Comunitario e Internazionale

Polonia condannata per un caso di inquinamento acustico da traffico

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che nei casi di grave inquinamento la tutela dell’ambiente rientra nel diritto al rispetto della vita privata

di Marina Castellaneta

Via libera ai ricorsi dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) nei casi di inquinamento acustico provocato dal traffico se le autorità nazionali rimangono inerti, malgrado le proteste degli abitanti, e non fanno nulla per impedire che una deviazione autostradale per la costruzione di una nuova arteria leda il benessere, anche nel godimento dell’abitazione, di un individuo.

Con la sentenza depositata il 14 ottobre (ricorsi n. 75031/13 e altri) la Corte ha stabilito che, in sostanza, nei casi di grave inquinamento la tutela dell’ambiente rientra nel diritto al rispetto della vita privata.

A Strasburgo si erano rivolti alcuni cittadini polacchi che abitavano a pochi metri da una strada statale, non distante dall’incrocio autostradale.

Per alcuni lavori di ampliamento, era stata decisa una deviazione della circolazione e l’apertura di un nuovo tratto autostradale con un incremento del traffico che aveva causato un aumento dell’inquinamento acustico e atmosferico. I ricorrenti avevano citato in giudizio le autorità statali, chiedendo un indennizzo per i danni subiti, ma le istanze erano state respinte.

Di qui il ricorso alla Corte europea che, invece, ha accolto le tesi dei ricorrenti. La Cedu – osserva Strasburgo – non riconosce in modo esplicito il diritto a un ambiente sano, ma quando l’inquinamento raggiunge un certo livello di gravità e causa un grave danno ambientale si può ritenere violato l’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata).

La Corte bacchetta il comportamento omissivo delle autorità statali e l’inerzia dell’amministrazione che nulla ha fatto malgrado da diversi studi risultasse l’inquinamento provocato dalla deviazione stradale. A fronte poi delle proteste del sindaco della città, gli organi statali non hanno preso in considerazione l’impatto dell’aumento del traffico sulla strada statale vicino alla casa dei ricorrenti, soprattutto durante la notte. Le autorità competenti, quindi, per la Corte, hanno “consapevolmente ignorato” il problema causato dal nuovo piano stradale, disinteressandosi completamente del benessere dei residenti e privilegiando, invece, gli interessi dei conducenti (in particolare di camion).

Il diritto al rispetto della vita privata – scrive Strasburgo - include il diritto a godere dei beni (inclusa l’abitazione) e, quindi, anche il diritto a non subire emissioni inquinanti, inquinamento acustico o di altro genere.

Di conseguenza, gli Stati sono tenuti non solo a non ingerirsi in questo diritto, ma anche ad adottare tutte le misure per assicurarne la realizzazione.

Dal ragionamento seguito dalla Corte, quindi, risulta che anche nei casi di grave inquinamento gli Stati hanno obblighi positivi perché devono mettere in campo le misure necessarie a non compromettere la realizzazione del diritto al rispetto della vita privata. Proprio la passività delle autorità statali ha portato alla condanna dello Stato in causa tenuto a indennizzare ciascun ricorrente con 10mila euro.

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