Civile

Amministrazione di sostegno, la distanza chilometrica non ne impedisce la funzione

Non è "una circostanza univocamente impeditiva allo svolgimento della funzione, se non correlata alla previsione della gravosità e frequenza dell'impegno richiesto nell'assolvimento della stessa

di Valeria Cianciolo

In tema di amministrazione di sostengo la Suprema corte con l'ordinanza pubblicata ieri (2 novembre 2022) n. 32321 ribadisce alcuni principi fondamentali: dall'ammissibilità del ricorso per cassazione alla ricorrenza dei presupposti di legge, dalla nomina all'audizione del beneficiario.

Il caso
Nel caso in esame veniva proposto reclamo alla corte d'appello avverso il decreto del giudice tutelare con il quale era stata dichiarata aperta l'amministrazione di sostegno. La corte territoriale respingeva la richiesta di revoca e/o modifica, affermando che sebbene fossero migliorate le condizioni di salute dell'amministrando, la situazione imponeva il mantenimento della misura di protezione.
La Cassazione ribadisce l'ammissibilità del ricorso per cassazione posto che i decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno sono reclamabili ai sensi dell'art. 720-bis comma 2 c.p.c. dinanzi alla corte d'appello, quale che sia il loro contenuto (decisorio ovvero gestorio).
Inoltre, con riferimento al fatto alla nomina dell' AdS la Suprema Corte richiama un principio più volte sancito in altre precedenti pronunce, secondo il quale: "in tema di amministrazione di sostegno, l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge, in linea con le indicazioni contenute nell'art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario - la cui volontà contraria, ove provenga da persona lucida, non può non essere tenuta in considerazione dal giudice - sia rispetto all'incidenza della stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando la possibilità, in concreto, che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di un'adeguata rete familiare."

Nel caso in esame, la misura adottata non risponde ai requisiti legali previsti per la sua applicazione, non essendosi tenuto conto, da un lato, della contrarietà alla misura manifestata dalla stessa amministrata o comunque della volontà della stessa di recuperare la propria autonomia e dall'altro, del non aver esaminato la possibilità di far assumere l'incarico alla sorella della beneficiaria per una supposta distanza fra le residenze. Sul punto gli Ermellini affermano che la distanza chilometrica tra i luoghi di residenza della beneficiaria e della di lei sorella non è "una circostanza univocamente impeditiva allo svolgimento della funzione, se non correlata alla previsione della gravosità e frequenza dell'impegno richiesto nell'assolvimento della stessa."
Il decreto impugnato è stato dunque, cassato.

Le questioni
La nomina dell'amministratore di sostegno è emanata dal giudice tutelare attraverso apposito decreto. La scelta deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi del beneficiario e sul punto, il giudice tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Il secondo comma dell'art. 407 codice civile prevede l'audizione obbligatoria dei soggetti indicati dall'art. 406 i quali hanno un vero e proprio diritto soggettivo a essere sentiti, anche se il giudice non è vincolato dall'opinione espressa da questi, tanto che in caso di mancata comparizione degli stessi, - infatti, questi soggetti non hanno alcun onere di costituzione, e possono intervenire volontariamente oppure presentarsi davanti al giudice senza costituirsi, per essere sentiti - può comunque provvedere sul ricorso. L'audizione dev'essere assunta con modalità improntate alla massima formalità e libertà di azione del Giudice.
Tutto verte intorno al beneficiario, pertanto, l'audizione dello stesso è necessaria - a prescindere dal tipo di patologia di cui esso sia affetto – e non può essere evitata avvalendosi delle sole dichiarazioni rese dai parenti in assenza di elementi di prova idonei a far ritenere che l'esame del beneficiario sia impossibile. Rimane fermo che la procedura di nomina dell'amministratore di sostegno presuppone una condizione attuale d'incapacità, il che esclude la legittimazione a richiedere l'amministrazione di sostegno della persona che si trovi nella piena capacità psico-fisica, ma non esige che la stessa versi in uno stato d'incapacità d'intendere o di volere, essendo sufficiente che sia priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi "infermità" o "menomazione fisica", anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi. In tale ipotesi, il giudice è tenuto, in ogni caso, a nominare un amministratore di sostegno, poiché la discrezionalità attribuitagli dall'art. 404 c.c. ha a oggetto solo la scelta della misura più idonea (amministrazione di sostegno, inabilitazione, interdizione) e non anche la possibilità di non adottare alcuna misura, che comporterebbe la privazione, per il soggetto incapace, di ogni forma di protezione dei suoi interessi, ivi compresa quella meno invasiva. (Cass. civ., sez. I, ord., 15 maggio 2019, n. 12998).

