Penale

L’Anm: dati telefonici, controlli a rischio sui sospetti terroristi

di Valentina Maglione

Con l’addio ai dati più vecchi del traffico telefonico e telematico il rischio non dovrebbe riguardare tanto le inchieste in corso, per cui il materiale utile potrebbe già essere stato acquisito. «Il problema vero - afferma il presidente Anm, Eugenio Albamonte - sono le indagini che devono ancora iniziare e per cui potrebbe essere utile avere accesso ai dati del passato». E un impatto notevole potrebbe esserci proprio sulle attività di monitoraggio e di prevenzione del terrorismo, per cui l’obbligo di data retention, che ha cessato di essere operativo il 1° luglio scorso (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), era stato introdotto.

A prevedere l’obbligo di conservare i dati del traffico telefonico e telematico era stato il decreto legge antiterrorismo 7/2015, che aveva imposto a operatori telefonici e internet provider di mantenere tutti i dati di traffico al 21 aprile 2015 (data di entrata in vigore della legge di conversione). Un obbligo “a tempo”: il termine era fissato inizialmente al 31 dicembre 2016, poi prorogato (dal decreto milleproroghe 210/2015) al 30 giugno scorso. Il tutto «in deroga» ai limiti di mantenimento di due anni per il traffico telefonico e di un anno per quello telematico, stabiliti dal Codice della privacy.

Che cosa succederà ora? Gli operatori in teoria avrebbero già dovuto distruggere i dati più vecchi, dal 1° luglio detenuti in violazione del Codice della privacy. Ed è probabile che - se non l’hanno già fatto - provvederanno nei prossimi giorni. Del resto la conservazione dei dati - e la consegna agli inquirenti - è costosa per gli operatori telefonici.

Ma rinunciando ai vecchi dati «perdiamo capacità investigativa preziosa - commenta Albamonte - soprattutto nella fase iniziale delle indagini. Attingendo ai dati conservati dagli operatori è possibile mappare la presenza sul territorio di persone sospettate di terrorismo e di passaggio in Italia. In base ai contatti pregressi è possibile profilare i soggetti e decidere se proseguire le indagini, anche mettendo sotto controllo gli apparecchi telefonici». Certo, prosegue, «si tratta di uno strumento eccezionale, introdotto per contrastare il terrorismo. Ma viviamo tuttora in una situazione di eccezionalità dal punto di vista del terrorismo».

L’impatto ci sarà anche sulle indagini per mafia, dove spesso «occorre fare riferimento a dati risalenti nel tempo - spiega Francesco Paolo Giordano, procuratore capo a Siracusa - ad esempio perché un nuovo collaboratore di giustizia fa riferimento a fatti del passato».

Per gli inquirenti «è una perdita notevole - spiega Alberto Cisterna, giudice al Tribunale di Roma e già procuratore aggiunto alla Direzione nazionale antimafia - soprattutto perché la cancellazione della data retention non era attesa. E le indagini sono strutturate tenendo in considerazione la possibilità di fare affidamento su un periodo di conservazione più lungo».

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