Lavoro

Equo compenso, ordini legittimati ad impugnare bandi fuori del circondario

Il Tar Campania, sentenza del 18 febbraio 2022 n. 1114, ha accolto il ricorso del Consiglio dell'Ordine di Roma ed ha annullato l'Avviso pubblico di Soresa

di Francesco Machina Grifeo

Ordini legittimati, anche fuori dal proprio ambito territoriale, ad impugnare un bando che viola le norme in materia di equo compenso degli avvocati. Il Tar Campania, Sezione Prima, sentenza del 18 febbraio 2022 n. 1114, ha infatti accolto il ricorso del Consiglio dell'Ordine di Roma (Oar) ed ha annullato l'Avviso pubblico per la costituzione di un elenco di avvocati per l'affidamento di incarichi di patrocinio legale e di domiciliazione, pubblicato sul proprio sito istituzionale da parte della Società Regionale per la Sanità s.p.a. (di seguito Soresa). Il bando era stato contestualmente trasmesso a mezzo PEC all'Oar col proposito di attingere ad una più vasta platea di professionisti.

Per il Presidente dell'Ordine Antonino Galletti, che commenta il provvedimento sul sito di Cassa forense, la decisione "merita un doveroso approfondimento". "La pronuncia - prosegue Galletti -, innanzitutto, riconosce la legittimazione e l'interesse ad agire dell'Ordine in quanto si agisce per la tutela di un interesse istituzionalizzato della categoria, nonostante in concreto i provvedimenti ritenuti lesivi potrebbero anche risultare ‘vantaggiosi' per singoli professionisti e ciò anche al di fuori dell'ambito territoriale dello stesso Ordine".

Tornando al testo della sentenza, il Tar aggiunge: "Né la legittimazione dell'Ordine ricorrente viene meno in ragione dell'ambito territoriale nel quale gli atti gravati sono destinati a produrre effetti (che, secondo la giurisprudenza innanzi richiamata, opera quale ulteriore limite per l'individuazione della legittimazione ad agire degli ordini professionali individuati su base territoriale); nel caso di specie, invero, occorre tener conto del fatto che l'avviso pubblico in questione è stato comunicato anche all'Oar, al fine di acquisire candidature dal maggior numero di professionisti interessati, al fine di favorire la massima partecipazione".

In particolare, nel mirino è finito l'articolo 9 dell'Avviso che testualmente prevede: "Il compenso spettante al professionista sarà determinato nel disciplinare di incarico in considerazione del valore e della complessità del giudizio e non potrà in ogni caso superare il valore minimo calcolato in relazione ai parametri forensi minimi di cui al D.M. n. 55/2014, così come modificato dal D.M. n.37 del 08.03.2018, oltre spese generali, iva e cpa …Per gli incarichi di domiciliazione il compenso per singola controversia è predeterminato in € 250,00, presso le magistrature superiori ed € 150,00 per le altre".

Secondo il Collegio la previsione integra una violazione della normativa sul cosiddett equo compenso: "gli onorari professionali degli avvocati – si legge - sono quantificati negli Avvisi impugnati in violazione dei parametri stabiliti dal D.M. n. 55/2014".

In particolare, tali clausole non sono in linea con il quadro normativo a tutela dell'equo compenso: "in quanto, nel primo caso, relegano la trattativa individuale tra la Soresa e il professionista incaricato alla fissazione di un compenso che si attesta sistematicamente e necessariamente al di sotto della soglia minima fissata dal DM n. 55/2014 e, nel secondo caso, perché il bando esclude in via di principio qualunque negoziazione individuale predeterminando unilateralmente la misura del compenso per le domiciliazioni, integrando così gli estremi della vessatorietà individuati nella l. n. 247/2012".

Del resto, prosegue il ragionamento, la fattispecie è diversa da quella scrutinata dalla sentenza del Tar Lombardia (Milano, sez. I, 29 aprile 2021 n. 1071), invocata da Soresa. In quella decisione, si affermava che "imporre alle pubbliche amministrazioni l'applicazione di parametri minimi rigidi e inderogabili, anche in assenza della predisposizione unilaterale dei compensi e di un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista, comporterebbe un'irragionevole compressione della discrezionalità delle stesse nell'affidamento dei servizi legali [...]".

Nel caso di specie, invece, l'Ordine ricorrente non agisce per l'imposizione di una soglia minima ma per l'eliminazione di una clausola che impone una soglia massima assoluta coincidente con la tariffa minima per aversi un "equo compenso". "Così facendo la Soresa restringe i margini per le trattative individuali che verrebbero relegate sempre ad una fascia tariffaria sempre inferiore a quella ritenuta equa".

"Ciò non vuol dire – aggiunge il Tar - che tale soglia (equo compenso), peraltro variabile, costituisca una soglia che non possa essere derogata al ribasso, ma deve invece ritenersi che resti precluso alle Amministrazioni aggiudicatrici l'introduzione di una regola che, come nella specie, impedisca sistematicamente ex ante il riconoscimento di un corrispettivo professionale da corrispondere ai professionisti incaricati che sia di importo pari o superiore all'equo compenso".

"Stesse considerazioni – conclude il Tribunale amministrativo - devono essere formulate con riguardo all'ulteriore previsione concernente la domiciliazione con la precisazione che in questo caso viene esclusa ogni trattativa individuale, atteso che la Soresa ha fissato direttamente nel bando il corrispettivo per tale attività, giungendo in questo caso ad escludere del tutto la negoziazione individuale, laddove avrebbe potuto anche in questo caso prevedere limiti massimi in relazione alla tipologia di cause, tenendo conto dei parametri di cui al DM 55/2014".

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©