Penale

Indebita restituzione, socio punito

di Giovanni Negri

Anche il socio può essere condannato per il reato di indebita restituzione dei conferimenti. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 53832 della Sesta sezione penale depositata ieri. La pronuncia respinge così il ricorso presentato dai soci di una società calcistica contro il sequestro preventivo di svariate somme di denaro. Tra i motivi dell’impugnazione aveva trovato posto la contestazione della qualifica soggettiva richiesta dal reato disciplinato dall’articolo 2626 del Codice civile. Si sottolineava infatti che la persona nei confronti della quale era stata disposta la misura cautelare era in realtà solo socio e non amministratore della società.

La Cassazione replica, ricordando che è vero che la fattispecie di indebita restituzione dei conferimenti è una reato proprio che può essere commesso solo dagli amministratori in quanto sono loro a essere titolari dell’obbligo di garanzia sull’integrità del capitale sociale. Incriminando soltanto l’amministratore, il legislatore non ha voluto punire anche il socio beneficiario della restituzione del conferimento o della liberazione dall’obbligo di eseguire lo stesso.

Tuttavia, ed è il passaggio chiave, l’esclusione dal concorso necessario del socio non ha come conseguenza anche l’impossibilità di contestare il concorso eventuale nelle ipotesi in cui lo stesso «abbia tenuto una condotta diversa ed ulteriore rispetto a quella tipizzata e non sottoposta a pena e che si risolva in un contributo di partecipazione atipico rispetto alla condotta dichiarata punibile».

Si dovranno così applicare le disposizioni sul concorso eventuale di persona quando, come nel caso finito in Cassazione, il socio non si è limitato a trarre un vantaggio dalla restituzione o dalla liberazione, ma ha invece fornito un contributo effettivo di volontà «qualificabile in termini di determinazione, istigazione o rafforzamento del proposito criminoso dei titolari dei poteri di gestione».

Nel caso esaminato era stata realizzata un’operazione di ricapitalizzazione della società, in assenza della quale il socio avrebbe subito una grave perdita. Le somme immesse nella società erano però state recuperate attraverso la restituzione dei conferimenti disposta da un familiare amministratore della Srl. In queste condizioni, contesto familiare della compagine sociale, la contestualità tra l’esecuzione dell’aumento di capitale e lo storno delle somme attraverso le quali l’operazione era stata realizzata, avevano portato i giudici di merito a ritenere esistente il concorso nella commissione del reato.

A venire respinta è poi stata anche quella parte del ricorso sulla contestazione del falso in bilancio: la difesa faceva infatti rilevare un possibile mancato superamento delle soglie di rilevanza penale, oggi scomparse ma applicabili al momento della commissione dei fatti. Il parere della Cassazione è comunque contrario alla esclusione della punibilità per «alterazioni non sensibili» e anche all’applicazione della nuova causa di non punibilità introdotta l’anno scorso per tenuità del fatto.

Corte di cassazione – Sentenza 53832

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