Comunitario e Internazionale

Oneri documentali e regimi sanzionatori in materia di transfer pricing al vaglio della Corte di Giustizia Ue

L'obbligo di predisporre un set documentale inteso a dimostrare il rispetto del principio di libera concorrenza nell'ambito delle transazioni occorse con imprese associate non residenti, così come l'applicazione di sanzioni commisurate al reddito accertato in ipotesi di mancata predisposizione di detta documentazione, non costituiscono una limitazione alla libertà di stabilimento, prevista dall'articolo 49 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE)

di Valentina Stecca e Fabio Barca *

L'obbligo di predisporre un set documentale inteso a dimostrare il rispetto del principio di libera concorrenza nell'ambito delle transazioni occorse con imprese associate non residenti, così come l'applicazione di sanzioni commisurate al reddito accertato in ipotesi di mancata predisposizione di detta documentazione, non costituiscono una limitazione alla libertà di stabilimento, prevista dall'articolo 49 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE).

Questo il principio affermato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (di seguito, la "Corte") nel contesto della Causa C-431/21, avente ad oggetto una controversia fiscale in ambito di transfer pricing instauratasi tra l'amministrazione finanziaria tedesca e una limited partnership.

La causa verte sul regime sanzionatorio previsto dall'ordinamento tedesco in caso di inosservanza dell'obbligo di tenuta di adeguata documentazione sulle transazioni occorse con consociate non residenti; il paragrafo 90 (sub paragrafi 3 e 4) dell'Abgabenordung (ossia il Codice Fiscale tedesco) recita infatti che "If a taxpayer infringes his, her or its obligations (…) to submit records, or if the records submitted are fundamentally unusable (…) there shall be a rebuttable presumption that his, her or its taxable income in Germany, (…) is higher than the income which he, she or it has declared (…). If a taxpayer fails to submit records (…) or if the records submitted are essentially unusable, a surcharge of EUR 5.000 shall be imposed. The surcharge shall be at least 5% and at most 10% of the excess income resulting from the correction made pursuant to subparagraph 3 where, as a result of that correction, the surcharge exceeds EUR 5 000".

La controversia si innesta in particolare nell'ambito di una verifica condotta dalle autorità fiscali tedesche nell'ambito della quale veniva richiesto al contribuente (una limited partnership residente in Germania con socio olandese) di esibire il set documentale previsto dalla normativa interna in presenza di operazioni transfrontaliere occorse con consociate non residenti. Dopo aver giudicato inadatta ("insufficient") la documentazione prodotta dal contribuente, le autorità fiscali operavano, sulla base di proprie valutazioni, una rettifica in aumento del reddito imponibile, irrogando altresì una sanzione pari al 5% di detta rettifica.

Avverso tale operato, a seguito di impugnazione da parte del contribuente, l'autorità giudiziaria tedesca sollevava innanzi alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, circa la conformità tra gli oneri documentali e l'impianto sanzionatorio, previsti dall'ordinamento tedesco, e il principio di libertà di stabilimento dettato dall'articolo 49 del TFUE.

La Corte ha condiviso la posizione assunta dall'Amministrazione finanziaria tedesca, sia in punto di oneri documentali, sia sul piano delle sanzioni.

In primo luogo, secondo i giudici europei, l'interesse del legislatore tedesco di prevedere per le società residenti la produzione di una documentazione atta a dimostrare che le transazioni intercompany sono state concluse a condizioni di mercato, non è inteso a limitare la libertà d'insediamento di nuovi investitori residenti in altri paesi membri, ma consegue ad un imperativo di interesse pubblico, ovvero quello di preservare la ripartizione della potestà impositiva tra i vari stati membri dell'Unione Europea.

Sul piano delle sanzioni, invece, dopo aver puntualizzato che in mancanza di un'armonizzazione delle sanzioni a livello europeo un sistema sanzionatorio nazionale eccessivo potrebbe effettivamente costituire una limitazione alla libertà di stabilimento, la Corte ha ritenuto l'impianto sanzionatorio tedesco (i) idoneo a garantire il raggiungimento dell'obiettivo perseguito e (ii) proporzionato, in quanto la sanzione è commisurata all'entità della violazione commessa (con un massimo del 10%) ma può anche non essere applicata, se la violazione è scusabile o di irrilevante entità.

