia

Processo penale, sul tavolo prescrizione e inappellabilità

Oggi vertice tra Cartabia e i capigruppo di maggioranza in commissione alla Camera sulle soluzioni tecniche per accelerare la durata dei procedimenti

di Giovanni Negri

Si stringono i tempi sulla riforma del processo penale. Domani, in un vertice tra la ministra della Giustizia Marta Cartabia e i capigruppo della maggioranza nella commissione Giustizia della Camera, sarà fatto il punto sugli esiti del lavoro della commissione guidata dal presidente emerito della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi. Nel summit, al quale dovrebbe partecipare lo stesso Lattanzi, saranno illustrate ai rappresentanti della politica le soluzioni tecniche per accelerare la durata dei processi e sminare di conseguenza la prescrizione, tema divisivo per eccellenza.

La commissione ministeriale, costretta dalle urgenze dei lavori parlamentari e dalla necessità del Governo di mettere in campo un piano condiviso per accelerare i tempi della giustizia penale e civile, a chiudere i battenti in tempi estremamente brevi, ha messo a punto soluzioni alternative su alcune questioni, lasciando a Cartabia e al Parlamento la scelta finale, da tradurre poi nelle correzioni al disegno di legge Bonafede.

Nel merito, alcune proposte che potrebbero prendere corpo nelle prossime ore avrebbero il sapore un po’ sorprendente del déjà vu. Perchè dalla commissione potrebbe arrivare la riproposta dell’inappellabilità del pubblico ministero, con la conservazione della sola possibilità per l’accusa di fare ricorso in Cassazione. Una strada percorsa nel 2006 dalla Legge Pecorella, poi drasticamente ridimensionata dalla corte costituzionale. Ora la disciplina verrebbe meglio precisata, tenendo conto delle osservazioni della Consulta; malgrado gli appelli del Pm rappresentino statisticamente una quota molto bassa, si fa notare come il lavoro delle Corti d’appello per affrontarli è comunque significativo.

Sulla prescrizione, alla fine, la strada potrebbe essere quella di una revisione dell’attuale drastico stop dopo il primo grado, imposto dalla legge Spazzacorrotti, per virare verso una più calibrata prescrizione processuale. Ovvero, fissata una durata massima del primo grado e dell’appello, che potrebbe attestarsi rispettivamente sui 2 anni e sull’anno e mezzo, il decorso dei termini, in precedenza sospeso per consentire la celebrazione del processo, ripartirebbe, recuperando l’arretrato in caso di sforamento del limite di fase.

A questa soluzione se ne potrebbe affiancare un’altra, alternativa, che farebbe invece leva sull’aumento da un quarto alla metà del tempo tollerato per le interruzioni dei termini.

Dalla commissione arriveranno poi proposte per incentivare l’utilizzo dei riti alternativi, allargando per esempio il perimetro dei reati che possono essere oggetto di patteggiamento. L’obiettivo, che peraltro era quello del Codice di procedura penale accusatorio, è di evitare l’afflusso al dibattimento del maggior numero di procedimenti possibile. In questo senso si interverrà in maniera più decisa anche sulle condizioni di procedibilità, con attenzione particolare per la querela.

Nella fase di avvio del procedimento penale, a venire rafforzata dovrebbe essere la possibilità di sindacato del Gip sulla tempestività dell’iscrizione della notizia di reato da parte dei pubblici ministeri. In caso di indebiti ritardi o di omissioni da parte del Pm si aprirebbe la strada alla retrodatazione dell’iscrizione.

Quanto poi alle indagini, l’idea è quella di fissare una durata massima, che dovrebbe essere di 2 anni, svincolandola però, almeno in via tendenziale, dalla gravità della pena prevista dall’ordinamento, nella convinzione che non sempre questa vada di pari passo con la complessità dell’attività investigativa da svolgere.

Il progetto poi darà uno spazio maggiore alle condotte riparative, alla causa di non punibilità per tenuità del fatto.

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