Professione e Mercato

Avvocato in trasferta ha diritto all'indennità a prescindere dal rifornimento di carburante

La Cassazione ha accolto il ricorso di un avvocato che si era visto negare l'indennità di trasferta per non aver dimostrato di aver effettuato il rifornimento di carburante sul proprio veicolo

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di Marina Crisafi

L'avvocato ha diritto all'indennità di trasferta senza dover provare di aver effettuato il rifornimento di carburante. Quel che conta è documentare lo spostamento di sede ai fini dell'espletamento del mandato. Lo ha affermato la sesta sezione civile della Cassazione (ordinanza n. 21890/2022) accogliendo il ricorso di un avvocato che si era visto negare il rimborso delle spese commisurate al costo del carburante.

La vicenda
Nella vicenda, il Tribunale di Vercelli aveva rigettato l'opposizione proposta dal professionista avverso il decreto con il quale erano stati liquidati i compensi maturati per l'assistenza prestata in favore di persona imputata in un processo penale ed ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
In particolare, nell'opposizione l'avvocato lamentava che non fosse stata liquidata l'indennità di trasferta e che fosse stato negato il rimborso delle spese di viaggio, commisurate ad un quinto del costo del carburante, avendo l'opponente fatto uso di un autoveicolo proprio.
Il Tribunale, quale giudice dell'opposizione aveva ritenuto che l'articolo15 del Dm n. 55 del 2014, applicabile al caso di specie, correla il riconoscimento dell'indennità di trasferta ed il diritto al rimborso delle spese di viaggio, nel caso di uso di autoveicolo proprio del difensore, alla prova che il viaggio abbia effettivamente avuto luogo con l'impiego di un mezzo dello stesso, prova della quale l'opponente non aveva fornito adeguata documentazione.

Il ricorso
L'avvocato adiva quindi il Palazzaccio denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 15 e 27 del Dm n. 55/2014. Lo stesso ricordava infatti di essere iscritto al foro di Torino e di aver svolto l'attività processuale, per la quale chiedeva la liquidazione dei compensi e delle spese, innanzi al tribunale di Vercelli, come dimostrato dai verbali di causa. Per cui, a fronte della prova dell'avvenuto spostamento, non poteva essergli negato il diritto al rimborso delle spese vive, calcolate sulla scorta del parametro di cui all'articolo 27 del citato Dm (e cioè in misura pari ad un'indennità chilometrica corrispondente ad un quinto del costo di un litro di carburante, oltre alle spese documentate di pedaggio autostradale e di parcheggio).
Il provvedimento impugnato invece aveva negato il rimborso reputando necessario offrire la prova anche dell'effettivo utilizzo del proprio autoveicolo, prova che però non poteva essere fornita laddove, come pur è consentito, "l'interessato ometta di servirsi della rete autostradale ovvero non effettui un rifornimento di carburante"; necessità che, al massimo, poteva sussistere nel caso in cui fosse stato richiesto anche il rimborso delle spese di pedaggio e di parcheggio.
Non solo. Accanto al mancato rimborso delle spese, l'avvocato denunciava anche il mancato riconoscimento dell'indennità di trasferta, in ogni caso dovuta una volta documentato lo spostamento dalla propria sede professionale del difensore.

La decisione
Gli Ermellini gli danno ragione in toto.
Effettivamente, quanto alla liquidazione dell'indennità di trasferta, esordiscono i giudici, "ancorché il motivo richiami erroneamente il vizio di cui al n. 5 dell'art. 360 co. 1 c.p.c., lo stesso è volto a denunciare un'omessa pronuncia da parte del giudice dell'opposizione su di una specifica censura del ricorrente che si doleva del fatto che, oltre al rimborso delle spese vive, non fosse stata riconosciuta la spettanza dell'indennità di trasferta che compete al difensore, una volta che abbia documentato il proprio spostamento presso un luogo diverso da quello della propria sede professionale, ai fini dell'espletamento del mandato difensivo".
L'ordinanza impugnata ha in effetti del tutto omesso di fornire risposta a tale specifica doglianza, reputando erroneamente assorbita la questione, pur essendo il profilo del rimborso delle spese vive indipendente da quello concernente la spettanza dell'indennità di trasferta, come appunto si ricava dalla stessa formulazione letterale dell'articolo 15 del Dm n. 55 del 2014, che con l'utilizzo della congiunzione "e" chiarisce come si tratti di spettanze suscettibili di cumulo.
Inoltre, proseguono da piazza Cavour, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di merito, la giurisprudenza della Cassazione richiamata (cfr. Cass. n. 17898/2003), "lungi dall'affermare il principio della necessità della puntuale prova dell'utilizzo del veicolo appartenente al difensore per il rimborso delle spese parametrate al costo del carburante, si limita piuttosto ad affermare che l'indennità di trasferta ed il rimborso delle spese vive non possono essere riconosciute in maniera automatica, sol perché non vi sia coincidenza tra luogo di svolgimento del processo e sede professionale del difensore, ma presuppongono la dimostrazione dell'effettivo trasferimento del legale dalla sua residenza e della sua presenza documentata dal verbale in ordine alla partecipazione all'udienza o ad altra attività difensiva".
Per cui, il tribunale, conclude la S.C., nel pretendere la documentazione anche dell'utilizzo del veicolo personale del difensore, pur a fronte della dimostrazione dell'effettivo spostamento di sede, ha violato le norme in esame e il provvedimento va dunque cassato.
Parola al giudice del rinvio.

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