Amministrativo

Consulta di nuovo chiamata sui componenti di nuclei familiari residenti in immobili diversi

La Commissione Tributaria Provinciale di NAPOLI , ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'imposta per l'abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., anche in relazione agli artt. 1, 29, 31, 35 e 47 Cost.

di Tommaso Ventre*

Anche la CTP di Napoli, Sezione 32, con ordinanza 1985/2021 depositata il 22/11/2021, relatore Maglione, dopo la sezione 2 della Ctr Liguria - ordinanza pubblicata sulla G. U. n. 28 del 14 luglio 2021- ha dichiarato, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'imposta per l'abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., anche in relazione agli artt. 1, 29, 31, 35 e 47 Cost.

Invero il rinvio della CTP in commento pur giungendo a considerazioni similari è fondato sulla violazione di uno spettro di norme costituzionali più ampio. La controversia attiene alle conseguenze applicative dell'art. 13, comma 2, che – negando l'esenzione IMU per l'abitazione principale del ricorrente a causa della residenza anagrafica e dimora di un componente del nucleo familiare in un altro comune - determina plurime violazioni di parametri costituzionali quali l'applicazione della regola della parità sostanziale a parità di condizioni (art. 3), la parità dei diritti dei lavoratori costretti a lavorare fuori della sede familiare (artt. 1, 3, 4 e 35), il diritto alla parità dei contribuenti coniugati rispetto a partner di fatto (3, 29 e 31), la tassazione in base alla capacità contributiva e progressività impositiva (art. 53), la famiglia quale società naturale (art. 29), l'aspettativa rispetto alle provvidenze per la formazione della famiglia e adempimento dei compiti relativi (art. 31) ed infine la tutela del risparmio (art. 47).

Il contribuente, nel caso di specie, si è visto irrazionalmente negare l'agevolazione

- pur avendo pienamente dimostrato la sussistenza di tutti i presupposti di legge (unicità dell'immobile, classificazione, tipologia accatastamento, residenza anagrafica e dimora abituale del nucleo familiare);

- pur risultando pacifica l'inesistenza di altre esenzioni, sia per espressa dichiarazione del ricorrente, sia per non essere stata mossa al riguardo alcuna eccezione dall'Ente impositore che ne sarebbe stato processualmente onerato dall'art. 2697, secondo comma, c.c.;

- pur avendo, quindi, astrattamente diritto all'esenzione dall'IMU per il cespite, sulla base di una normativa che fosse rispettosa dei parametri costituzionali.

La motivazione addotta al disconoscimento dell'esenzione è rinvenuta esclusivamente nel fattore geografico (obiettivamente privo di rilevanza fiscale) della residenza del coniuge (o di un altro componente del suo nucleo familiare) in un Comune diverso dal proprio.

Diverse sono state le prospettive di analisi in merito alla questione.Secondo l'interpretazione del Dipartimento delle finanze -circolare n. 3/F del 2012- per espressa dizione normativa, l'agevolazione è sempre riconosciuta seppure applicabile a un solo immobile, emergendo in tal modo la volontà del Legislatore di dare alla norma un'impronta espressamente restrittiva, che costituisce l'eccezione rispetto alla regola secondo cui le agevolazioni possano essere riconosciute per tutti gli immobili, nel caso in cui siano ubicati in comuni diversi.

Alla pluriennale lettura citata, inizialmente condivisa dalla Cassazione, si è contrapposto il recente e diverso orientamento della Suprema Corte, attualmente consolidato, che, sulla base della lettera dellanorma, esclude l'esenzione per il solo fatto che un componente della famiglia risieda in altro Comune.L'interpretazione della Cassazione (Cass. n. 4166 del 2020; n. 20130 del 2020 e n. 17408 del 2021) - che correttamente ha ritenuto la norma speciale di esenzione dall'onere tributario insuscettibile di applicazione (analogica o estensiva) a fattispecie non espressamente contemplate dalla tassativa tipologia specificamente prevista (art.14 delle disposizioni preliminari del Cod. Civ.) - induce il sospetto di incostituzionalità della stessa.

