Casi pratici

Assicurazione sulla vita e investimento finanziario: boundary line

Contratti di assicurazione sulla vita quali strumenti finanziari

di Laura Biarella

la QUESTIONE
Quali sono gli obblighi informativi che gravano sul contraente che intende stipulare un'assicurazione sulla vita? Qual è la diligenza richiesta alla compagnia di assicurazione che promuove la stipula di assicurazioni sulla vita? Quando l'assicurato può considerarsi reticente? Quali sono le informazioni che le parti devono scambiarsi nella fase delle trattative? Quanto incide la denominazione del contratto sulla sostanza?


I contratti di assicurazione sulla vita tendono ad assomigliare sempre di più a veri e propri strumenti finanziari. Ne è prova anche la riforma del risparmio che ha introdotto l'art. 25 bis, in tema di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione, nella disciplina del Tuf, in seguito modificato dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 25.11.2019, n. 165. e la delibera Consob del 3 maggio 2007, n. 15915, che ha precisato che gli schemi di prospetto informativo elaborati per i prodotti finanziari assicurativi sono finalizzati a favorire la comprensione delle loro caratteristiche finanziarie, oltre a una maggiore fruibilità dell'informativa resa disponibile all'investitore non sofisticato in sede di offerta; e, a una più agevole comparazione, da parte dell'investitore, dei suddetti prodotti con altri aventi analoga funzione economica. L'assimilazione delle polizze vita agli strumenti finanziari ha reso ancora più evidente l'asimmetria informativa che intercorre tra il contraente e l'assicuratore già nella fase delle trattative. Infatti, la posizione del cliente è restata, per così dire, ancorata alle tradizionali fattispecie delle dichiarazioni inesatte o reticenti, disciplinate dagli artt. 1892 e 1893 del c.c.; mentre per l'assicuratore, invece, è necessario prendere in considerazioni le disposizioni in materia di tutela del risparmio, nonché i regolamenti Isvap. Secondo il Tribunale di Rimini (7 febbraio 2020, n. 117), costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, in quanto di natura strettamente interpretativa, la riconduzione nella categoria contrattuale dell'intermediazione finanziaria, piuttosto che in quella assicurativa, di un'operazione negoziale complessa (assicurazione sulla vita con premio investito mediante una società fiduciaria in prodotti finanziari), operata dal giudice del merito sul rilievo della mancanza della garanzia della conservazione del capitale alla scadenza concordata tra le parti. La qualificazione in termini di prodotti assicurativi o finanziari dipende dalla traslazione del rischio in capo al cliente; solo i prodotti che garantiscono la restituzione del capitale investito possono considerarsi, al di là del nomen juris, prodotti assicurativi. Solo in tal caso, infatti, può dirsi che vi sia in capo all'assicuratore l'assunzione del c.d. rischio demografico, ossia l'assunzione del rischio che allo scadere del contratto il soggetto sia ancora in vita o meno. Nel caso, invece, in cui non vi è garanzia contrattuale circa la restituzione del tantundem versato a titolo di premio assicurativo al momento della stipula del contratto l'alea viene traslata in capo al solo cliente, il quale non sa se al momento del verificarsi dell'evento dedotto in contratto potrà contare sul ritorno dell'investimento fatto.

