Professione e Mercato

Avvocato insultato dal cliente in tribunale: 500 euro possono bastare

La Cassazione conferma la decisione del giudice di merito, il cui potere discrezionale nel liquidare il danno in via equitativa, ove sorretto da motivazione adeguata, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità

di Marina Crisafi

L'avvocato viene insultato dal proprio cliente in tribunale? Possono bastare 500 euro di risarcimento! Lo ha confermato la sesta sezione civile della Cassazione (ordinanza n. 27282/2022) riportandosi pedissequamente a quanto disposto dal giudice d'appello.

La vicenda
Nella vicenda, la corte di merito confermava la decisione del giudice di prime cure che aveva condannato un ex cliente al pagamento di 500 euro a titolo di risarcimento dei danni per avere leso l'onore e la reputazione del proprio difensore apostrofandolo all'interno dei locali del tribunale con l'espressione "avvocato di ca…".
La corte territoriale rilevava, in particolare, come l'appello proposto dal professionista avverso l'importo della liquidazione risarcitoria riconosciuta in proprio favore non fosse fondato, avendo il giudice di primo grado correttamente contenuto l'entità di tale risarcimento in considerazione della natura dell'offesa, palesemente generica, idonea più a prestarsi ad una vaga manifestazione di astio che non ad una forma di attribuzione, all'avvocato, di particolari qualità negative.

Il ricorso
Il legale, ovviamente, non ci sta e impugna la decisione in Cassazione ritenendo l'importo riconosciuto non adeguato ed anzi "meramente simbolico, palesemente sproporzionato e incongruo" rispetto alla portata dell'offesa subita.

La decisione
Gli Ermellini però gli danno picche. Richiamando il consolidato insegnamento della giurisprudenza, infatti, ribadiscono che "l'esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell'uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito".
Nella specie, la corte territoriale, prosegue il Palazzaccio, ha legato l'importo liquidato alle circostanze in cui è stata pronunciata l'offesa, connotandola in termini di tenue intensità dell'elemento psicologico, atteso il carattere legato più alla rabbia provata dal cliente per la mancata accettazione della transazione proposta dalla controparte che non alla volontà di offendere l'avvocato, dando conto "in modo sufficientemente congruo del peso specifico attribuito ad ognuno degli indici valorizzati, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito".
Rispondendo anche agli altri motivi dedotti dal legale, inoltre, la Corte rileva come la motivazione dettata dal giudice di merito a fondamento della decisione impugnata "sia, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo la corte d'appello dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, delle ragioni indicate a fondamento del contenimento dell'entità risarcitoria liquidata in favore del danneggiato, a ciò provvedendo sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica, senza che la liquidazione operata sia valsa a segnalarsi per il relativo carattere meramente simbolico o manifestamente abnorme, incongruo o sproporzionato".
Per cui, in definitiva, ricorso rigettato e avvocato condannato al rimborso in favore dell'ex cliente anche delle spese di giudizio!

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