Penale

Battuta d’arresto sull’intoduzione del reato di tortura

di Giovanni Negri

Alla fine il disegno di legge sul reato di tortura non viene neppure esaminato dall’Aula del Senato. Torna invece in discussione davanti alla commissione Giustizia che dovrà valutare gli emendamenti presentati dai due relatori Enrico Buemi (Psi-Per le Autonomie) e Nico D’Ascola (Ap) per eventuale subemendamenti (il cui termine è stato comunque fissato alle 11 di domani). Alchimie parlamentari che non nascondono le difficoltà all’interno della maggioranza su un testo da sempre ad alta tensione. Buemi però ora assicura che dopo gli emendamenti l’accordo nella maggioranza è stato trovato. Tuttavia il testo che doveva essere esaminato in Aula ieri pomeriggio fa un passo indietro e questo dopo un via libera che lo stesso Senato aveva dato ancora nel 2014 (ma l’anno dopo il disegno di legge venne cambiato dalla Camera). Di certo c’è poi ancora che un nuovo passaggio alla Camera sarà a questo punto necessario, visto che il tormentato provvedimento è stato ancora una volta cambiato.

«Siamo arrivati a una mediazione accettabile - spiega la senatrice e capogruppo di Mdp Maria Cecilia Guerra - un giusto compromesso tra la definizione del reato e la precisazione che non può essere considerata tortura l’azione di un pubblico ufficiale nell’ambito della legittimità delle sue funzioni, ma solo quando ci sia l’aggravante dell’abuso di potere».

Nel primo emendamento messo a punto dai relatori si introduce un altro elemento alla fattispecie di reato e cioè che il fatto deve essere «commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante». Il secondo, «più politico», come spiega lo stesso Buemi, specifica che non si può parlare di tortura nel caso di «sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative dei diritti». Cioè si vuol specificare «che se magari l’agente rompe il braccio ad uno mentre lo arresta - semplifica Buemi - non si può far rientrare nella tortura».

Alla fine la linea del compromesso con la componente centrista della coalizione, più attenta alla necessità di tutelare anche le forze dell’ordine nell’esercizio delle funzioni, passa anche dall’introduzione di un reato che non ha come soli autori i pubblici ufficiali, ma che, quando sono questi ultimi a commetterlo, prevede un ’aumento delle sanzioni. Con una pena che può arrivare da un minimo 5 a un massimo di 12 anni.

Restano invariati gli altri punti chiave del provvedimento, presentato a inizio legislatura dal senatore Pd Luigi Manconi. L’assenza del reato di tortura nel nostro ordinamento penale è stata più volte censurata in sede europea, da ultimo dal comitato dei ministri del Consiglio d’Europa poche settimane fa.

Disegno di legge sull'introduzione del reato di tortura nell'ordinamento

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