Giustizia

Milano e Roma, procure nella bufera

La difficile partita del ricambio dei vertici tra inchieste e ispezioni del ministero

di Giovanni Negri

Due Procure nella bufera, le principali del Paese, Milano e Roma. Con capi a breve in uscita certa o anche solo possibile; con ispezioni del ministero della Giustizia; con attriti intestini. E il risultato complessivo è il secco aumento del deficit di credibilità della magistratura tutta. Dove buon termometro del cambio di stagione è rappresentato (anche) dalla diversa considerazione delle ispezioni ministeriali a Palazzo di giustizia. Se solo pochi anni fa, ai tempi dei vari governi Berlusconi, queste, disposte non solo da parte della Giustizia (se ne ricorda una inviata anche dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti sui costi della Procura) venivano vissute come paradigma dell’autonomia e indipendenza della magistratura, ora è passata tutto sommato tutto silenzio la decisione della ministra Giustizia Marta Cartabia di inviare a Milano gli ispettori per verificare quanto avvenuto nel processo Eni-Nigeria, dove due Pm di punta, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, risultano indagati a Brescia per omissione e rifiuto in atti d’ufficio: non avrebbero portato a conoscenza del Tribunale e delle difese atti a discolpa degli imputati.

Il tutto innescato dalla dichiarazioni rese sempre a Brescia da Paolo Storari, altro Pm milanese peraltro a sua volta indagato per rivelazione di segreto d’ufficio, critico con l’inerzia dei vertici dell’ufficio nel non dare seguito alle dichiarazioni dell’ex avvocato esterno Eni Piero Amara sulla Loggia Ungheria, con relativo strascico di verbali consegnati all’allora consigliere Csm Pieercamillo Davigo; Amara che invece sarebbe stata intenzione di De Pasquale e Spadaro di valorizzare nel giudizio per la asserita maxitangente Eni in Nigeria.

Insomma un pasticcio brutto che avvelena gli ultimi mesi di Francesco Greco che in autunno lascerà i vertici dell’ufficio per raggiunti limiti di età e dove, per la prima volta da anni, la figura di una possibile nomina esterna potrebbe diventare realtà.

A Roma, invece, a finire al centro di una serie di contestazioni che sta chiamando in causa sia i giudici amministrativi sia la Cassazione è la nomina di Michele Prestipino a procuratore capo. Nomina che è stata oggetto di ricorso, accolto in sede amministrativa, da parte di uno dei candidati esclusi l’allora procuratore generale di Firenze Marcello Viola. Anche l’altro candidato perdente, il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi ha peraltro presentato ricorso, impugnazione che sarà discussa a inizio luglio.

Centrali nella vicenda, che ora vede Prestipino impugnare la decisone favorevole a Viola di nuovo al Consiglio di Stato e in Cassazione, sono le ricadute della ormai proverbiale cena all’Hotel Champagne, dove un summit di magistrati, politici, consiglieri Csm, deciso a orientare le nomine di vertice degli uffici giudiziari decise di puntare su Viola come capo procuratore. Un Viola del tutto estraneo peraltro alle trame, come poi emerso. Ma tanto bastò per fare cancellare l’originaria terna di candidati su cui si era orientato allora il Consiglio superiore (oltre a Viola e Lo Voi, anche il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo). Si ripartì da zero e venne preferito Prestipino.

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