Comunitario e Internazionale

Greenwashing e pratiche commerciali scorrette, il punto sulla legislazione in Europa

Eterogeneità delle casistica internazionale e rischio di plurime responsabilità impongono alle aziende, che commercializzano prodotti e servizi in più paesi dell'Unione, di prestare particolare attenzione alle proprie strategie di green marketing

di Christian Di Mauro, Roberto Isibor*

Secondo una recente indagine, condotta a febbraio 2022 dall'IBM Institute for Business Value su un campione di 16.349 consumatori in 10 paesi (Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Messico, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti), oltre la metà degli intervistati ha dichiarato che la sostenibilità ambientale è più importante per loro rispetto a un anno fa e il 49% degli stessi ha riconosciuto di aver pagato un sovrapprezzo per prodotti sostenibili.

La crescente domanda di prodotti eco-friendly in svariati settori industriali spinge le aziende a orientare le proprie strategie di marketing e comunicazione sui temi della sostenibilità e dell'ecologia promuovendo i propri prodotti come sostenibili e rispettosi dell'ambiente. Tuttavia, il confine tra green marketing e greenwashing (ossia la pratica commerciale scorretta posta in essere da certe imprese al fine di costruire un'immagine ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale, allo scopo di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dagli effetti negativi per l'ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti) è spesso labile. Uno studio condotto della Commissione europea nel 2020 (Environmental claims in the EU - Inventory and reliability assessment), che ha esaminato un totale di 1.305 prodotti e servizi e di 1.616 messaggi promozionali pubblicati sul Web, ha constatato che nel complesso il 23% dei messaggi pubblicitari di prodotti e servizi pubblicizzati sul Web contiene almeno un claim potenzialmente fuorviante. Ciò significa che più della metà delle pagine Web e dei messaggi promozionali relativi a prodotti e servizi oggetto di esame contenenti un esplicito messaggio su sostenibilità e ambiente mostra una dichiarazione potenzialmente fuorviante.

La lotta al greenwashing è divenuta a livello europeo uno dei principali obbiettivi nell'ambito della tutela del consumatore. La Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva che modifichi le attuali direttive in materia di pratiche commerciali scorrette (Dir. 2005/29/CE dell'11 maggio 2005) e diritti dei consumatori (Dir. 2011/83/UE del 25 ottobre 2011) con l'obbiettivo di consentire ai consumatori di compiere scelte d'acquisto sostenibili e di contrastare il greenwashing.

La lotta al greenwashing in Francia, Germania e Regno Unito

In attesa del completamento dell'iter legislativo comunitario, quali sono gli strumenti di tutela di cui possono avvalersi consumatori e aziende nei principali paesi europei?
Al pari dell'Italia, dove sia l'autorità di vigilanza del mercato che i tribunali mostrano di interessarsi sempre di più al tema del greenwashing (si pensi alla sanzione irrogata dall'AGCM nel caso ENI Diesel + o alla sentenza del Tribunale di Gorizia ), anche in Francia, in Germania e in Regno Unito consumatori e aziende sembrano godere di sempre maggiori tutele contro il greenwashing.

In Francia, anche alla luce della recente introduzione della legge sul clima e la resilienza (che ha aggiunto la dimensione ambientale alla questione delle pratiche commerciali ingannevoli) sembra assumere maggiore rilievo l'idoneità di messaggi pubblicitari a spingere il consumatore verso decisioni che altrimenti non avrebbe preso. A questo proposito, per la Cassazione francese anche l'utilizzo del termine "più verde" costituisce una pratica commerciale scorretta da greenwashing, con sanzioni per le imprese fino a 1.500.000,00 Euro, aumentabili al 10% del fatturato o all'80% dei costi sostenuti per la pratica ingannevole.

In Germania, l'azione per greenwashing trova la sua fonte sia nella legge contro la concorrenza sleale che nel Codice Civile tedesco. In una recente decisione del febbraio 2022, la Corte di Stoccarda ha elencato alcuni dei rigorosi standard di verifica delle dichiarazioni verdi, tra cui la necessità che:
i) il prodotto o la parte di prodotto a cui si riferisce la dichiarazione sia riconoscibile e l'esistenza delle qualità dichiarate sia dimostrabile; nonché
ii) eventuali chiarimenti siano posti direttamente accanto alle dichiarazioni, non essendo sufficiente la presenza di un link a ulteriori informazioni.

Nel Regno Unito, il motore della lotta al greenwashing è il Green Claims Code (2021) emanato dalla Competition Markets Authority (tra le recenti azioni avviate dall'autorità vi è quella contro ASOS del luglio 2022).
I principi chiave a questo proposito sono che le affermazioni devono:
i) essere veritiere, accurate, chiare e non ambigue;
ii) non omettere o nascondere informazioni importanti e rilevanti;
iii) contenere confronti equi e significativi;
iv) considerare l'intero ciclo di vita del prodotto o del servizio;
v) essere motivate.
Contestualmente, un importante ruolo nella lotta contro il greenwashing è svolto anche dall'UK Advertising Authority che, tra le altre, nel 2020 ha sanzionato Ryanair.

Takeaways

A fronte di una crescente attenzione sul tema, le aziende che commercializzano prodotti e servizi in più paesi dell'Unione sono chiamate a prestare particolare attenzione alle proprie strategie di green marketing. In particolare, nell'eterogeneità delle casistica internazionale e di fronte al rischio che la stessa condotta sia fonte di plurime responsabilità, alcune possibili precauzioni consistono nell'incorporare i principi di sostenibilità nel proprio modello di business e nelle supply chain, nell'investire nella formazione dei team marketing e nel prestare attenzione ai continui sviluppi normativi e giurisprudenziali.

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*A cura di Christian Di Mauro, Partner, Head of the Italian Litigation and Arbitration practice e Roberto Isibor, Associate, Litigation - Hogan Lovells

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