Società

Dolo generico rafforzato per la bancarotta fraudolenta documentale da irregolarità di tenuta delle scritture contabili

Nota a Corte di Cassazione, Sez. V Penale, Sentenza 26 maggio 2021, n. 20882

di Enzo Gambararo*

Le scritture contabili costituiscono lo strumento principale per la verifica delle dinamiche aziendali. Tanto più è alto il grado di regolarità di tenuta tanto più è alto il grado di affidabilità per la ricostruzione del patrimonio aziendale e del movimento degli affari dell'impresa.

L'impianto contabile diviene elemento imprescindibile per il raggiungimento delle suddette finalità in ipotesi di fallimento. In tali casi la fedele ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari dell'impresa fallita operata dal curatore fallimentare è circostanza che esclude le responsabilità sia civilistiche che penali per l'amministratore.

Spesso accade che le scritture contabili consegnate all'organo fallimentare non superano il vaglio di regolare di tenuta e che, in virtù della segnalazione alla Procura competente ospitata nella relazione redatta ai sensi dell'articolo 33 della legge fallimentare, venga esercitata l'azione penale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 216 della legge richiamata.

In tema di scritture contabili il primo comma dell'articolo 216 l.f. n. 2 enuncia il reato di bancarotta fraudolenta documentale che si articola in due condotte distinte: la sottrazione, distruzione e falsificazione, totale o parziale, dei libri e delle scritture contabili con lo scopo di procurare un ingiusto profitto o un pregiudizio ai creditori; la tenuta irregolare dei libri e delle scritture contabili in modo da rendere non possibile la ricostruzione del patrimonio aziendale o del movimento degli affari.

La prima fattispecie si sostanzia nella mancata apprensione da parte degli organi della procedura della totalità delle scritture contabili, non esclusivamente di quelle obbligatorie, in ipotesi in cui vi è prova dell'avvenuta istituzione. Infatti, in circostanze contrarie, cioè quando non si è in grado di rintracciare elementi che attestino con certezza l'effettiva adozione di in sistema di rilevazione dei fatti aziendali, la condotta omissiva è catalogata nell'alveo di quelle previste dall' articolo 217 che disciplina il reato meno grave di bancarotta documentale semplice.

Per la rilevanza penale della fattispecie, anche in ipotesi di apprensione parziale delle scritture contabili, la costante giurisprudenza richiede il dolo specifico rappresentato dalla precipua finalità dell'agente di conseguire un ingiusto profitto o di recare un danno ai creditori. La condotta deve mirare, in estrema sintesi, a celare condotte distrattive, dissipative, comunque diminutive della garanzia patrimoniale del ceto creditorio.

Per tradurre in concreto la portata di tale assunto si pensi ad un atto di conferimento di un ramo d'azienda di proprietà della società, successivamente attratta da una procedura concorsuale, in altra della quale la conferente acquisisce la partecipazione al capitale.

Nella prospettiva descritta l'atto pubblico di conferimento, come tale iscrivibile al Registro delle imprese, dunque facilmente rinvenibile nell'ambito della attività preliminare di raccolta della documentazione afferente la fallita che il "buon curatore" è chiamato doverosamente a svolgere in esecuzione dell'incarico ricevuto, supplisce, a parere di chi scrive, la carenza informativa determinata dall'indisponibilità delle scritture contabili, avendo il conferimento connotati diversi di quelli tipici che caratterizzano un fatto di gestione ordinario, ad esempio un acquisto, una vendita, un incasso, un pagamento, fatti per i quali il mancato rinvenimento delle scritture contabili costituisce ostacolo invalicabile per la loro individuazione.

Al contrario l'atto in commento , riportando l'elenco dei beni del conferimento, cioè i beni che subiscono il distacco dal patrimonio della conferente per approdare in quello della conferitaria, fornisce gli elementi di dettaglio non rinvenibili dalle scritture contabili.

