Ordinamento giudiziario, rinvio di 15 giorni e il Csm boccia la riforma
Slitta di due settimane l’approdo in Aula alla Camera della riforma di Csm e ordinamento giudiziario. Ora è calendarazzata per l’11 aprile. Questo l’esito della riunione di ieri tra la ministra della Giustizia Marta Cartabia e le forze di maggioranza. Oggi pomeriggio alle 14 nuovo round, questa volta per entrare nel merito delle parti più divisive, quelle sulle quali un po’ tutti i partiti si sono esercitati nel presentare proposte di correzione.
Centrali sono così i temi del sistema elettorale, sul quale resta forte la spinta per l’introduzione di forme di sorteggio, integrale oppure parziale, per evitare rischi di incostituzionalità (è comunque assai possibile che su questo punto sarà lo stesso ministero a esporsi togliendolo dal tavolo proprio per la dubbia tenuta costituzionale); i rapporti tra politica e magistratura, con la definizione dei magistrati interessati dal blocco alle “porte girevoli”; la separazione definitiva, se non delle carriere, almeno delle funzioni, punto sul quale la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il quesito referendario, le valutazioni di professionalità dei magistrati.
Tutti elementi sui quali non è stata possibile sinora una sintesi e sui quali oggi si proverà a trovare un’intesa. Tenendo conto oltretutto, aspetto emerso ieri con una certa evidenza, che, se è necessario arrivare a un’approvazione definitiva della riforma in tempo utile per poterla applicare alle prossime consultazioni per il rinnovo del Consiglio superiore, considerando anche le disposizionie applicative che saranno comunque necessarie, allora una forma di coinvolgimento del Senato già in questa fase andrebbe individuata. Ed è quindi assai probabile che già dai prossimi incontri tecnici potranno essere coinvolti i capigruppo della commissione Giustizia di Palazzo Madama.
Intanto un Csm spaccato boccia la legge elettorale per il rinnovo della componente togata dello stesso Consiglio. Alla fine di una maratona iniziata la scorsa settimana, il plenum ha approvato il parere sulle proposte avanzate dalla ministra Cartabia e approvate all’unanimità in Consiglio dei ministri poche settimane fa. Numerosi i punti critici individuati , a partire proprio dal sistema misto, maggioritario con correttivo proporzionale, individuato negli emendamenti del governo.
Con il voto decisivo del vicepresidente David Ermini che, in caso di pareggio tra i consiglieri, vale doppio, è passata la proposta che considera «del tutto inidoneo» a raggiungere l’obiettivo di «limitare la capacità di determinare gli esiti elettorali» da parte delle correnti e «consentire invece l’elezione anche di candidati non appoggiati dai gruppi stessi». Ma a spaccare i consiglieri è stato soprattutto l’emendamento che era stato presentato dai consiglieri di Area che chiede di estendere a tutti i 13 seggi destinati alla categoria giudici il sistema del riparto proporzionale previsto per i 5 seggi da assegnare su base nazionale.
In generale in alcuni passaggi del parere emerge la preoccupazione, soprattutto da parte dei componenti togati, per l’autonomia e indipendenza della magistratura, con toni più forti per l’illecito disciplinare in caso di violazione della nuova disciplina della presunzione d’innocenza, con i limiti alla comunicazione dei pubblici ministri, e la prerogativa ministeriale nel disegnare i collegi elettorali. Ma a non piacere sono stati anche altri aspetti . È il caso dei giudizi sui magistrati che potrebbero fare da volano al carrierismo oppure del diritto di voto riconosciuto agli avvocati nelle valutazioni di professionalità, perchè i medesimi legali continuerebbero a esercitare la professione nel medesimo distretto della toga oggetto di esame, o ancora di alcuni modalità di rientro dei magistrati dopo l’esperienza politica.
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