Civile

Buoni postali, l'errore nella stampigliatura non incide sullo ius variandi

La VI Sezione civile (ordinanza 87/2023) ribadisce l'orientamento delle S.U. in tema di ius variandi da parte dello Stato sul saggio di intere

Arrivano i chiarimenti della Cassazione sugli interessi da corrispondere sui buoni postali in caso di errore nella stampigliatura. Per la VI Sezione civile (ordinanza 87/2023) che ribadisce l'orientamento delle S.U. in tema di ius variandi da parte dello Stato sul saggio di interesse, "la pretesa di far discendere la misura degli interessi da una combinazione della disciplina prevista per i buoni della serie "Q", provvisoriamente emessi per mancanza dei relativi supporti cartacei, in forma di buoni della serie "Q/P", con la disciplina prevista per i buoni della serie "P", non ha alcun fondamento sul piano di una elementare logica nell'applicazione dei principi basilari dell'interpretazione contrattuale". E questo sia dal versante della lettera che dell'intenzione delle parti, giacché, se i buoni sono sottoposti alla disciplina della serie "Q", e l'autorità preposta dalla legge chiarisce che la disciplina della serie "Q", si applica anche alla serie "Q/P", di modo che sul documento viene apposta la sigla "Q/P", ciò sta a testimoniare che l'applicazione della disciplina dei defunti buoni della serie "P" è palesemente esclusa.

Nello specifico i buoni della serie "Q/P", prevista dal Dm 13 giugno 1986, acquistati il 2 ottobre 1987 erano strati emessi sul supporto cartaceo della precedente serie "P", di durata trentennale, e recante sul verso una stampigliatura, aggiunta mediante un timbro, sostitutiva dell'impressione a stampa dei precedenti buoni della serie "P", riferita alla quantificazione degli interessi per l'arco di un ventennio, timbro che però non si sovrappone integralmente al preesistente testo a stampa, rimanendo visibile la previsione della precedente serie "P" relativa all'ultimo decennio. Accolto dunque il ricorso di Poste italiane contro la decisione della Corte di appello di Torino che aveva confermato l'obbligo per Poste di corrispondere la somma di euro 119.620,77 euro, con accessori e spese, a titolo di interessi maturati su due Buoni postali fruttiferi di durata trentennale della serie Q/P. La Corte di merito ha dunque errato laddove ha ritenuto di far discendere la determinazione degli interessi dovuti, secondo quanto richiesto dal correntista, dal testo del buono nella parte, secondo la sua valutazione, non soppressa dal timbro appostovi, trattandosi di buoni della serie "Q/P".

"Non sembra si possa seriamente dubitare – scrive la Corte - che l'apposizione di un timbro di dimensioni inferiori alla precedente stampigliatura, che non sia perciò fisicamente idoneo a coprirla integralmente, lasciandone viceversa scoperto un pezzo, e cioè una imperfezione dell'operazione materiale di apposizione del timbro, non sia qualcosa che possa avere in qualche modo, anche lontanamente, a che vedere con una manifestazione di volontà concludente, rilevante sul piano negoziale. Si vuol dire che, nel caso in esame, non si è in presenza di un errore sulla dichiarazione, ossia di una manifestazione di volontà, che l'ordinamento impone di considerare nella sua oggettività, quale estremo limite cui si spinge il principio di tutela dell'affidamento sull'altrui dichiarazione, tanto da far prevalere la volontà dichiarata o la dichiarazione trasmessa sulla reale volontà del dichiarante, qualora, per ipotesi, l'errore manchi del requisito della riconoscibilità (art. 1433 c.c. in relazione all'art. 1428 c.c.): qui non solo non c‘è la volontà dell'ente di pattuire la misura degli interessi che oggi il sottoscrittore richiede, ma non c'è neppure la univoca dichiarazione che il sottoscrittore invoca, giacché egli la fa discendere dalla forzata giustapposizione, dal collage, di due clausole che stanno invece ognuna per proprio conto: l'una, apposta a timbro, concernente i buoni della serie "Q/P", l'altra, preesistente, quelli della serie "P".

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