Professione e Mercato

Opportunità e rischi sulla commercializzazione dei dati personali

Si è aperto un acceso dibattito su come rendere conforme alla disciplina privacy il modello di business - Il tema potrebbe avere anche riflessi di natura fiscale

di Jacopo Liguori e Laura Camardelli*

La pubblicità targettizzata è ormai un elemento costante nella nostra vita online, che si tratti della nostra navigazione su un sito web, la consultazione di un motore di ricerca, o la frequentazione di un social network. Come noto, questa pubblicità si basa sulla profilazione degli utenti, ricondotti a cluster di consumatori ritenuti affini in quanto a possibili preferenze rispetto alle loro abitudini di navigazione online. Quanti più dati sono raccolti quanto più sarà possibile realizzare pubblicità appetibili per gli utenti. Da qui il forte interesse degli operatori alla raccolta ed elaborazione di questi dati.

Oltre che ai grandi player, la profilazione dell'utenza può giovare a qualsiasi azienda che opera sul web, per almeno due ordini di ragioni: da un lato, permette di conoscere meglio il consumatore, concentrando gli investimenti promozionali su obiettivi mirati e tendenzialmente di maggior successo; dall'altra e di conseguenza, permette di ripagare almeno parte dei costi sostenuti, verosimilmente invogliando gli utenti ad utilizzare un servizio gratuito, in cambio, di fatto, della cessione dei propri dati personali.

Ed è proprio qui il nodo della questione che sta appassionando studiosi della materia e autorità garanti della protezione dei dati di tutta Europa. E allo stesso tempo si stanno delineando nuovi modelli di business: un trattamento di dati personali (i.e. il profilo di un utente) può lecitamente essere un corrispettivo di un servizio e quindi svolgersi sulla base dell'esecuzione di un contratto tra utente e fornitore? E se sì, l'utente ne è consapevole ed è adeguatamente tutelato?

Sul punto si è aperto un acceso dibattito su come rendere conforme alla disciplina privacy questo modello di business. Il Comitato europeo per la Protezione dei Dati ha recentemente escluso che per fornire i servizi di una nota piattaforma di social network fosse necessario un trattamento dei dati di un utente per pubblicità comportamentale. Il trattamento non può dunque basarsi sull'esecuzione del contratto, restando necessario il consenso per la profilazione, e in caso di diniego l'utente può comunque accedere ed usufruire dei servizi della piattaforma.

Sotto altro profilo, il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha avviato un'istruttoria rispetto alla scelta di molti editori di introdurre un cookie wall, per cui la lettura degli articoli dei quotidiani online è spesso subordinata all'opt-in ai cookie che permettono il tracciamento e profilazione dell'utente o, in mancanza, alla sottoscrizione di un abbonamento.

Il tema potrebbe avere infine anche riflessi di natura fiscale. È notizia recentissima quella per cui la Procura di Milano avrebbe aperto un fascicolo sul noto social network per omesso versamento di Iva, per diversi milioni di euro. Secondo tale tesi, se il titolare ricava un profitto dall'utilizzazione dei dati per profilare l'utente, a fronte dell'offerta di un servizio, dovrebbe corrispondere la relativa imposta. Sarà dunque interessante seguire l'esito del procedimento e vedere se e come questo influirà sul modello di business del social network e, necessariamente, anche degli altri operatori del settore.

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*A cura di Jacopo Liguori, partner di Withers e Laura Camardelli, associate di Withers

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