Amministrativo

La "decisione algoritmica" deve restare servente al ruolo del funzionario pubblico e al sindacato del giudice

Con la sentenza n.7003/2022 il Tar Napoli ha chiarito che il destinatario degli effetti giuridici di una decisione automatizzata ha il diritto che questa non sia basata unicamente sul processo automatizzato

di Pietro Alessio Palumbo


Sin dalla nozione desunta dai papiri di Ahmes del XVII secolo a.c. l'algoritmo consiste in una sequenza finita e ordinata di operazioni elementari e chiare di calcolo che permettono di risolvere un problema. Si tratta di una procedura di calcolo ben definita che consente attraverso un insieme di operazioni effettuate in un determinato ordine, partendo da un insieme di dati (input), di ottenere un risultato atteso (output): lo stesso, applicato a una decisione amministrativa, in via informatica è in grado di valutare e graduare una moltitudine di domande.

Con la sentenza n.7003/2022 il Tar Napoli ha chiarito che il destinatario degli effetti giuridici di una decisione automatizzata ha il diritto a che tale decisione non sia basata unicamente sul processo automatizzato, affidando al funzionario responsabile il compito di controllare, e quindi validare o, al contrario, smentire la decisione automatica.
Anche per non finire in una "deriva orwelliana" nella gestione della Cosa pubblica, la decisione adottata con ricorso all'algoritmo vede sempre la necessità che sia l'amministrazione a compiere un ruolo ex ante di selezione e verifica, anche per mezzo di costanti test, aggiornamenti e modalità di perfezionamento dell'algoritmo. Ma soprattutto, in tali casi si deve contemplare la possibilità che sia il giudice a dover svolgere sul piano "umano", valutazioni e accertamenti fatti direttamente in via meccanica. Dal che la dialettica pubblica e la partecipazione, ma soprattutto il diritto costituzionale alla difesa in giudizio viene compromesso quando l'assenza delle argomentazioni motivazionali del "provvedimento robot" non permette all'interessato e successivamente al Giudice, di analizzare l'iter logico–giuridico seguito per giungere all'atto incidente su diritti e interessi.

L'ammissibilità e i limiti del ricorso alla decisione algoritmica
L'ammissibilità e i limiti del ricorso alla cosiddetta decisione algoritmica costituisce tematica che da anni viene dibattuta, in ragione del sempre più frequente ricorso allo strumento informatico all'interno dei procedimenti amministrativi, soprattutto se caratterizzati da procedure seriali o standardizzate dove occorre gestire un numero notevole di istanze, per la cui elaborazione l'impiego del mezzo in parola consente una maggiore velocità, efficienza, e in astratto maggiore imparzialità. Applicato alla scelta amministrativa l'algoritmo porta sempre a un risultato imparziale, senza che alcun elemento soggettivo possa intervenire a alterare o mutare il risultato.
Un pregio è dunque costituito dall'invariabilità dell'esito: i termini dell'algoritmo, combinati nel modo assunto dallo stesso, portano sempre e invariabilmente allo stesso risultato. In questo senso la decisione imposta dall'algoritmo appare essere una decisione spogliata da ogni margine di soggettività. La prospettiva, dunque, non è solo quella della semplificazione, ma anche quella della buona amministrazione; alle tecnologie si guarda non solo in vista del miglioramento del processo decisionale, ma anche della qualità della decisione.

Il controllo umano
È emersa tuttavia una opposta esigenza che controbilancia le spinte semplificatorie e acceleratorie, ovvero quella di assicurare un controllo umano del procedimento, in funzione di garanzia (cd. human in the loop), in modo che il funzionario possa in qualsiasi momento intervenire per verificare a monte l'esattezza dei dati da elaborare. Il ricorso alla funzione algoritmica all'interno del procedimento amministrativo non è vietato di per sé, neppure in relazione ai procedimenti caratterizzati da discrezionalità, anche tecnica, a condizione che si rispettino determinati requisiti, derivanti sia dai principi di diritto interno che dalle norme del diritto europeo. Il ricorso all'algoritmo deve restare in funzione "servente" della decisione umana; non può mai comportare un abbassamento del livello delle tutele garantite dalla legge sul procedimento amministrativo, e in particolare di quelle sulla individuazione del responsabile del procedimento, sull'obbligo di motivazione, sulle garanzie partecipative. Quando l'amministrazione intende adottare una decisione che può avere effetti avversi su di una persona, essa ha l'obbligo di sentirla prima di agire, di consentirle l'accesso ai suoi archivi e documenti, nonché di motivare le proprie decisioni.
La caratterizzazione multidisciplinare dell'algoritmo comporta che la sua comprensione non richieda solo competenze giuridiche, ma anche tecniche, informatiche, statistiche, amministrative; sicché non esime dalla necessità che la regola tecnica, che di fatto rappresenta l'algoritmo, sia corredata da spiegazioni che la traducano nella regola giuridica a essa sottesa e che la rendano leggibile: quindi non solo "conoscibile" ma anche "comprensibile". Emerge un indefettibile obbligo motivazione che si declina nella conoscibilità e nella comprensibilità del meccanismo algoritmico utilizzato al fine di consentire, da un lato il pieno esercizio del diritto di difesa, dall'altro il pieno sindacato di legittimità da parte del giudice.

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