La Cassazione, nelle richiamate sentenze, consolidando il proprio orientamento in ordine alla natura di stretta interpretazione delle norme agevolative (tra le molte, in tema di ICI, più di recente, cfr. Cass. n. 23833 del 2017; Cass. n. 3011 del 2017), conforme a quello della Consulta (Corte cost. n. 242 del 2017), dopo aver rilevato le differenze tra la normativa IMU e quella della preesistente ICI, ha statuito:

- che il dato letterale impone, come ineludibile condizione dell'esenzione, che l'intero nucleo familiare abbia la residenza principale nello stesso immobile;

- che la norma ha lo scopo di evitare elusioni, ad esempio di coniugi non separati che, avendo nello stesso comune distinte abitazioni principali, possano fruire di una duplice esenzione;

- che, nell'ipotesi di residenze plurime dei familiari nello stesso Comune, l'aliquota e la detrazione debbano essere comunque uniche;

- che il caso di coniugi non separati con residenze in Comuni diversi, non essendo stato espressamente contemplato tra quelli oggetto di agevolazione, non può beneficiare dell'esenzione (Cass. n. 1708 del 2021).

La questione, di notevole portata discriminatoria in relazione alla molteplicità di fattispecie familiari escluse dalla portata limitativa della interpretazione della Cassazione, è stata anche oggetto di una recente interrogazione parlamentare -5-06286 Ungaro- . Il Dipartimento delle Finanze, dinanzi alla VI Commissione Finanze il 23 giugno 2021, ha chiarito che l'evoluzione giurisprudenziale - ordinanze n. 4166 del 2020 e n. 4170 del 2020 - ha portato la Corte di Cassazione a statuire che, nel caso in cui non è unico il riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale del nucleo familiare, l'esenzione non spetta in nessun caso. Sul punto il Ministero ha poi affermato di non potere che prendere atto dell'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, alla quale è affidato in ultima istanza, nel nostro ordinamento giuridico, il compito di fornire l'interpretazione della legge.

La CTP nel rimettere alla Consulta la questione pone l'accento sulla parziale contraddittorietà dell'interpretazione restrittiva fornita dalla Cassazione in relazione alla dichiarata finalità antielusiva della norma nella misura in cui la vera ragione ostativa al riconoscimento dell'agevolazione non risiederebbe neppure nel rischio di una doppia esenzione, ma nella oggettiva scissione del nucleo familiare a causa della residenza extra-comunale di uno dei suoi componenti.

Secondo l'attenta ricostruzione della remittente, così come interpretata dal "diritto vivente", la norma pare violare, oltre al principio di capacità contributiva, anche quello di progressività del sistema tributario imposto dall'art. 53, comma 2, Cost., che, quale principio informatore dell'intero sistema tributario, pur non richiedendo che ciascun tributo presenti carattere di progressività, certamente impedisce che uno di essi sia palesemente, o anche potenzialmente, regressivo, come nella fattispecie.

In conclusione il diritto all'esenzione dovrebbe spettare anche nel caso in cui un componente del nucleo familiare risieda in comune diverso, fattispecie in cui l'aporia normativa la precluderebbe non solo per entrambi gli immobili ipoteticamente posseduti ma anche per la sola abitazione principale, addirittura e paradossalmente, perfino nel caso in cui il titolo della diversa residenza/dimora extra-comunale avvenisse, ad esempio, sulla base di una locazione, di un comodato od altro rapporto, tutti oggettivamente estranei al campo di applicazione IMU e, dunque, nonostante l'evidente impossibilità di potenziali elusioni.

*Avv. Tommaso Ventre, Ph.D Professore aggregato di Governance dei tributi locali e Fiscalità degli enti locali presso l'Università della Campania Luigi Vanvitelli. Dottore Commercialista
Revisore Legale

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