Giustizia

Eni e Mottarone, il ministero della Giustizia apre due inchieste amministrative

Nel mirino di Via Arenula la sostituzione del Gip del Tribunale di Verbania e la vicenda del processo Eni-Nigeria

Finisce al ministero della Giustizia il caso della sostituzione del gip che si occupava dell'inchiesta sul Mottarone. Dopo l'apertura di una pratica da parte del Csm, anche il ministero ha avviato un'inchiesta amministrativa. A renderlo noto è lo stesso dicastero di via Arenula, che ha chiesto all'ispettorato di procedere con gli accertamenti preliminari.

A Verbania arriveranno dunque gli ispettori per verificare se Donatella Banci Buonamici, il gip che ha scarcerato i tre indagati per l'incidente della funivia in cui sono morte quattordici persone, dovesse essere o meno sostituita con la collega Elena Ceriotti, definita "titolare per tabella del ruolo" dal presidente del Tribunale, Luigi Montefusco.

Via Arenula ha poi avviato un'inchiesta amministrativa anche sulla vicenda del processo Eni-Nigeria. "Dopo la diffusione di notizie in merito all'iscrizione nel registro degli indagati di due pm della Procura di Milano e alla luce del deposito delle motivazioni della sentenza del Tribunale di Milano – si legge in una nota -, il Ministero ha chiesto all'ispettorato di svolgere accertamenti preliminari, al fine di una corretta ricostruzione dei fatti, attraverso l'acquisizione degli atti necessari.

Il caso Mottarone - La sostituzione della Gip ha acceso un violento scontro giudiziario, con l'Unione delle Camere Penali Italiane che ha proclamato l'astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per il 24 e il 25 giugno, definendo la revoca "un fatto gravissimo, che non trova certo giustificazione in implausibili formalismi burocratici". Magistratura e Uffici giudiziari piemontesi, dal canto loro, hanno reagito rivendicando la correttezza formale di quel provvedimento e attribuendo all'Avvocatura "accuse infondate".

Sulla vicenda è iniziata oggi al Palazzo di Giustizia di Torino la discussione al Consiglio giudiziario, che prenderà una decisione nel corso delle prossime sessioni. Lo scontro non ferma però l'attività del giudice Elena Ceriotti, né tanto meno le indagini della Procura e dei carabinieri sulle cause e sulle responsabilità del crollo, lo scorso 23 giugno, della cabina N.3.

Il processo Eni – Secondo nuove indiscrezioni Piero Amara non doveva essere 'toccato' dalle indagini, perché doveva essere convocato al processo Eni-Nigeria e gli accertamenti sui profili di calunnia per le sue dichiarazioni sulla loggia Ungheria dovevano rimanere fermi per non comprometterlo come teste. Sarebbe questo il contenuto della denuncia del pm di Milano Paolo Storari alla Procura di Brescia, che ha indagato lui e, in un altro procedimento collegato, il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro, sulla bufera che sta investendo la magistratura milanese si è mosso anche il Ministero della Giustizia.

Intanto, acquisizioni sono state disposte anche dai pm bresciani che stanno raccogliendo in modo mirato le carte sul fronte dell'indagine in cui De Pasquale e Spadaro rispondono di rifiuto di atti d'ufficio e che è nata dalle dichiarazioni 'denuncia' di Storari, al quale invece è stata contestata la rivelazione del segreto d'ufficio per aver consegnato nell'aprile 2020 a Piercamillo Davigo, allora al Csm, i verbali dell'avvocato Amara per tutelarsi dalla "inerzia" dei vertici del suo ufficio, tra cui il procuratore Greco e l'aggiunto Laura Pedio.

Storari, interrogato per ben due volte il mese scorso, avrebbe evidenziato una strategia ben precisa da parte degli stessi vertici. Niente indagini sull'ex legale esterno di Eni, men che meno per calunnia, perché doveva essere convocato in aula nel dibattimento Eni-Nigeria da De Pasquale e Spadaro. Andava bensì 'preservato', così come l'ex manager-imputato della compagnia petrolifera italiana Vincenzo Armanna, le cui dichiarazioni 'accusatorie', si riteneva, potevano contribuire alla vittoria nel processo a carico anche dell'ad Claudio Descalzi.

Una partita difficile che ha fatto registrare, invece, una sconfitta per la Procura milanese e che ha portato a galla uno scontro pm contro pm e pm contro giudici. Da una parte, in pieno dibattimento c'è stata la consegna alla magistratura di Brescia di una decina di righe di un verbale in cui Amara gettava ombre sul presidente del collegio Marco Tremolada. Dall'altra, come ha spiegato Storari nel corso dei suoi interrogatori, c'è stato pure il mancato deposito alle parti processuali di atti di sue indagini da cui emergeva che Armanna puntava a gettare "fango" sui vertici di Eni per "ricattarli", come poi ha spiegato lo stesso Tremolada nelle sue motivazioni.

Motivazioni che a breve saranno sul tavolo, assieme ad altri documenti, del Procuratore della città lombarda Francesco Prete, con tanto di nota integrativa firmata dal giudice sull'iniziativa dal collegio definita 'irrituale' di chi ha rappresentato l'accusa per il caso del giacimento petrolifero Opl245 e che ora si trova accusato.

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