Civile

La Circolare del ministero Lavoro sul Runts e il "tentativo" di esclusione dei trusts dagli enti del Terzo settore

Nella Circolare del Ministero una vera e propria interpretazione c.d. "ufficiale e restrittiva" dell'art. 4, comma 1° del Codice del Terzo settore

di Nunzio Dario Latrofa*

La circolare n. 9 del 21 aprile 2022 , emanata dal Ministero del lavoro, quale norma secondaria atta a regolamentare la trasmigrazione dei dati delle ODV e delle APS, iscritte ai registri delle Regioni e Province autonome, al RUNTS (registro unico nazionale del Terzo settore), ha fornito alcuni chiarimenti utili a creare una prassi uniforme per tutto il territorio nazionale.

La circolare in parola, purtuttavia, fornendo una singolare interpretazione dell'art. 4 del Codice del Terzo settore (CTS), si sofferma anche sul tema del trust e, considerandolo un caso particolare, conclude ritenendo che detto strumento giuridico non possa rientrare tra gli enti del Terzo settore, perché mancherebbe di personalità giuridica.

Il ragionamento effettuato dal Ministero del lavoro si fonda su argomentazioni non condivisibili che tengono conto della soggettivazione del trust ai fini tributari, riconducibile alla modifica dell'art. 73 del TUIR attuata dal legislatore nel 2006 e delle conclusioni a cui era giunta la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 38/E del 1° agosto 2011. Documento di prassi che, proprio sulla base della sussistenza della soggettività tributaria dei trusts, ne ammetteva la loro iscrivibilità nell'anagrafe ONLUS. Principio sostenuto anche dall'atto di indirizzo dell'Agenzia per il Terzo settore del 25 maggio 2011.

La tesi proposta dalla circolare in commento, pertanto, fonda la dimostrazione del proprio teorema su due capisaldi. Il primo è che l'articolo 4, comma 1° del d.lgs. n.117/2017, che definisce il perimetro del Terzo settore, indicherebbe solo in via residuale i cd. ETS atipici ricompresi nella formulazione "gli altri enti di carattere privato diversi dalle società"; il secondo argomento proposto è che la normativa del Terzo settore è normativa nuova e non può tener conto di quanto in precedenza deciso dall'Agenzia delle entrate, traendo detto codice le mosse da una disposizione civilistica. Secondo questa impostazione, la soggettività tributaria a cui faceva riferimento la precedente posizione espressa dall'Agenzia delle entrate non sarebbe un argomento dirimente in quanto maturata in un contesto regolatorio di matrice squisitamente fiscale.

La circolare - preso atto che la giurisprudenza di legittimità ai fini civilistici, considera il trust un mero rapporto giuridico e non lo entifica - giunge a ritenere che non sia possibile ricondurlo tra gli enti individuabili dall'articolo 4, comma 1° del Codice.

In definitiva, il Ministero del lavoro, con un documento con il quale doveva disciplinare solo forme tecniche per la trasmigrazione dei dati delle ODV e delle APS, iscritte ai registri delle Regioni e Province autonome al RUNTS, ha effettuato una vera e propria interpretazione c.d. "ufficiale e restrittiva" dell'art. 4, comma 1° del Codice del Terzo settore.

C'è da chiedersi allora se questo modus operandi del Ministero del lavoro sia corretto o al contrario abbia violato il principio di gerarchia delle fonti del diritto (cfr. art. 12 delle Preleggi al codice civile) ovvero si sia tradotto in una vera e propria antinomia.

Stante la non chiara formulazione dell'art. 4, comma 1° del Codice del Terzo settore, per chiarire il vero intento del legislatore, ovvero se intendesse ricomprendere o meno i trusts tra "gli altri enti di carattere privato diversi dalle società", occorre verificare se vi sono elementi utili ad effettuare la c.d. interpretazione logica.

L'analisi fa emergere due fatti storici del tutto dirimenti ai fini della nostra analisi.

Il primo vede come protagonista la VI Commissione permanente del Senato, che il 14 giugno 2017 nello schema di osservazioni da proporre al Governo, così si espresse in merito alla mancata inclusione dei trust tra gli enti del terzo settore: "La Commissione Finanze e tesoro esaminato il provvedimento in titolo, esprime osservazioni favorevoli, invitando la Commissione di merito, in considerazione della possibilità per i trust non commerciali di acquisire la qualifica di ONLUS, a valutare l'inserimento all'art. 4, comma 1, del trust nell'elenco degli enti del Terzo settore. Invita di conseguenza a valutare l'integrazione del Titolo V, Capo III, con specifiche disposizioni volte alla definizione dei trust del Terzo settore quali enti privati costituiti senza fini di lucro per il perseguimento in via esclusiva o principale di una o più delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale di cui all'art. 5 ...".

Il secondo coinvolge la VI Commissione Permanente (Bilancio, tesoro, programmazione) presso la Camera dei deputati che il 22 giugno 2017, prima dell'emanazione del D.Lgs. n. 117/2017 definitivo, propose le seguenti modifiche al testo di legge in discussione:
" a) con riferimento all'art. 4, comma 1° dello schema di decreto, si rileva la necessità di prevedere l'inserimento della formula già utilizzata all'art. 10 del D.Lgs. n. 460 del 1997 per le ONLUS, al fine di consentire ai Trust (costituiti in forma di ONLUS), ove rispondano ai requisiti introdotti dallo schema in esame, di iscriversi nel Registro unico. In considerazione di quanto sopra si rileva come nella richiamata norma occorra sostituire le parole: "ed ogni altro ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione" con le parole: "le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società"...".

Appare chiaro, pertanto, che il legislatore ha seguito le indicazioni delle citate Commissioni di Camera e Senato e conseguentemente ha modificato il testo di legge, successivamente approvato, disponendo l'inserimento nel citato art. 4, comma 1° degli "altri enti gli altri enti di carattere privato diversi dalle società", sì da ricomprendere in modo definitivo i trusts tra gli enti del Terzo settore.

Le argomentazioni portate dalla circolare del Ministero del lavoro, alla luce della proposta esegesi della norma, appaiono in netto contrasto con la voluntas legis, che non può essere messa in discussione da una fonte del diritto del tutto secondaria.

Per altro verso, non possiamo non criticare anche il fatto che la circolare in oggetto considera ancora il trust come un "caso particolare", quasi a volerlo relegare in un angolo del diritto, non tenendo conto che si tratta di strumento giuridico che opera in Italia per effetto di una legge di ratifica ed esecuzione di una Convenzione internazionale (L.16 ottobre 1989, n. 364), entrata in vigore esattamente da 30 anni; non tenendo conto che la Corte di cassazione, in diverse occasioni, ha sottolineato che il trust è orami un istituto "tipico" del nostro ordinamento (tra le tante vedasi Cass. 12 settembre 2019, n. 22758 e Cass., 21 giugno 2019, n. 16705) e che per la sua applicazione non necessita neanche della verifica di meritevolezza (Cass., 19 aprile 2018, n. 9637 e Cass., 12 settembre 2019, n. 22756).

Le considerazioni svolte portano a ritenere che non vi è dubbio alcuno che i trusts vadano ricompresi tra gli enti del Terzo settore, e se l'orientamento proposto dalla circolare in commento non muterà nel breve, porterà a un inevitabile e inutile contenzioso.

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*A cura dell'Avv. Nunzio Dario Latrofa, Business Partner 24ORE

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