Le polizze vita
I prodotti assicurativi a elevato contenuto finanziario hanno conosciuto negli ultimi anni una notevole espansione. Nate come semplici polizze vita si sono via via evolute in strumenti finanziari di raccolta e gestione del risparmio differenziandosi dalle tradizionali polizze vita, in cui sia il premio che il risarcimento sono predeterminati o determinabili in base a calcoli da effettuarsi su valori conosciuti dalle parti al momento della stipula del contratto.
La struttura di questi prodotti porta a collocarli più tra gli strumenti finanziari che non tra quelli assicurativi ponendosi piuttosto, come specifica la Consob, in aperta concorrenza con le forme tradizionali di raccolta e gestione del risparmio. Il collegamento delle prestazioni rese al cliente a parametri finanziari (nel caso delle polizze index linked) o a valori mobiliari (nel caso delle polizze unit linked) caratterizzano quindi le polizze in oggetto come dei veri e propri strumenti di investimento. Le prestazioni erogate dalla compagnia di assicurazione sono indipendenti, nelle polizze indicizzate, dalle variazioni del parametro finanziario di riferimento. Le polizze unit linked sono uno strumento finanziario ibrido in quanto riuniscono le caratteristiche proprie del prodotto assicurativo e della partecipazione a un fondo di investimento. In particolare, come rilevato dalla Consob «le polizze assicurative index linked si sostanziano in forme di investimento del tutto omogenee sotto il profilo economico alle obbligazioni strutturate bancarie», con rendimenti parametrati a indici o panieri di strumenti finanziari, mentre quelle unit linked «si pongono in diretta competizione con i fondi comuni d'investimento". Tuttavia, nonostante la connotazione finanziaria, tali strumenti usufruiscono «di un regime normativo speciale e di particolare favore» rendendosi inapplicabili ai prodotti assicurativi quelle disposizioni del Testo Unico della finanza che prevedono nella fase di vendita e collocamento l'adempimento di tutta «una serie di obblighi informativi e di regole di condotta, stabiliti in via generale per l'attività di raccolta del risparmio presso il pubblico e di prestazione dei servizi di investimento».

L'intervento della Corte di Giustizia
Il consumatore che sottoscrive una polizza assicurativa unit-linked vanta il diritto di ricevere preventivamente le informazioni sul sottostante, in specie se questo risulta costituito da prodotti di investimento altamente volatili. La Corte di giustizia dell'Ue, con la sentenza del 24 febbraio 2022, nelle cause riunite C-143/20 A e C-213/20 A, ha esaminato la tematica delle polizze "composite", per sottolineare i doveri di informativa che tali prodotti, in quanto pur latamente assicurativi, comportano. La vicenda era stata in prima battuta esaminata dal Tribunale circondariale polacco di Varsavia-Wola dopo che un gruppo di cittadini, rimasto all'asciutto dalla volatilizzazione dei derivati della polizza-investimento, aveva richiesto copiosi annullamenti contrattuali, come anche la restituzione dei relativi premi versati. Il quesito pregiudiziale per la Corte del Lussemburgo era quindi relativo alla portata dell'obbligo di informazione precontrattuale contemplato dalla direttiva sull'assicurazione sulla vita in favore del contraente di un contratto di assicurazione sulla vita, e gli effetti della mancata comunicazione di tale informazione completa. I premi pagati erano stati convertiti in quote di un fondo di investimento e, in seguito, investiti in strumenti finanziari da cui dipendeva il valore di tali quote, le quali costituivano le «attività di contropartita» dei contratti «unit-linked» Per i giudici della Corte Ue, non risulta importante la forma (una trattativa precontrattuale vere e propria, o altro) quanto la sostanza di rappresentare informazioni da cui può maturare il consenso o meno del consumatore. Per l'effetto, in termini civilistici, la conoscenza sufficientemente dettagliata dei rischi specifici legati ai prodotti derivati diventa un elemento essenziale nella formazione del consenso da parte del contraente "debole". Trattandosi di un rapporto contrattuale, come specifica la stessa Corte di giustizia europea nei consideranda preliminari, spetta all'impresa assicuratrice fornire tutte le informazioni necessarie a una coerente formazione del consenso. In merito alle conseguenze di siffatte violazioni, la Corte si rimette agli ordinamenti nazionali, non rinvenendo nelle regole europee un generale automatismo che faccia scattare la nullità-restituzione nelle fattispecie in questione, che tuttavia possono integrare «omissioni ingannevoli». Con riferimento agli ordinamenti nazionali, chiamati in causa dai giudici del Lussemburgo, sia la Cassazione (sentenze 6061/12 e 8412/15) che la Corte d'Appello di Milano (220/16) hanno evidenziato che il capitale iniziale può determinare incrementi o decrementi per effetto della sua gestione, tuttavia il prodotto linked mantiene la sua natura assicurativa, assolvendo le finalità previdenziali perseguite dal beneficiario della polizza, qualora garantisca alla scadenza la conservazione "almeno in parte" del capitale iniziale.

