Penale

Lesioni colpose aggravate se l’attività è “specialistica”

di Carmelo Minnella

Sempre in tema di reati e di pene la nuova legge prevede una serie di misure che vanno dall’interdizione alla confisca dei beni utilizzati nel commettere il delitto alle ipotesi aggravate.

L'interdizione dalla professione - Viene introdotta anche una sanzione disciplinare dell'interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata qualora il soggetto che ha commesso l'esercizio abusivo eserciti regolarmente a una professione o attività. In questi casi la sentenza viene trasmessa al competente Ordine, albo o registro ai fini della applicazione della sanzione ordinistica.

Tale interdizione va tenuta distinta dalla pena accessoria dell'interdizione dalla professione o attività regolarmente esercitata, prevista dall'articolo 31 del Cp, nei casi in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o un'attività, ma con «abuso di professione», con conseguente interdizione temporanea dalla stessa. La locuzione abuso della professione va intesa nel senso di uso abnorme del diritto all'esercizio di una determinata professione, con l'intento di conseguire uno scopo diverso da quello al quale l'abilitazione è strumentale (sezione Sesta, n. 14368 del 1999, che ha ritenuto sussistere tale presupposto nella condotta di un medico che aveva reiteratamente consentito a soggetto non abilitato di utilizzare il suo nome e la sua posizione fiscale per l'esercizio abusivo della professione di dentista).
L'interdizione temporanea dall'esercizio della professione, conseguente a ogni condanna per delitti commessi con l'abuso di una professione, riguarda nel suo complesso l'attività il cui legittimo esercizio esige una speciale abilitazione e non soltanto il settore specializzato in cui essa viene in concreto espletata (sezione Sesta, n. 9297 del 1995).

Nella specie è stato rigettato il ricorso di un medico odontoiatra – condannato per avere consentito a un odontotecnico l'attività di medico odontoiatra presso il proprio studio dentistico – il quale deduceva la violazione dell'articolo 31 del Cp per essere stata inflitta l'interdizione temporanea dalla professione di medico-chirurgo anziché dall'attività di odontoiatra.

La confisca obbligatoria dei beni strumentali al reato - Alla condanna (anche all'esito del patteggiamento) per l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni consegue “automaticamente” la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato (si pensi, ad esempio, alla strumentazione clinico-diagnostica).
È evidente che tra questi beni si possano ritenere compresi anche gli immobili, vista altresì la norma di raccordo introdotta attraverso l'interpolazione operata dalla legge n. 3 del 2018 all'articolo 86-ter delle disposizioni di attuazioni al Cpp, il quale prevede adesso che in caso di condanna (anche patteggiata) la proprietà dei beni immobili confiscati sia trasferita al patrimonio del Comune per finalità sociali o assistenziali. Non vi è più il sequestro, con possibilità di dissequestro, ma una vera e propria perdita della proprietà dei beni professionali.
Già in passato la Cassazione ha ritenuto legittimamente disposta, nel definire con il patteggiamento il procedimento penale per il reato di esercizio abusivo della professione medica, la confisca dell'immobile ove tale attività veniva svolta, apprezzandosi che la società proprietaria di tale immobile non poteva considerarsi estranea al reato nonché la pertinenzialità dell'immobile rispetto al reato, sul rilievo che detto immobile, anche se vi si poteva eventualmente svolgere anche attività lecita, costituiva la sede stabile funzionalmente deputata allo svolgimento dell'attività illecita (sezione Sesta, n. 35802 del 2008).
Adesso tale confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di esercizio abusivo della professione sarà obbligatoria alla sentenza di condanna.
Occorrerà verificare se tale sanzione che, alla luce della giurisprudenza della Corte Edu, assume i connotati della pena, possa dirsi conforme alla Cedu.
Anche se la Corte di Strasburgo riconosce un margine di apprezzamento riservato agli Stati alla luce della Convenzione quanto alla regolamentazione del diritto di proprietà nel rispetto dell'interesse pubblico, vaglia se le autorità giudiziarie abbiano o meno tracimato rispetto al principio di proporzionalità che deve sovrintendere l'azione pubblica (Corte Edu, 27 novembre 2014, A.C. contro Francia).

