Lavoro

Parità di genere: al via certificazione e premialità

In virtù degli effetti della L. n. 162/2021 è istituita la certificazione della parità di genere ed è riconosciuto un esonero contributivo all'impresa che si doti di tale certificazione. E' inoltre esteso l'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale alle imprese con più di 50 dipendenti ed è ridefinita la nozione di discriminazione - diretta ed indiretta - in ambito lavorativo

di Luca Barbieri, Aurora Mamprin*

Introduzione

In attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con Legge 5 novembre 2021, n. 162, vigente a decorrere dal 3 dicembre 2021, saranno apportate modifiche di rilievo al codice delle pari opportunità tra uomo e donna nel lavoro di cui al D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198.
In particolare, per effetto della citata Legge 5 novembre 2021, n. 162 sarà:
1) istituita la certificazione della parità di genere;
2) riconosciuto un esonero contributivo all'impresa che si doti di tale certificazione;
3) modificata la disciplina relativa al rapporto sulla situazione del personale ed esteso l'obbligo di redazione del rapporto alle imprese che occupino oltre 50 lavoratori, laddove la previgente disciplina prevedeva il limite di 100 lavoratori;
4) è ridefinita la nozione di discriminazione - diretta ed indiretta - in ambito lavorativo
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Inquadramento

La parità di genere è un tema di rilievo sia in ambito internazionale che comunitario.
Elevata ad obiettivo di sviluppo sostenibile (SDGs) dell'Agenda 2030 degli Stati delle Nazioni Unite, è previsto che entro il 2030 ciascuno Stato adotti e consolidi politiche e provvedimenti legislativi che promuovano la parità di genere.
Come noto, il PNRR – approvato definitivamente con decisione del Consiglio dei dell'Unione europea lo scorso 13 luglio 2021 – definisce un sistema coerente di riforme e investimenti realizzabili usufruendo delle risorse finanziarie stanziate dall'Unione europea (Next Generation EU).

Con le riforme riconducibili alla prima componente della quinta Missione (‘M5C1'), incardinata sulle ‘Politiche per il lavoro', l'obiettivo è di realizzare entro il 2026, e in linea con le politiche comunitarie, una strategia nazionale per garantire la parità di genere.
Al fine d'incentivare le imprese a ridurre le ineguaglianze di genere, è prevista l'istituzione del sistema nazionale di certificazione della parità di genere, mediante il quale sarà possibile attestare l'effettiva adozione da parte dell'impresa richiedente di misure giuridiche e organizzative che assicurino una riduzione del divario di genere in relazione a:
- le politiche retributive per lavoratori e lavoratrici a parità di mansioni,
- la crescita professionale;
- la maternità.

Certificazione della parità di genere

A decorrere dal 1° gennaio 2022, sarà istituita la certificazione della parità di genere volta ad attestare l'efficacia delle politiche e delle misure organizzative adottate dal datore di lavoro che occupi più di 50 lavoratori al fine di ridurre il divario di genere in relazione:
i) alle opportunità di carriera,
ii) ai livelli retributivi a parità di mansione,
iii) alle politiche per la gestione delle differenze di genere e
iv) alla tutela della maternità.

Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri saranno stabiliti:
a) i parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere da parte dell'impresa avente titolo. Detti parametri saranno in ogni caso correlati ai livelli retributivi, alle opportunità di progressione di carriera, alle misure volte a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche con riguardo alle lavoratrici in stato di gravidanza;
b) le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dal datore di lavoro, resi disponibili dal MLPS;
c) le modalità per il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri di parità regionali, delle città metropolitane e degli enti di area vasta nel controllo e nella verifica del rispetto dei parametri di cui alla lettera a);
d) le forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.

Premialità di parità

Con riferimento all'anno 2022, e ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, al datore di lavoro provvisto della certificazione della parità di genere sarà concesso l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a suo carico:
 in misura non superiore all'1,00% della contribuzione obbligatoria di previdenza e assistenza dovuta;
- nel limite annuo massimo di 50mila euro.

L'esonero sarà:
- riparametrato e applicato su base mensile secondo le indicazioni che saranno diffuse entro il 31 gennaio 2022 con apposito decreto interministeriale;
- concesso nel limite complessivo pari a 50 milioni di euro annui.
Al datore di lavoro che alla data del 31 dicembre dell'anno che precede quello di riferimento risulti essere in possesso della certificazione della parità di genere sarà riconosciuto un punteggio ‘premiale' ai fini della valutazione da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali delle proposte progettuali presentate e finalizzate alla concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
Le amministrazioni aggiudicatrici provvederanno ad indicare detto punteggio nei relativi bandi di gara ovvero negli avvisi od inviti.
L'esonero contributivo potrà essere riconosciuto anche per gli anni successivi al 2022 a condizione che saranno stanziate le opportune risorse finanziarie.

Rapporto sulla situazione del personale

Come anticipato, l'obbligo di redigere con cadenza biennale un rapporto sulla situazione dei lavoratori subordinati occupati nell'impresa è stato esteso ai datori di lavoro che occupino più di 50 lavoratori, in luogo di 100 lavoratori.