Gli strumenti di tutela a fronte dell'inadempimento agli obblighi informativi a carico dell'assicuratore
Per quanto concerne la tutela del cliente a fronte degli inadempimenti dell'assicuratore rispetto agli obblighi normativamente previsti, tra le prime soluzioni proposte vi era l'annullabilità del contratto per vizio del consenso, in ragione del nesso tra l'obbligo di informazione e la formazione di un consenso consapevole e ponderato. Si configurava, quindi, un'ipotesi di dolo omissivo che dava diritto all'annullabilità del contratto e al risarcimento del danno (si trattava di dolo determinante, e solo al risarcimento del danno nel caso di dolo incidente). Un'altra soluzione proposta, invece, era quella della risoluzione del contratto per inadempimento degli obblighi di informativa precontrattuale. In altri casi, ancora, la fattispecie è stata inquadrata nell'ambito della nullità. La soluzione che appare preferibile, tuttavia, è rappresentata dal rimedio dell'annullabilità per dolo omissivo e conseguente risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale. Del resto, siffatta impostazione è speculare alla soluzione che lo stesso Codice civile prevede nel caso di dichiarazioni reticenti o inesatte del contraente.

La responsabilità precontrattuale
Per quanto concerne la responsabilità dell'assicuratore, in ragione dell'assimilazione delle polizze vita ai prodotti finanziari, è possibile prendere in considerazione le pronunce intervenute in materia di responsabilità precontrattuale e contrattuale degli intermediari finanziari a seguito della violazione della disciplina dettata dal Tuf e dai Regolamenti Consob. Ovviamente, bisognerà far riferimento anche alle violazioni delle disposizioni del Codice delle assicurazioni e ai regolamenti Isvap. Per quest'ultimo profilo, quindi, si segnala la sentenza n. 26725 che la Corte di Cassazione ha pronunciato a Sezioni Unite il 19 dicembre 2007, con la quale si è stabilito che la violazione degli obblighi di informazione e di corretta esecuzione del contratto non determinano la nullità dell'accordo intercorso, dando luogo, invece, alla risoluzione del contratto per inadempimento o alla responsabilità precontrattuale. In definitiva, alla fattispecie risultano applicabili gli orientamenti che sono stati espressi dalla giurisprudenza in materia di intermediazione finanziaria; le Sezioni Unite hanno precisato che la violazione dei doveri d'informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d'investimento finanziario (nella specie, dunque, anche dei servizi di investimento assicurativo, tra i quali rientrano le polizze vita) può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tali violazioni avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d'intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti; può invece dar luogo a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d'investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d'intermediazione finanziaria in questione. In nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione dei suaccennati doveri di comportamento può però determinare la nullità del contratto d'intermediazione, o dei singoli atti negoziali conseguenti, a norma dell'art. 1418 comma 1, c.c. Il Tribunale di Bologna (Sez. IV, 25 maggio 2015, n. 1733) ha chiarito che la polizza vita "Index-Linked" collegata al valore di un fondo azionario, correlato all'andamento di un paniere interamente composto da titoli azionari, costituisce a tutti gli effetti un prodotto finanziario, poiché le prestazioni della compagnia non sono legate all'evento vita/morte dell'assicurato, ma al valore di strumenti finanziari assunti come riferimento, sebbene la polizza assicurativa sulla vita rientra per espressa previsione di legge tra gli strumenti finanziari soggetti alle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria solo a seguito della modifica introdotta all'art. 1, D.Lgs. n. 58 del 1998 dall'art. 3, D.Lgs. n. 303 del 2006. Per mezzo di tale strumento, in particolare, il cliente investe un capitale iniziale e alla data di scadenza la compagnia eroga un capitale la cui entità varia a seconda della permanenza in vita o del decesso dell'assicurato, senza alcuna garanzia di conservazione del capitale iniziale nel caso di permanenza in vita, ma pur sempre in correlazione al valore delle quote del fondo, secondo i parametri di calcolo descritti nelle condizioni di assicurazione. Trattandosi, dunque, di uno strumento finanziario, l'intermediario è tenuto alla osservanza delle norme imposte dal D.Lgs. n. 58 citato e relative norme di attuazione Consob in materia di intermediazione finanziaria e, più in generale, ad osservare gli ordinari canoni di buona fede e correttezza anche in fase di trattative contrattuali. In relazione al caso concreto, tuttavia, deve rilevarsi che la struttura del prodotto, come sommariamente delineata, così come i correlati rischi di investimento, emergono dalla documentazione prodotta, consegnata e sottoscritta dall'attrice, con adeguata chiarezza ed idonea intellegibilità all'uomo di ordinaria diligenza ed avvedutezza, di talché non può essere accolta la domanda attorea, volta unicamente al risarcimento del danno per pretesa responsabilità precontrattuale/contrattuale o extracontrattuale dell'intermediario.