In Italia la predisposizione di un'idonea documentazione in materia di prezzi di trasferimento rappresenta una facoltà per le imprese residenti assoggettate a tale disciplina, ma consente di beneficiare della disapplicazione delle sanzioni in caso di rettifica in aumento del reddito (art. 1, co. 2 e 6, D. Lgs 471/97).

Al pari di quella tedesca, anche la disciplina italiana in materia di oneri documentali sarebbe suscettibile di violare il principio di libertà di stabilimento; la Corte osserva infatti che "the obligation to provide fiscal documentation covers cross-border business transactions carried out between a resident company and another company with which it has a relationship of interdependence, in capital or other aspects, enabling the latter to exert a definite influence over the resident company" mentre "resident companies are not subject to a comparable obligation in respect of business transactions concluded with resident companies" mentre "resident companies are not subject to a comparable obligation in respect of business transactions concluded with resident companies". Ne consegue pertanto una differenza di trattamento che può essere considerata "liable to constitute a restriction on freedom of establishment, within the meaning of Article 49 TFEU, since companies established in the State of taxation enjoy less favourable treatment in the case where the companies with which they have a relationship of interdependence are established in another Member State" (cfr. Par. 33 della sentenza).

Tuttavia, secondo la Corte, il diritto di uno Stato Membro di difendere la propria potestà impositiva, considerato come una "overrading reason in the public interest recognised by EU law", gli conferisce il potere di infrangere il principio di libertà di stabilimento. Si noti, però, che tale potere dev'essere esercitato con le dovute cautele; infatti, l'amministrazione finanziaria non può spingersi "beyond what is necessary to attain the objective pursued".

La disciplina italiana sui prezzi di trasferimento impone agli operatori adempimenti di compliance estremamente complessi volti a misurare e a sostenere adeguatamente i prezzi applicati nelle operazioni cross-border.

Il principio sancito dalla Corte dev'essere quindi inteso sotto due diversi profili nel contesto della normativa italiana: da un lato i contribuenti non possono esimersi dal documentare adeguatamente le transazioni intercompany, poichè la richiesta - nel contesto di accessi, verifiche o altre attività istruttorie da parte dell'amministrazione finanziaria – di idonea documentazione e l'eventuale applicazione di sanzioni, non possono, di per sé, essere appellate dai contribuenti come limitazioni alla libertà di stabilimento sancita dal TFUE.

D'altro canto, invece, la complessità del contenuto della documentazione prevista dal Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 23 novembre 2020 prot. n. 2020/360494 (di seguito il "Provvedimento"), che richiede una struttura rigida del documento e una mole di informazioni che potrebbero essere irrecuperabili entro le strette tempistiche introdotte con l'obbligo di apporre la marca temporale sull'intero set documentale, potrebbe rappresentare un onere eccessivo a carico del contribuente.

Tale impostazione sembra, peraltro, confliggere con i requisiti di sostanza e essenzialità richiesti dall'OCSE (paragrafo 5.28 delle Linee Guida sui Prezzi di Trasferimento secondo cui "Taxpayers should not be expected to incur disproportionately high costs and burdens in producing documentation (..) tax administrations should balance requests for documentation against the expected cost and administrative burden to the taxpayer of creating it").

Da segnalare inoltre, da ultimo, l'opportunità di riconsiderare il livello di dettaglio richiesto dal Provvedimento messa in evidenza da Assolombardia e l'ODCEC di Milano (in occasione della pubblicazione del Position Paper del 29 settembre 2022), nell'ottica di instaurare un rapporto fisco-contribuente sempre più orientato ad un atteggiamento cooperativo e trasparente.

Merita infine segnalare che (in assenza o in caso di non conformità della documentazione richiesta dal Provvedimento) l'entità delle sanzioni previste dall'art. 1, co. 2 del D.Lgs 471/97 in caso di rettifica in aumento dell'imponibile (i.e., dal 90 al 180% della maggiore imposta dovuta) potrebbero confliggere con il richiamato principio unionale di "proporzionalità", secondo il quale gli obiettivi di contrasto all'evasione tributaria non risultano perseguiti con proporzionalità se la normativa nazionale sanzionatoria eccede quanto necessario per garantire l'efficacia dei controlli fiscali e per contrastare l'evasione e l'elusione, finendo per incidere negativamente sulla circolazione delle libertà fondamentali garantite dal TFUE.

*di Valentina Stecca e Fabio Barca – BGR tax and legal

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