La determinazione o la direzione di esercizio arbitrario della professione - L'ultimo capoverso dell'articolo 12, comma 1, della legge Lorenzin prevede che si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 15.000 a 75.000 euro nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di esercizio abusivo della professione ovvero ha diretto l'attività delle persone che sono concorse nel medesimo reato.
Anche dopo l'interpolazione normativa, continuerà a rispondere a titolo di concorso il professionista abilitato che consenta o agevoli lo svolgimento di attività professionale da parte di soggetto non autorizzato (sezione Sesta, n. 23014 del 2016, n. 22534 del 2015). Ad esempio, risponde di concorso in esercizio abusivo della professione medica, il direttore sanitario di un ambulatorio odontoiatrico che abbia consentito a un soggetto non abilitato di eseguire un intervento su di un paziente in assenza di riscontri circa l'estrema urgenza e indifferibilità dell'intervento medesimo, essendosi, di contro, accertato che, nell'assenza del titolare, oltre al paziente in discussione, altri pazienti si trovano simultaneamente in attesa nello studio dentistico, uno dei quali era lì giunto per via di un appuntamento concordato direttamente con il laureando coimputato (sezione Sesta, n. 48948 del 2016).

Per applicare la nuova ipotesi descritta dalla legge n. 3 del 2018, rispetto alla condotta agevolativa del concorso occorre pertanto un quid pluris: la “determinazione” o la “direzione” dell'attività concorsuale, che giustificherebbe l'aumento di pena.
In verità, l'attività di aver determinato il proposito criminoso altrui a commettere del delitto di esercizio abusivo della professione entra già nell'ambito della punibilità dell'articolo 110 del Cp a titolo di concorso morale, per cui non sembra giustificabile tale inasprimento sanzionatorio e conseguente differenziazione di taluni contributi concorsuali (e non di altri) rispetto all'ipotesi base.
Anche l'attività di direzione delle persone che sono concorse dell'esercizio abusivo della professione apre verso il superamento del sistema unitario di punibilità del concorso di persone nel reato (senza distinguere i ruoli e il contributo dei concorrenti nel reato, e conseguente trattamento unitario sanzionatorio) e apertura verso il modello differenziato.
Viene, in definitiva, introdotta una ipotesi speciale di contributo concorsuale (quello della direzione) nelle forme di reato eventualmente plurisoggettive per raggiungere ancora una volta l'obiettivo di inasprimento sanzionatorio perseguito dalla legge Lorenzin.
In ogni caso sarà difficile distinguere (e provare) che l'attività dell'agente si sia limitata ad agevolare il reato (che rimane nel perimetro punitivo del primo comma dell'articolo 348 del Cp, a titolo di concorso di persone) o che, invece, abbia determinato o diretto altri nella commissione dell'esercizio abusivo della professione.

Omicidio e lesioni colpose aggravati - I commi due e tre dell'articolo 12 della legge n. 3 del 2018 hanno previsto delle ipotesi aggravate dei delitti di omicidio e lesioni colpose in presenza di elemento specializzante: che i fatti commessi nell'esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un'arte sanitaria. In tali casi l'omicidio colposo verrà punito con la reclusione da tre a dieci anni, le lesioni gravi con pena detentiva da sei mesi a due anni e le lesioni gravissime da un anno e sei mesi a quattro anni.
Non rileva, in ambito sanitario, che l'evento si sia verificato a causa di imperizia e siano state rispettate dall'agente non abilitato all'arte sanitaria le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali (sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità). La causa di esclusione della punibilità contenuta nell'articolo 590-sexies del Cp, introdotta dalla legge 8 marzo 2017 n. 24, presuppone infatti che «i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria» (oltre che espressione di condotte governate dalla presenza di linee guida ufficiali, appropriate, pertinenti rispetto al caso concreto e disciplinate in quel contesto valutativo: sezione Quarta, n. 28187 del 2017).

Nella nuova ipotesi aggravata viene punito invece l'aver commesso il fatto nell'esercizio abusivo della professione (anche) medica. Ciò anche per tutelare l'interesse generale a che determinate professioni, richiedenti particolari requisiti di probità e competenza tecnica, vengano esercitate soltanto da chi, avendo conseguito una speciale abilitazione amministrativa, risulti in possesso delle qualità morali e culturali richieste dalla legge, senza che l'eventuale consenso del privato destinatario della prestazione professionale abusiva possa avere valore scriminante (trattandosi di beni giuridici – quali la vita e l'integrità fisica – indisponibili).

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