Azione di annullamento per dichiarazioni inesatte o reticenti
La necessaria subordinazione dell'azione di annullamento per dichiarazioni inesatte o reticenti dell'assicurato all'accertamento del dolo o della colpa grave di questo e il riconoscimento della facoltà di recesso a favore dell'assicuratore quando, pur risultando l'inesattezza o la reticenza delle dichiarazioni, comune elemento materiale, manchi la prova di un comportamento callido o gravemente negligente dell'assicurato, pongono le azioni di annullamento e di recesso, anche in considerazione degli effetti assorbenti della prima di un rapporto di alternatività e di subordinazione onde, malgrado il rispettivo fondamento riposi su una premessa diversa e inconciliabile, nulla si oppone concettualmente alla possibilità che la parte interessata manifesti, in via stragiudiziale, il proposito di volersi avvalere dell'azione meno favorevole, nella previsione di non potere, per qualsiasi motivo, agire giudizialmente con l'altra di contenuto più ampio. Nel contratto di assicurazione, la dichiarazione che l'assicurando deve rendere prima della stipulazione, in ordine a tutte le circostanze che possono influire sul rischio, ha valore essenziale, in quanto la conclusione del contratto o, in ogni caso, la determinazione del premio sono in funzione della valutazione del rischio e la corrispondenza del rischio reale al rischio rappresentato è presupposto di validità del negozio; pertanto, deve escludersi che l'indicazione nella polizza dei contratti precedenti, in quanto priva di qualsiasi riferimento a denuncia di malattia o sovrapremio, possa sostituire l'obbligo della dichiarazione esatta e completa, che all'assicurato incombe quale onere imposto dalla legge per l'acquisto e la conservazione del diritto e, tanto meno, far sorgere nell'assicuratore l'obbligo di consultare presso altri assicuratori le polizze già concluse dall'assicurando.
Le dichiarazioni inesatte o reticenti di cui agli artt. 1892 e 1893 c.c. sono le dichiarazioni rese al momento del contratto di assicurazione che impediscono all'assicuratore di valutare le circostanze influenti sul verificarsi dell'evento dannoso assicurato, aumentandone o riducendone l'alea, con conseguente riflesso sul consenso dell'assicuratore o sulle condizioni contrattuali: in quanto tali, esse non incidono sull'oggetto del rischio assicurato, che rimane tale anche in presenza di dichiarazioni inesatte o reticenti, ma toccano il quadro circostanziale nel quale l'assicuratore ha assunto a suo carico il rischio stesso.
