Lavoro

Preavviso, diritto di "credito", liberamente rinunciabile, per la parte che subisce il recesso

Il preavviso, la cui ratio è quella di tutelare la parte non recedente, adempie alla funzione economica di attenuare - per la parte che subisce il recesso - le conseguenze pregiudizievoli della cessazione del contratto

di Francesco Saverio Sulpasso*

Una recente sentenza della corte di Cassazione sezione lavoro, entra nel merito di un argomento sempre attuale, l'indennità sostitutiva del preavviso, delineando in modo chiaro quali sono i casi in cui tale indennità deve essere erogata a favore della controparte.

La sentenza n. 27934 del 13 ottobre 2021 , ha emesso il giudizio di legittimità sul caso di un dirigente dimissionario che nella fase del giudizio aveva lamentato il mancato pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, da lui concesso regolarmente con espressa disponibilità allo svolgimento della prestazione lavorativa, al quale il datore di lavoro aveva invece rinunciato non erogando alcuna indennità.

La cassazione si è pronunciata sulla natura di tale istituto, evidenziandone il carattere obbligatorio e non reale e ricordando che il preavviso, la cui ratio è quella di tutelare la parte non recedente, adempie alla funzione economica di attenuare per la parte che subisce il recesso – che è un atto unilaterale recettizio di esercizio di un diritto potestativo – le conseguenze pregiudizievoli della cessazione del contratto. Infatti, il diritto potestativo, altro non è che un diritto nella piena disponibilità di un soggetto che, con un proprio atto, può modificare in modo unilaterale la sfera di un altro soggetto che si trova in stato di soggezione.

L'art. 2118 c.c. che definisce l'ambito di applicazione del preavviso, prevede che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità. Inoltre, dispone che, in mancanza di preavviso, "il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso…".

La Suprema Corte, nel provvedimento in analisi, richiama un principio già espresso dalla giurisprudenza in merito all'istituto del recesso, ammesso solamente per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato e che adempie ad una funzione che varia a seconda del contesto. Infatti, in caso di licenziamento, il preavviso ha la funzione di garantire al lavoratore la continuità nella percezione della retribuzione in un periodo di tempo che gli consenta di ricercare una nuova occupazione; in caso di dimissioni del lavoratore, invece, tale istituto è utile al datore di lavoro per permettergli di avere il tempo sufficiente al reperimento di un altro lavoratore per la sostituzione del soggetto dimissionario.

La Suprema Corte esprime il principio per cui la irrinunciabilità del periodo di preavviso da parte del soggetto che subisce il recesso e delle conseguenze che possono manifestarsi, è strettamente connesso alla sostanza che si intende conferire al preavviso, in particolare se si intende dare efficacia reale o obbligatoria a tale istituto.

Dove si optasse per la natura reale, con diritto alla parte recedente alla prosecuzione del rapporto fino alla scadenza del periodo di preavviso, non si potrebbe ipotizzare una rinuncia al preavviso della parte che ha subito il recesso senza che si determini l'immediata estinzione del rapporto, comportando di fatto l'obbligo di indennizzare il preavviso non concesso.

Nel caso invece, come esprime la Corte, si aderisca alla tesi dell'efficacia obbligatoria del preavviso, quale mero obbligo accessorio e alternativo all'esercizio del recesso, la parte recedente rimane libera di scegliere se proseguire il rapporto durante il periodo di preavviso oppure se optare per la corresponsione alla controparte dell'indennità sostitutiva con immediato effetto risolutivo del recesso. Sulla base di tale teoria, quindi, si configura in capo alla parte che subisce il recesso, un diritto di "credito" della prestazione oggetto di preavviso, liberamente rinunciabile.

La Corte, nella sentenza in esame, ribadisce l'orientamento già delineato da precedenti pronunce di merito, confermando il superamento della tesi della natura reale del preavviso e ritenendo, alla stregua di una interpretazione letterale dell'art. 2118 c.c., che il preavviso nel contratto di lavoro a tempo indeterminato ha efficacia obbligatoria. Ciò comporta necessariamente che, nel caso in cui una delle due parti receda dal contratto, il rapporto di lavoro deve essere considerato estinto al termine del periodo di preavviso, o al pagamento dell'indennità sostitutiva, e che la parte che subisce il recesso è libera di rinunciare alla disponibilità del preavviso concessa dal recedente.

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*A cura del Dott. Francesco Saverio Sulpasso – Consulente del lavoro, About Labour Stp

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