Penale

Il fallo violento che fa parte della natura della gara non ha rilievo penale

Lo precisa la Cassazione con la sentenza 37178/2022

di Pietro Alessio Palumbo

Nell'ambito delle competizioni sportive le regole del gioco non sono necessariamente regole cautelari dalla cui inosservanza consegue automaticamente un addebito di colpa penale in presenza di eventi dannosi collegati al gesto sportivo, laddove la violazione di una regola del gioco che sanziona un fallo di gioco non può al contempo dar luogo a colpa penale perché quelle regole definiscono comportamenti resi leciti dalla accettazione da parte di tutti i partecipanti e dalla loro inosservanza consegue una sanzione sportiva o disciplinare che assume rilevanza nell'ambito della stessa gara in cui è intervenuta la violazione, mediante l'applicazione di una punizione, una penalità o una squalifica; che inoltre potrebbe avere conseguenze anche nelle gare successive. Su queste basi la Corte di Cassazione con la recente sentenza 37178/2022 ha chiarito che la verifica della causalità della colpa e l'indagine sulla ricorrenza della esigibilità della condotta doverosa e della prevedibilità dell'evento in capo all'agente risultano stringenti nello specifico settore delle competizioni sportive ove la disciplina regolamentare è diretta primariamente ad assicurare la regolarità della competizione e ad indicare i criteri in base ai quali il gesto sportivo, pure quando violento o pericoloso, è ammesso, tenuto conto della natura e delle caratteristiche della gara, ovvero è sanzionabile, quale illecito sportivo.

L'esame appello
Il giudice di appello, pur riconoscendo che l'atleta incriminato aveva travalicato le regole del disciplinare sportivo aveva riconosciuto che la condotta era comunque scriminata dalla esimente del "rischio consentito" poiché finalisticamente coerente con lo spirito e le finalità della competizione. Non solo non era stata tesa ad attentare alla incolumità fisica del contendente, ma era altresì stata diretta a conseguire un risultato sportivo utile. Davanti alla Suprema Corte l'interessato contestava l'interpretazione fornita dal giudice di appello in ordine al perimetro di applicazione del "rischio sportivo", il quale (asseriva il ricorrente) non può essere in grado di scriminare condotte poste in essere con la inosservanza di regole cautelari, laddove la valutazione della colpevolezza dell'atleta, nell'ambito di competizioni sportive, deve essere necessariamente agganciata alla valutazione delle circostanze del caso concreto; non potendosi assolutamente affermare che la condotta in questione seppur irregolare in quanto contraria al regolamento di riferimento rientrava comunque nell'ambito del rischio consentito; né a tale proposito poteva essere utilizzato ai fini della verifica dell'applicazione della scriminante l'argomento secondo il quale le finalità perseguite dall'atleta erano compatibili con la realizzazione di un risultato coerente con lo spirito e le caratteristiche della competizione in corso. Ciò in quanto in tal modo l'esito della decisione risulterebbe condizionato dalla valorizzazione di motivazioni personali; e queste ultime dovrebbero rimanere estranee all'accertamento della colpevolezza, la quale al contrario non può prescindere dalla verifica del rispetto di regole cautelari, sia pure elastiche come quelle che disciplinano le singole competizioni sportive.

La posizione dei giudici di legittimità
Secondo la Corte di Cassazione devono a ben vedere delinearsi due diverse aree, quella sportiva e quella penale, coperte da regole diverse perché dirette a gestire "rischi" diversi: quelli sportivi conosciuti e accettati dagli atleti, i quali in tale ambito sono consapevoli della potenziale lesività di determinate azioni di gioco, quale conseguenza possibile della pratica sportiva svolta; quelli penali quale conseguenza dannosa di azioni che esorbitano dall'ordinario sviluppo del gioco o della pratica sportiva interessata. Azioni aventi un quid pluris che le rende perseguibili penalmente in quanto caratterizzate da dolo allorquando siano volontariamente rivolte a procurare nocumento all'avversario, ovvero da colpa allorquando si travalichi il confine della lealtà sportiva tradendo l'affidamento serbato dagli altri partecipanti alla competizione sul rispetto dei limiti della stessa.
Pertanto la verifica della colpevolezza nei delitti colposi di evento nell'ambito delle competizioni sportive non si esaurisce nell'accertamento dell'inosservanza da parte dell'atleta di una specifica prescrizione del regolamento sportivo, ma deve estendersi all'individuazione di una regola cautelare che assuma chiaro rilievo a fini penali; idonea a definire il comportamento doveroso secondo standard di prudenza e di diligenza. Modelli che non esorbitino dalle regole del gioco e non si pongano in contrasto con il naturale sviluppo della pratica sportiva confliggendo con i principi di correttezza e di lealtà che sovraintendono la competizione sportiva; valutazione questa rimessa al giudice di merito, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto, e non suscettibile di sindacato da parte del giudice di legittimità se sorretta da motivazione non caratterizzata da manifesta illogicità.

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