A fronte di dichiarazioni inesatte o reticenti dell'assicurato, l'azione di annullamento del contratto di assicurazione è esperibile soltanto quando l'inesattezza o reticenza siano state rilevanti ai fini della formazione del consenso dell'assicuratore e l'assicurato abbia reso la dichiarazione con dolo o colpa grave; l'onere di provare i presupposti dell'azione di annullamento incombe all'assicuratore.
L'onere imposto dall'art. 1892 c.c. all'assicurazione di manifestare la propria volontà di esercitare l'azione di annullamento del contratto, per le dichiarazioni inesatte o reticenti dell'assicurato, non sussiste quando il sinistro, per cui viene chiesto l'indennizzo, si verifichi prima che l'assicuratore sappia di tali inesattezze e reticenze. In tali casi, per sottrarsi al pagamento dell'indennizzo, è sufficiente che l'assicuratore invochi, anche mediante eccezione, la violazione dolosa o colposa dell'obbligo posto a carico dell'assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio. L'azione di annullamento del contratto di assicurazione prevista dall'art. 1892 c.c. richiede il simultaneo concorso dei seguenti elementi: che la dichiarazione sia inesatta o reticente; che l'inesattezza o la reticenza siano state rilevanti ai fini della formazione del consenso dell'assicuratore; che l'assicurato abbia reso la dichiarazione con dolo o colpa grave. Pertanto, ai fini dell'annullamento del contratto non è sufficiente qualsiasi inesattezza o reticenza dell'assicurato, ma occorre che le dichiarazioni non veritiere o la reticenza abbiano avuto un'effettiva influenza sul rischio assicurato così da incidere sul consenso dell'assicuratore.
Il dolo dell'assicurato, il quale rappresenti un rischio diverso da quello reale mediante dichiarazioni inesatte o reticenti, non richiede veri e propri artifici; è sufficiente, invece, la coscienza e la volontà di dire il falso o di tacere il vero nel rendere una dichiarazione che, essendo idonea ad alterare la coincidenza tra rischio rappresentato e rischio reale, impedisce all'assicuratore di identificare la vera entità del rischio garantito, inducendolo in errore su un presupposto essenziale del consenso. Il dolo e la colpa grave dell'assicurato implicano che esso non solo sia a conoscenza delle circostanze taciute o inesattamente espresse, ma che sia inoltre consapevole del loro valore determinante sul consenso dell'assicuratore. L'onere di provare gli elementi dell'azione di annullamento fa carico all'assicuratore, il quale è, pertanto, tenuto a dimostrare anche la consapevolezza, da parte dell'assicurato, del valore determinante della dichiarazione inesatta o reticente sul proprio consenso e vi può adempiere con ogni mezzo, non escluse le presunzioni.

