Civile

Diffamazione se il Tg diffonde false informazioni sulla morte di una persona

Nel caso esaminato dal tribunale di Legge era stata diffusa come tossicodipendente la foto di un ragazzo morto per una patologia cardiaca

di Andrea Alberto Moramarco

Affermare in Tt, in un Tg molto seguito, che un diciottenne sia morto per droga in discoteca, mentre è provato che egli sia stato la triste vittima di una malattia cardiaca congenita, configura certamente una lesione dell'onore e del decoro della persona coinvolta e dei suoi familiari. Una tale falsa informazione, unita alla inopportuna diffusione nel servizio dell'immagine del ragazzo, integra una diffamazione nei confronti della vittima e dei suoi familiari, risarcibile come danno iure proprio. A dirlo è il Tribunale di Lecce con la sentenza n. 92/2021.

La vicenda
Tutto nasce da un servizio di un noto telegiornale nazionale dedicato al tema delle morti dei giovani in discoteca a causa dell'assunzione di droghe. Nelle immagini venivano mostrati i volti di alcuni ragazzi deceduti per aver fatto uso di droghe e, tra questi, vi era anche quello di un giovane di 18 anni, morto improvvisamente in un noto locale pugliese a causa di una aritmia maligna determinata da una patologia cardiaca.
Il padre e la sorella dello sfortunato ragazzo, che non aveva mai assunto droghe in vita sua, sconcertati per l'accostamento improprio del nome e dell'immagine del loro familiare, agivano così in giudizio contro il direttore del Tg e l'emittente televisiva per ottenere il danno da lesione all'immagine, al decoro e alla reputazione patito dallo sfortunato giovane e quello iure proprio patito per la vicenda.

La diffusione dell'immagine e la diffamazione
Per il Tribunale non ci sono dubbi circa il contenuto diffamatorio del servizio televisivo, che ha reso al pubblico l'informazione che il giovane fosse morto per droga, quando egli pacificamente era morto per un problema cardiologico. Tale falsa informazione è stata in resa in palese violazione dei principi che regolano il diritto di cronaca e, in particolare, con le regole, anche deontologiche, che disciplinano l'utilizzo delle immagini. Difatti, afferma il giudice, per la pubblicazione dell'immagine deve sussistere uno «specifico ed autonomo interesse pubblico alla conoscenza delle fattezze dei protagonisti della vicenda narrata», essendo la sua divulgazione indispensabile ai fini della completezza e correttezza della informazione fornita. Nel caso di specie, poi, non solo l'immagine è stata trasmessa al di fuori di tali presupposti, ma non vi era neppure un collegamento tra il giovane e la notizia data nel servizio.
Tale falsa informazione è pertanto diffamatoria perché non rispondente al vero e lede al tempo stesso l'onore e il decoro dei familiari e la sfera dei loro diritti personalissimi, anche in considerazione del fatto che gli stessi attori «non solo avevano diffuso sui social e sui media l'informazione che il figlio/fratello era morto per cause naturali, ma si erano anche fatti promotori di un'attività volta all'installazione di defibrillatori presso i luoghi di ritrovo dei giovani, al fine di poter salvare la vita ad altre persone».
I familiari, afferma il Tribunale confermando la risarcibilità del danno non patrimoniale da essi patito iure proprio, «sono portatori di un proprio interesse giuridicamente rilevante al rispetto del decoro e dell'onore nella pubblicazione dell'immagine del familiare, tanto da essere legittimati all'azione inibitoria e a quella risarcitoria per espressa previsione normativa e a poter agire in sede penale per tutelare la memoria del defunto».

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a cura della Redazione di PlusPlus24 Diritto

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