Giustizia

Intesa sui nomi per il Csm, ma scoppia il caso Valentino

di Giovanni Negri

Alla fine la fumata bianca, inaspettata , seppure assai tormentata, arriva. E il Parlamento riesce a eleggere, contro i pronostici della vigilia, i componenti del Consiglio superiore della magistratura. Ma per un bilancio finale bisognerà attendere la conclusione dello spoglio del voto espresso da Camera e Senato in seduta comune, protrattosi nel corso della tarda serata.

All’esito finale, dopo le trattative della mattinata che sembravano avere già cristalizzato i nomi, si è arrivati solo dopo che nel corso del pomeriggio è stata ritirata la candidatura in quota Fratelli d’Italia di Giuseppe Valentino.

Una candidatura peraltro pubblica da alcuni giorni visto che sul sito della Camera il nome di Valentino spiccava tra i pochissimi non autocandidati, ma proposti da almeno 10 parlamentari di due gruppi diversi. Valentino, penalista calabrese, un passato importante (più volte parlamentare di Alleanza nazionale, due volte sottosegretario alla Giustizia), un presente da presidente della Fondazione Alleanza Nazionale, è indagato a Reggio calabria in un procedimento collegato al maxiprocesso «Gotha» ai vertici della ’ndrangheta di Reggio Calabria.

Improponibile il suo nome per una parte delle opposizioni: troppo forte la contrarietà di 5 Stelle e Pd che rischiava seriamente di fare saltare l’intesa. E inevitabile tra forti polemiche di FdI che contesta «macchina del fango» e «gogna mediatica», la marcia indietro a votazioni già in corso che, con il subentrato Felice Giuffrè docente di Diritto costituzionale a Catania, ha sbloccato l’impasse e permesso a Camera e Senato riunite congiuntamente di procedere.

Il cambio di candidato in corsa ha però messo in forse il raggiungimento dei 363 voti necessari, i tre quinti dei parlamentari riuniti, da parte di Giuffrè. Un buon numero dei parlamentari del centrodestra aveva infatti seguito la prima indicazione di voto, puntando su Valentino.

Lo schema finale, in ogni caso, vede FdI fare la parte del leone attribuendosi, al netto della querelle su Valentino, quattro posti, due toccano alla Lega e uno a testa a Forza Italia, e alle opposizioni (Pd, 5 Stelle e Azione-IV). Tutti i nomi di donne che assicurano la quota minima al genere meno rappresentato sono da ascirvere alla maggioranza. I nomi finali sono quelli di Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Felice Giuffré, Rosanna Natoli (Fratelli d’Italia), Claudia Eccher, Fabio Pinelli (Lega), Enrico Aimi (Forza Italia); Roberto Romboli (Pd); Michele Papa (M5S), Ernesto Carbone (Azione-IV).

E se alcuni degli eletti di ieri sono “storici” avvocati delle forze politiche che li hanno indicati (è il caso di Pinelli, penalista padovano e difensore dell’ex capo della comunicazione di Matteo Salvini Luca Morisi, e di Eccher, difensore del leader della Lega) altri hanno una più chiara connotazione accademica come Romboli, docente di Diritto costituzionale a Pisa o Papa, professore di Diritto penale a Firenze. Sul nome di Carbone, ex parlamentare Pd, fedelissimo di Matteo Renzi, è rimasto fermo il no dei 5 Stelle che hanno deciso comunque di non sostenerlo.

Il voto di ieri chiude nei fatti il regime di proroga del “vecchio” Csm, alla vigilia delle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario in calendario per la prossima settimana, prima in Cassazione poi nei vari distretti di Corte d’appello, alle quali comunque parteciperanno i consiglieri uscenti. La magistratura aveva già provveduto a settembre alla scelta dei 20 consiglieri togati. Un’elezione svolta con la nuova legge elettorale voluta dalla ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, che aveva visto l’affermazione di Magistratura Indipendente con 7 eletti. Al nuovo plenum, convocato tra la fine di gennaio e inizio febbraio, la scelta del vicepresidente con Romboli e Pinelli in pole position.

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