Violazione dei doveri di informazione nella fase precontrattuale o di esecuzione del contratto
La violazione dei doveri d'informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d'investimento finanziario (nella specie, dunque, anche dei servizi di investimento assicurativo, tra i quali rientrano le polizze vita) può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tali violazioni avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d'intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti; può invece dar luogo a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d'investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d'intermediazione finanziaria in questione. In nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione dei sopra accennati doveri di comportamento può però determinare la nullità del contratto d'intermediazione, o dei singoli atti negoziali conseguenti, a norma dell'art. 1418 comma 1, c.c.

Questione di denominazione o qualificazione?
Un contratto bancario formalmente denominato "assicurazione sulla vita" può presentare finalità di investimento ove le parti abbiano raggiunto l'accordo sulla sostanza del negozio. La Corte di Cassazione (ordinanza n. 9446/2022), ha esaminato la vicenda relativa alla stipula, tra un soggetto e una società bancaria, di un contratto formalmente qualificato come "assicurazione sulla vita". Tale contratto prevedeva che il premio versato dal contraente fosse investito in fondi speculativi e non era previsto un rendimento minimo e non comportava la garanzia di restituzione almeno del capitale investito. Il premio versato dal contraente era stato indirizzato presso due fondi di investimento divenuti illiquidi. Nel 2008, quando l'attore ha esercitato il diritto di riscatto, riceveva la restituzione di una somma di molto inferiore rispetto a quella investita. Pertanto, l'investitore chiedeva alla giustizia che fosse dichiarato nullo il contratto per violazione della disciplina sugli obblighi informativi precontrattuali e gli obblighi di diligenza gravanti sugli intermediari. Nei due gradi di merito la richiesta veniva respinta. L'investitore si è rivolto alla Corte di Cassazione, evidenziando di avere stipulato un contratto formalmente qualificato "assicurazione", bensì che in verità costituiva un vero e proprio contratto di investimento e ritenendo pertanto che tale circostanza rendesse il contratto nullo. Per i Supremi giudici, al contrario rispetto alla tesi difensiva esposta, un contratto di investimento è valido e lecito e non diventa nullo solo perché le parti lo abbiano qualificato "assicurazione sulla vita", a condizione naturalmente che non siano state violate altre norme sostanziali. Pertanto, la circostanza che le parti abbiano definito "assicurazione sulla vita" un contratto che tale non era, non rende di per sé nullo il negozio, qualora lo stesso non collida con norme imperative, ovvero se l'erroneità della qualificazione formale non abbia tratto in inganno le parti. Tuttavia, non era questo il caso, in quanto l'attore conosceva cosa si celasse dietro il contratto di assicurazione e, pertanto, anche la Cassazione non ne ha condiviso le doglianze.

Le dichiarazioni inesatte o reticenti del contraente
Il contraente che intende stipulare un contratto di assicurazione sulla vita è obbligato a fornire all'assicurazione dichiarazioni esatte e complete relative all'evento che intende assicurare. Lo scopo è quello di rendere l'assicuratore perfettamente edotto del rischio che va ad assumere. Pertanto, a fronte di dichiarazioni inesatte o reticenti dell'assicurato su circostanze relative alla valutazione del rischio, che siano ascrivibili al deliberato proposito di trarre in inganno l'assicuratore (pur senza la ricorrenza di veri e propri raggiri), ovvero a colpa di grave intensità (da valutarsi alla stregua dell'obbligo di fornire con diligenza e lealtà le informazioni inerenti all'identificazione di detto rischio), l'art. 1892 c.c., nel concorso dell'ulteriore requisito della rilevanza delle dichiarazioni medesime sulla formazione del consenso dell'assicuratore (che conoscendo la verità non avrebbe stipulato o avrebbe stipulato a condizioni diverse), conferisce all'assicuratore stesso sia il rimedio dell'impugnazione del contratto, previa manifestazione di una volontà in tal senso nel termine di decadenza di tre mesi dalla conoscenza di quel comportamento doloso o gravemente colposo, sia il rimedio, qualora l'evento si verifichi prima della scadenza di detto termine trimestrale, o a maggior ragione prima dell'inizio del suo decorso, di rifiutare il pagamento dell'indennizzo eccependo la causa di annullamento del contratto, mentre resta ininfluente, anche per quanto riguarda l'esperibilità dell'uno o dell'altro dei predetti rimedi, ogni questione sulla qualificabilità delle circostanze taciute o inesattamente dichiarate come cause o concause.

