Amministrativo

Il giudice tributario caregiver non ha diritto alla sede vicina al familiare malato

Nonostante alcune aperture è ancora lontana l'assimilazione del giudice tributario al lavoratore dipendente

di Pietro Alessio Palumbo

A determinati e specifici fini si registrano delle aperture sull'assimilazione dello status del giudice tributario con quella del dipendente assunto da un'amministrazione o da un ente pubblico - ad esempio con riferimento alla tassazione dei compensi la giurisprudenza costituzionale li ascrive nella categoria dei redditi di lavoro dipendente e assimilati – tuttavia, allo stato attuale della legislazione, ancora non ha trovato affermazione la piena equiparazione: le istanze al cambiamento ancora rimangono allo stato pre-giuridico. Su queste basi ed in mancanza di uno specifico (e auspicato) intervento normativo, secondo il Tar Lazio-Roma sentenza 2021/2023 il giudice tributario caregiver non può avvalersi tout court dei benefici previsti dalla disciplina sull'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate con particolare riguardo al diritto a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere.

Il caso esaminato
Nella vicenda il giudice tributario si era visto respingere l'istanza di trasferimento presso la Commissione Tributaria Provinciale territorialmente più vicina al domicilio del padre gravemente malato. Secondo il magistrato onorario la normativa in argomento è imperativa: la disciplina di agevolazioni e provvidenze riconosciute sono espressione dello "Stato sociale" in favore dei caregivers a tutela della salute psico-fisica del soggetto con handicap in situazione di gravità. Per cui escludere i giudici onorari tributari dall'applicazione delle tutele in parola equivarrebbe a tagliare fuori dall'ambito di questa salvaguardia un numero assai rilevante di casi di comprovata esigenza di assistenza; con pregiudizio di beni fondamentali protetti dalla Costituzione e dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 2006.

Il bilanciamento degli interessi
Nell'affrontare la vicenda il Tar capitolino ha innanzitutto evidenziato l'esigenza di bilanciamento di interessi tra la necessità di assicurare le cure ai membri della propria famiglia, valore di solidarietà familiare che trova il suo ancoraggio nella stessa Costituzione, e la necessità di organizzare il personale in servizio in modo da assicurare l'efficienza, il buon andamento e la continuità dell'attività nell'ambito di un'organizzazione lavorativa. Si tratta di questioni assai delicate che hanno trovato diversa soluzione nei diversi momenti storici, a seconda del punto di equilibrio tra gli opposti interessi, alla stregua della coscienza sociale come intesa dal legislatore. Trattasi della graduatoria di interessi la cui ponderazione trova espressione in una determinata scelta legislativa; che appunto, allo stato, è quella operata dalla storica legge-quadro del 1992 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

Rapporto non strutturale ma funzionale
Il Tar ha evidenziato che il giudice tributario onorario non è incardinato stabilmente nell'apparato organizzativo della Pa, cui è, al contrario, legato da un rapporto non strutturale ma funzionale, preordinato all'espletamento di un incarico che, almeno in termini di spostamenti e di disponibilità in presenza, si contraddistingue per il carattere contenuto e non gravoso dell'impegno richiesto; attesa la necessità di coniugarlo con l'esercizio dell'attività lavorativa svolta in via principale. A ben vedere l'incarico di magistrato onorario si svolge in modo da assicurare la compatibilità con lo svolgimento di attività lavorative o professionali e non determina in nessun caso un rapporto di pubblico impiego. Il magistrato onorario esercita le funzioni giudiziarie secondo principi di "autoorganizzazione" dell'attività, nel rispetto dei termini e delle modalità imposti dalla legge e dalle esigenze di efficienza e funzionalità dell'ufficio.

Escluso il lavoro dipendente
Va quindi colta la peculiarità dell'incarico giudiziario onorario, tale da escludere la presenza di un rapporto di lavoro dipendente, quale richiesto dalla legge-quadro del 1992 ai fini della fruizione delle agevolazioni in favore dei "caregivers"; tra cui il diritto a scegliere - quando sia possibile - la sede di servizio più vicina all'indirizzo della persona cara bisognosa di assistenza e cure. Tra i requisiti oggettivi è in ogni caso prevista la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente, visto che la disciplina in discussione ai fini dell'individuazione del soggetto che ha diritto di chiedere il trasferimento per avvicinamento rinvia alla figura del lavoratore "dipendente" pubblico o privato. In altri termini il legislatore ha ritenuto di confinare l'agevolazione in argomento al lavoro subordinato avendo avvertito, solo rispetto alle rigorose modalità esecutive che caratterizzano i tipo di rapporto di lavoro subordinato, l'esigenza di far fronte ai riflessi che finiscono per prodursi sull'attività di assistenza al soggetto disabile che deve essere accudito. Per altro verso resta in ogni caso chiaro che la richiesta di trasferimento si presenta suscettibile di accoglimento solo ove organizzativamente fattibile, difettando un diritto soggettivo del dipendente alla concessione dell'agevolazione.

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