Amministrativo

Picchettaggio davanti alla fabbrica, no al foglio di via senza condotte violente

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, sentenza 22 aprile 2022, n. 3108 con riferimento a un caso di blocco stradale

di Francesco Machina Grifeo

È illegittimo il foglio di via obbligatorio nei confronti di un lavoratore che ha preso parte attivamente alle manifestazioni sindacali attraverso il picchettaggio davanti ad uno stabilimento, senza specificare quali concrete condotte violente egli abbia posto in essere. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, 22 aprile 2022, n. 3108 (Pres. Corradino, Est. Noccelli).

La motivazione del provvedimento della questura di Modena, confermato dal Tar Bologna, si fondava sul fatto che il sindacato cui il ricorrente aderisce avrebbe indetto numerose manifestazioni non autorizzate davanti uno stabilimento industriale, nel corso delle quali i partecipanti avrebbero attuato un blocco di merci, ostacolando gli automezzi in entrata e in uscita con l'effetto di provocare il congestionamento del traffico. Non solo, nel corso delle manifestazioni, si sarebbe creato un clima di tensione con le forze di polizia, che in alcuni casi sarebbe sfociato in vera e propria violenza nei confronti delle stesse e in una delle quali il ricorrente avrebbe assunto un ruolo attivo nel picchetto che bloccava il traffico, esortando i manifestanti a «non mollare».

Per la III Sezione di Palazzo Spada, tuttavia, «la semplice presenza in un picchetto di molte persone finalizzato ad ostacolare gli automezzi in entrata o in uscita dallo stabilimento industriale, non connotata da elementi fattuali che consentano di rintracciare specifici e individuali condotte di violenza o minaccia da parte di un determinato soggetto, non può integrare da sola sintomo di pericolosità sociale a carico di questo, se non si vuole trasformare il diritto della prevenzione e, in particolare, il foglio di via obbligatorio in un surrettizio, indebito, strumento di repressione della libertà sindacale e del diritto di sciopero e, in ultima analisi, in una misura antidemocratica».

Né si colgono elementi di maggiore tassatività, sia sostanziale che processuale, nel riferimento, che si legge nel foglio di via, a precedenti denunce dell'appellante per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e violazione dell'art. 18 del T.U.L.P.S., secondo la mera e generica elencazione di tali denunce che si legge nel foglio stesso. D'altro canto, prosegue il ragionamento, le esigenze di segreto istruttorio, opposte dall'amministrazione nella relazione depositata nel primo grado del giudizio, non consentono di approfondire ulteriori profili fattuali che indichino una reale, concreta, individualizzata carica di pericolosità sociale, nell'odierno appellante, che travalichi la normale, e non di rado, concitata dialettica tra le parti in occasione di manifestazioni sindacali particolarmente accese.

Mentre, chiarisce il Collegio, per l'adozione del foglio di via obbligatorio sono richiesti elementi di fatto, attuali e concreti, in base ai quali può essere formulato un giudizio prognostico sulla probabilità che il soggetto commetta reati che offendono o mettono in pericolo la tranquillità e sicurezza pubblica, perché, diversamente, si finirebbe per fondare la misura sulla responsabilità collettiva per fatti addebitabili ad anonimi esponenti di un gruppo o, come nel caso di specie, di un movimento sindacale. Dunque, prosegue la decisione, assumono rilievo centrale, sul piano istruttorio e motivazionale, il profilo soggettivo, relativo alla "dedizione" del soggetto alla commissione di reati, e quello oggettivo, inerente alla attitudine offensiva dei medesimi reati nei confronti dei beni nominativamente individuati dal legislatore e cioè, per quanto di interesse, quelli della sicurezza e della tranquillità pubblica.

Il foglio di via obbligatorio, previsto dall'art. 2, d.lgs. n. 159 del 2011, spiega la decisione, è infatti diretto a prevenire reati socialmente pericolosi, non già a reprimerli, e pertanto, benché non occorra la prova della avvenuta commissione di reati, è richiesta dalla giurisprudenza amministrativa una motivata indicazione dei comportamenti e degli episodi, desunti dalla vita e dal contesto socio ambientale dell'interessato, da cui oggettivamente emerga una apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti e socialmente pericolose.

La misura preventiva dunque «si presenta, sul piano della sua tipizzazione normativa, fortemente caratterizzata in termini penalistici, nel senso che entrambi i predetti profili, soggettivo e oggettivo, devono essere ricostruiti, da un lato, attingendo al vissuto criminale del soggetto interessato (nei suoi risvolti pregressi ed in quelli prognostici) e, dall'altro lato, analizzando il potenziale offensivo insito nelle condotte criminose alle quali il medesimo risulti essere dedito, con una precisa direzionalità lesiva, quanto ai beni esposti a pregiudizio».

Mentre il provvedimento questorile non indicava «realmente, specificamente e sufficientemente le bper la sicurezza e la tranquillità pubblica con le quali l'appellante avrebbe esercitato il diritto di sciopero e/o manifestato il proprio pensiero, tale non potendo ritenersi la mera partecipazione al picchettaggio e la sua presenza ad alcune fasi concitate del conflitto sindacale, con la conseguenza violazione, nel caso di specie, dell'art. 1, comma 1, lett. c), del d. lgs. n. 159 del 2011». «Non va pertanto esente da censura - conclude Palazzo Spada - la sentenza impugnata laddove, identificando nella vicenda in esame un presunto "caso limite", ha genericamente mosso all'appellante l'addebito di usare le "maniere forti" e di essere, sulla base di questo indimostrato giudizio di valore, un soggetto socialmente pericoloso ai fini che qui rilevano».

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