Valutazione dell'elemento soggettivo
L'art. 1892, dunque, considera annullabile il contratto stipulato in virtù di informazioni inesatte o reticenti fornite dolosamente o con colpa grave dal contraente, laddove si provi che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe prestato alle medesime condizioni, se avesse conosciuto le informazioni esatte. Tuttavia, affinché un contratto di assicurazione possa ritenersi annullabile a norma dell'art. 1892 c.c. non è sufficiente qualsiasi inesattezza o reticenza dell'assicurato circa i dati che lo riguardano, richiedendosi che le dichiarazioni non veritiere o la reticenza abbiano, secondo l'apprezzamento riservato al giudice di merito, un'effettiva influenza sul rischio assicurato, cosicché possano essere considerate avere inciso sul consenso dell'assicuratore.
Se, invece, le dichiarazioni inesatte o reticenti sono state fornite senza colpa grave, l'art. 1893 c.c., a tutela dell'assicuratore, prevede la facoltà di recesso da esercitarsi entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o dell'informazione. Secondo la giurisprudenza, mentre presupposto dell'applicazione della norma dell'art. 1892 c.c. è che le inesattezze e le reticenze siano state determinate da dolo o colpa, presupposto invece per l'applicabilità dell'altra norma dell'art. 1893 c.c. anche nella parte in cui è regolata la riduzione proporzionale dell'indennità è che difetti sia il dolo che la colpa grave. L'onere di provare che le circostanze taciute o inesattamente dichiarate sono state rilevanti nella conclusione del contratto spetta all'assicuratore, mentre è a carico dell'assicurato la prova che l'assicuratore, pur in presenza di sue dichiarazioni inesatte e reticenti, conoscesse la reale situazione del bene assicurato, l'effettiva entità del rischio cui esso era esposto. Inoltre, la predisposizione di un questionario da parte dell'assicuratore, benché non abbia la funzione di tipizzare le possibili cause di annullamento del contratto di assicurazione per dichiarazioni inesatte o reticenti, evidenzia tuttavia l'intenzione dell'assicurato di annettere particolare importanza a determinati requisiti e richiama l'attenzione del contraente a fornire risposte complete e veritiere sui quesiti medesimi e, quindi, dev'essere valutata dal giudice in sede di indagine sul carattere determinante, per la formazione del consenso, dell'inesattezza o della reticenza. Il Tribunale di Cosenza (Sezione I Civile, 23 febbraio 2021, n. 455) in merito alla polizza assicurativa stipulata a protezione del rischio morte, ha chiarito che la violazione dell'obbligo imposto all'assicurato dall'art. 1892, 2 comma, c.c., con conseguente esclusione dell'operatività della polizza, è invocabile anche in via di eccezione, onde resistere alla domanda di adempimento dell'obbligazione assicurativa, allorché il sinistro si verifichi prima che l'assicuratore venga a conoscenza della inesattezza o reticenza delle dichiarazioni ed implica la concorrenza di tre condizioni: la rappresentazione del rischio da parte dell'assicurato al momento della stipula del contratto deve risultare inesatta o reticente; essa deve essere stata resa con dolo o colpa grave; essa deve essere stata determinante nella formazione del consenso dell'assicuratore.

Considerazioni conclusive
La tutela dell'assicuratore nel caso di dichiarazioni inesatte o reticenti resta affidata alle disposizioni degli artt. 1892 e 1893 c.c. Diversamente, laddove si tratti di tutela del cliente, anche alla luce delle modifiche alle Tuf e al Tub, l'assimilazione del prodotti assicurativi - specialmente di quelli appartenenti al ramo vita - ai prodotti finanziari, ha determinato l'estensione degli obblighi di valutazione dell'adeguatezza e dell'appropriatezza del prodotto anche in tale ambito. L'inadempimento agli obblighi imposti dalla disciplina di settore, nella specie rappresentata dal Codice delle assicurazioni e dai regolamenti Isvap, aprirà la strada al rimedio della risoluzione del contratto, laddove si tratti di inadempimenti idonei a incidere in maniera significativa sull'equilibrio funzionale del contratto; mentre, laddove si ravvisino ipotesi di mala fede nelle trattative, rappresentate anche da falsa rappresentazione della realtà in ordine alle caratteristiche del prodotto assicurativo, si potrà ricorrere all'applicazione dell'art. 1337 c.c. In particolare, in materia assicurativa, all'atto della stipulazione di una polizza vita l'assicurato ha l'onere di riferire all'assicuratore l'eventuale sussistenza di circostanze ovvero particolari ricorrenze patologiche che possano incidere ed influenzare il rischio assicurato, concretando a contrario ipotesi di reticenza o dichiarazioni inesatte sanzionate con l'annullabilità del contratto stesso, previa verifica dell'elemento soggettivo che in ispecie è soddisfatto dalla sussistenza di coscienza e volontà da parte del soggetto agente al momento in cui ha reso tale dichiarazioni (Cassazione Civ., Sez. III, Ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24563).

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