Il datore di lavoro che soddisfi l'anzidetto requisito dimensionale è tenuto a redigere un rapporto sulla situazione dei lavoratori e delle lavoratrici che, distinto per genere, categoria professionale, livello di inquadramento e tipologia contrattuale, evidenzi, oltre ai livelli retributivi annui, il numero di lavoratori:
- assunti nel corso dell'anno di riferimento;
- coinvolti in attività di formazione professionale e le ore complessive dedicate a tale attività;
- interessati da un passaggio di categoria, qualifica o livello o da altri fenomeni di mobilità;
- il cui contratto individuale di lavoro sia stato trasformato da tempo determinato a tempo indeterminato ovvero da tempo parziale a tempo pieno (e viceversa);
- interessati dall'intervento di ammortizzatori sociali;
- sottoposti a procedure di licenziamento collettivo o individuale;
- coinvolti in procedure di prepensionamento e pensionamento.

Il rapporto è redatto per via telematica, mediante la compilazione di un apposito modello predisposto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS) e condiviso sul proprio sito istituzionale e trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali.

Ai fini della redazione del rapporto, con apposito decreto – da adottarsi entro il 1° febbraio 2022 – il MLPS di concerto con il Ministro delegato per le pari opportunità, definirà:
a) puntuali indicazioni per la redazione del rapporto. Il datore di lavoro sarà in ogni caso tenuto ad indicare le seguenti ulteriori informazioni:
- il numero delle lavoratrici in stato di gravidanza,
- l'importo della retribuzione complessiva corrisposta al lavoratore o alla lavoratrice, con l'indicazione degli elementi accessori, delle indennità, degli elementi premiali della retribuzione, dei bonus e di ogni altro elemento retributivo o erogazione (anche in natura) eventualmente riconosciuti;
b) le modalità mediante le quali il datore di lavoro sarà tenuto a illustrare i dati relativi a:
- i processi di selezione e reclutamento dei lavoratori,
- le procedure utilizzate per l'accesso alla qualificazione professionale e alla formazione manageriale,
- le misure volte a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,
- l'adozione di politiche aziendali finalizzate a realizzare un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso,
- i criteri adottati per il riconoscimento di progressioni di carriera;
c) le modalità di accesso al rapporto da parte dei lavoratori e delle rappresentanze sindacali aziendali, in ottemperanza alla normativa in materia di trattamento dei dati personali.

Il decreto interministeriale definirà altresì le modalità per la trasmissione del rapporto che, in ogni caso, dovrà essere inoltrato entro il 31 dicembre di ciascun anno alla consigliera o al consigliere nazionale di parità nonché alle consigliere e ai consiglieri di parità regionali, delle città metropolitane e degli enti di area vasta competenti.

Presa visione dei rapporti trasmessi dalle imprese interessate, la consigliera e il consigliere regionale di parità competenti elaboreranno i relativi risultati e li trasmetteranno alle sedi territoriali dell'Ispettorato nazionale del lavoro (INL), alla consigliera o al consigliere nazionale di parità, al MLPS, al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, all'ISTAT e al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).
Sul proprio sito istituzionale il MLPS pubblicherà sia l'elenco delle imprese che hanno trasmesso il rapporto che quello dei datori di lavoro che non hanno adempiuto a tale obbligo.

In caso di inadempimento dell'obbligo di trasmissione del rapporto nei termini prescritti, la Direzione regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti competenti, inviterà l'impresa interessata ad adempiervi entro 60 giorni.
Nel caso in cui l'inottemperanza si protragga oltre 12 mesi, potrà essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'impresa.

L'INL procederà alla verifica della veridicità del rapporto e quando esso risulterà mendace o incompleto troverà applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra i 1.000,00 euro e i 5.000,00 euro.

Discriminazione diretta e indiretta

In ambito lavorativo, s'intende realizzata una condotta discriminatoria quando sia posto in essere un diverso trattamento o attuata una modifica delle condizioni e dei tempi di lavoro per ragioni connesse
i) al sesso, ii) all'età anagrafica, iii) alle esigenze di cura personale o familiare, iv) allo stato di gravidanza, v) alla genitorialità (anche nel caso di genitori adottivi) e vi) alla titolarità e all'esercizio da parte del lavoratore di propri diritti che determini un pregiudizio in relazione:
a) alle condizioni lavorative;
b) alle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
c) ai meccanismi di avanzamento e di progressione di carriera.

Con riguardo alla definizione di discriminazione diretta e indiretta in ambito lavorativo, è stato precisato che costituisce:

a) discriminazione diretta:
- qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento nonché ordine di realizzare un atto o un comportamento che determini la discriminazione di i) candidate e candidati in fase di selezione ii) lavoratrici o lavoratori, per ragioni connesse al genere e, comunque,
- un trattamento di minor favore rispetto a quello applicato a un'altra lavoratrice o lavoratore in una situazione analoga.

b) discriminazione indiretta, qualsivoglia disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, anche di natura organizzativa o che incida sull'orario di lavoro idonei a porre i) candidati in fase di selezione e ii) lavoratori appartenenti a un determinato genere in una posizione di particolare svantaggio rispetto a quella dei lavoratori appartenenti all'altro genere.
La discriminazione diretta non afferisce a requisiti essenziali per lo svolgimento dell'attività lavorativa, sempre che l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

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*A cura di Luca Barbieri e Aurora Mamprin di ArlatiGhislandi e AG Studi e Ricerche

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