Penale

Furto di elettricità, no ad aggravante per la destinazione del bene se è contestata l'esposizione alla fede pubblica

Le circostanze previste dall'articolo 625 non sono coincidenti e alternative per cui la condanna deve attenersi a quelle imputate

di Paola Rossi

Giudizio da rifare se l'imputato viene condannato per il furto di energia elettrica nella forma aggravata dalla destinazione del bene "energia" al pubblico servizio quando l'imputazione contemplava l'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede del contatore manomesso. La mancanza di coincidenza fatta rilevare dall'imputato, in sede di legittimità, determina la cassazione con rinvio della decisione impugnata senza che possa sopperire alcuna affermazione sull'equivalenza tra le due fattispecie. Che, appunto, non sussiste.

La Corte di cassazione con la sentenza n. 40896/2022, ha ritenuto illegittima la sentenza di condanna che applicava la maggior pena per un'aggravante diversa da quella contestata, anche se entrambe sono contemplate dalla stessa disposizione della norma penale.
Nel caso specifico si tratta delle aggravanti previste al n. 7) dell'articolo 625 del Codice penale.

Chiarisce la Cassazione che il n. 7 della norma elenca in concreto una serie di differenti ipotesi di aggravamento del reato e che il giudice di appello, se intende confermare la condanna dell'imputato per la fattispecie aggravata, non può introdurre a fondamento del rigetto dell'impugnazione una circostanza diversa da quella per cui vi è stato processo e condanna in primo grado.

In effetti, alla lamentela difensiva esposta in sede di appello, contro la riconosciuta aggravante dell'esposizione alla pubblica fede dell'elettricità rubata, il giudice dell'impugnazione ha dato riscontro positivo, ma ha confermato la sentenza aggiustando il tiro sull'aggravamento del reato: ritenendo che in realtà si trattasse del caso di "bene destinato a un pubblico servizio". Così determinando l'illegittimità della condanna confermata.

La norma
L'elenco contenuto nel n. 7) dell'articolo 625 del Codice penale prevede che il reato sia aggravato con pena fino 5 anni "se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza". Ecco, tale elenco non rende interscambiabili perché equivalenti tra loro le circostanze aggravanti elencate, che invece costituiscono autonome ipotesi.

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