La corte d'appello per quello che concerne la modalità di nomina dell'amministratore di sostegno, come anche la richiesta di sostituzione dello stesso con la sorella della beneficiaria, ha affermato che tali profili non attenevano alla validità del provvedimento, ma alla individuazione del soggetto al quale affidare la cura del beneficiario e ha aderito all'orientamento giurisprudenziale che considera inammissibile il reclamo proposto avanti la Corte d'Appello avverso il decreto con cui il giudice tutelare abbia provveduto alla nomina dell'amministratore di sostegno, poiché tale provvedimento non ha carattere decisorio, bensì meramente gestorio od ordinatorio/amministrativo. E i provvedimenti a carattere tipicamente gestorio o amministrativo, quali quelli che dispongono la nomina, o la rimozione e la sostituzione dell'amministratore di sostegno sono insuscettibili di passare in cosa giudicata, essendo sempre revocabili o modificabili per la sopravvenienza di nuovi elementi di valutazione.

Secondo tale indirizzo, per quanto il reclamo si proponga formalmente avverso il provvedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno, qualora non si dia, tra le parti, conflitto e controversia in merito alla necessità e alla disposizione d'essa, il reclamo attiene, in concreto e unicamente, alla statuizione e pronunzia e alla decisione con essa espressa della scelta dell'amministratore di sostegno da parte del giudice tutelare, potendosi e dovendosi esercitare il potere di reclamo, a fronte ed in ragione dell'avvenuta designazione, esclusivamente avanti il Tribunale in composizione collegiale. In buona sostanza, il reclamo doveva essere proposto al Tribunale in sede collegiale e non certo alla Corte d'Appello trattandosi di un profilo amministrativo. Ma è evidente che, nel caso in esame, non solo era sorto un contrasto sulla necessità dell'adozione della stessa misura protettiva - posto che la stessa beneficiaria aveva lamentato che non fossero state prese in debita considerazione le indicazioni date dal consulente di parte - ma anche sulla mancata nomina della sorella della persona interessata. Quindi, la questione riguardava diritti personalissimi.

L'orientamento tradizionale, in forza della ricorribilità per cassazione, prevista dall'ult. comma dell'art. 720 bis c.p.c. (introdotto dall'art. 18 l. 9 gennaio 2004, n. 6), riteneva che la competenza a decidere sui reclami inerenti decreti a carattere decisorio spettasse alla Corte d'Appello, mentre quelli aventi ad oggetto i provvedimenti a carattere ordinatorio fossero di competenza del Tribunale in composizione collegiale.
Ritenendosi ammesso il ricorso per cassazione solo per i provvedimenti a carattere decisorio, la competenza della Corte d'Appello era da ritenersi limitata ai soli reclami ricadenti su decreti il cui contenuto avesse questa natura, mentre i reclami avverso i decreti a carattere ordinatorio andavano decisi dal Tribunale in composizione collegiale.
Con ordinanza n. 32409/2019, tuttavia, la Suprema Corte mostrava di aver cambiato opinione e di volersi discostare dall'orientamento che fino a quel momento poteva dirsi dominante. Decidendo la questione sottoposta al suo vaglio, infatti, gli ermellini disponevano che, ai fini dell'individuazione del giudice competente a decidere dei reclami proposti avverso i decreti del giudice tutelare in tema di amministrazione di sostegno, non si dovesse condurre un'indagine volta ad appurare se il contenuto dello specifico provvedimento avesse natura decisoria o ordinatoria, per attribuire poi la competenza alla Corte d'Appello nel primo caso ed al Tribunale in composizione collegiale nel secondo, in quanto l'art. 720-bis cp.c. aveva risolto a monte la questione, assegnando la competenza sempre e comunque alla Corte d'Appello, a prescindere dal concreto contenuto del provvedimento impugnato.
Dunque, la Cassazione ha affermato, quanto alla reclamabilità dei decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno, che questi sono reclamabili ai sensi dell'art. 720-bis comma 2 c.p.c. unicamente dinanzi alla corte d'appello, quale che sia il loro contenuto (decisorio ovvero gestorio). E' questo il principio espresso dalla Cassazione civile, SS. UU., sentenza 30 luglio 2021, n. 21985 (sentenza richiamata dall'ordinanza in esame) con riferimento al quesito se la competenza a decidere dei reclami avverso i decreti del giudice tutelare in tema di amministrazione di sostegno sia da attribuire ora al Tribunale in composizione collegiale e ora alla Corte d'Appello a seconda della natura decisoria o gestoria del loro contenuto o se, come sostenuto dall'orientamento più recente, essa spetti sempre e comunque alla Corte d'Appello.

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