Per la seconda articolazione della bancarotta fraudolenta documentale è richiesto il dolo generico cioè la consapevolezza che con il suo comportamento l'agente accetti il rischio di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio aziendale e del movimento degli affari dell'impresa.

Tale fattispecie è quella che appare più insidiosa per l'amministratore di una società alla vigilia della fine nefasta del fallimento poiché sovente, in simili circostanze, l'attenzione dell'impresa, soprattutto di quelle meno organizzate sul piano amministrativo, è rivolta a coltivare tentativi di superamento della crisi a scapito di una rigorosa rilevazione contabile dei fatti aziendali fagocitata dagli effetti di un quasi fisiologico, spesso inevitabile, disordine amministrativo.

Anche in tale ambito, tuttavia, è pressoché consolidata la posizione della giurisprudenza di legittimità secondo cui l'esistenza dell'elemento soggettivo non può essere desunta dal solo fatto che lo stato delle scritture contabili sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, soprattutto quando la irregolarità o l'incompletezza è contenuta in limiti temporali ristretti (Sez. 5 n. 172 del 7/6/2006; Sez. 5 n. 23251 del 29/4/2014).

Si coglie dall'orientamento in commento un rafforzamento dell'elemento soggettivo richiesto per condurre la condotta in territorio di rilevanza penale ai sensi dell'articolo 216 discriminandola da quella meno grave di cui all'articolo 217.

La generica censura di irregolarità fraudolenta di tenuta delle scritture contabili deve, in assenza di una contestazione di bancarotta patrimoniale, trovare una adeguata e rigorosa motivazione ricavabile dalla accertata consapevolezza dell'agente di rendere impossibile la ricostruzione delle dinamiche patrimoniali dell'impresa, atteso che la irregolare tenuta delle scritture contabili è, si direbbe per definizione, finalizzata a celare lo scopo del conseguimento di un ingiusto vantaggio o di danneggiare i creditori per il tramite di fatti dissimulatori o atti depauperativi del patrimonio sociale.

Ecco, dunque, che non si va troppo lontano dalla realtà se si definisse l'elemento soggettivo richiesto dalla giurisprudenza di legittimità per l'incriminazione quello del "dolo generico rafforzato" per la cui ricorrenza non ci si deve limitare genericamente a sostenere che la irregolarità di tenuta delle scritture contabili è tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari ma è imprescindibile chiarire le ragioni e gli elementi sulla base dei quali l'agente abbia confidato per "conseguire" l'obiettivo dell'impossibilità della ricostruzione.

Su tale versante, spesso per i motivi sopra descritti legati a quel disordine amministrativo che sovente caratterizza la vigilia della dichiarazione di fallimento, la contabilità aziendale può presentare incompletezze o irregolarità di tenuta che non alterano in maniera sostanziale e irrimediabile la sua attendibilità, lasciandone inalterata la possibilità di utilizzo per le finalità a cui è destinata.

Si riscontrano spesso omissioni delle annotazioni di fine anno quali, ad esempio, le rilevazione degli ammortamenti di cespiti ovvero delle chiusure generali dei conti, che il più delle volte sono affrontate con aggressività dei curatori con un approccio assolutamente superficiale e che, al contrario, lungi dall'essere considerate vere e proprie manipolazioni dell'impianto contabile in grado di impedire o intralciare una agevole ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, soprattutto in fattispecie in cui sono presenti libro cespiti e mastrini, non producono quella falsità materiale strumentale a fornire un'infedele rappresentazione del dato contabile.

In simili circostanze appare di tutta evidenza l'assenza di una valutazione aprioristica dell'agente di rendere impossibile la ricostruzione delle dinamiche aziendali finalizzata al conseguimento di un ingiusto profitto in danno del ceto creditorio integrando l'atteggiamento psicologico del meno grave reato di bancarotta semplice di cui all'articolo 217.

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*A cura di Enzo Gambararo, Dottore commercialista e revisore legale, esperto in diritto penale commerciale e tributario, membro del Comitato Scientifico Nazionale della School University Foundation.

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