Civile

Amministrazione di sostegno, atti di straordinaria amministrazione e compenso del legale

Il punto nell'ordinanza della Cassazione 7 marzo 2022 n. 7420

di Valeria Cianciolo

La Cassazione con l'ordinanza 7 marzo 2022, n. 7420 ha espresso il seguente principio di diritto: "In tema di amministrazione di sostegno, l'autorizzazione del giudice tutelare in ordine al compimento di atti di straordinaria amministrazione, da parte dell'amministratore che abbia solo l'esercizio dei poteri di ordinaria amministrazione, va compiuto tenendo conto degli effetti economici dell'atto autorizzato, cosicché in esso rientra anche il patto di compenso - in misura pari ad una percentuale dell'importo liquidato dalla compagnia di assicurazione e a prescindere dalle tariffe professionali - all'avvocato che curi l'azione risarcitoria per sinistro stradale che abbia cagionato gravi lesioni alla persona amministrata, ove questa sia priva di altre risorse economiche con quel risarcimento debba amministrare la propria vita futura, in relazione alle conseguenti disabilità."

Il caso
Il caso prospettato aveva ad oggetto l'opposizione promossa dal beneficiario di un'amministrazione di sostegno al decreto ingiuntivo emesso in favore di un avvocato, con il quale si era ingiunto al primo di pagare al secondo un importo, di circa 98.000 € a titolo di competenze legali maturate per l'attività professionale svolta in favore dell'opponente nella procedura stragiudiziale di liquidazione dei danni patiti dall'amministrato a seguito di sinistro stradale.
La corte d'appello riformava la decisione di primo grado che aveva respinto l'opposizione sul rilievo della piena validità ed efficacia del contratto di conferimento di incarico professionale e annullava il contratto di conferimento di incarico che prevedeva un compenso aggiuntivo del 10%, oltre quello dovuto secondo le tariffe professionali. La corte territoriale ha rilevato che l'amministratrice di sostegno aveva posto un atto di straordinaria amministrazione necessitante di autorizzazione del giudice tutelare trattandosi di un atto di per sé non necessario ai fini dell'ottenimento del risarcimento del danno e quindi, non rivolta alla conservazione del patrimonio. Secondo la corte d'appello, l'autorizzazione del giudice tutelare non poteva neppure ritenersi intervenuta successivamente, non risultando che il giudice tutelare avesse esaminato il contratto relativo all'incarico professionale non essendovi, nell'istanza predisposta dal professionista rivolta al giudice tutelare, ai fini dell'autorizzazione alla stipula, alcun riferimento al mandato al legale al relativo compenso.
Quanto al contenuto del decreto autorizzatorio del giudice tutelare, lo stesso era stato esaminato dalla corte territoriale e valutato come avente ad oggetto esclusivamente un'attività di ordinaria amministrazione a fini conservativi del patrimonio dell'interessato quale la scelta del legale a cui affidare la tutela anzitutto stragiudiziale, del beneficiario della procedura così che non poteva comprendere anche un compenso aggiuntivo ben superiore al compenso liquidabile al professionista sulla base delle tariffe professionali

Le questioni
Gli articoli 404-413 cod. civ., che un tempo ordinavano l'istituto dell'affiliazione, abrogata con la legge 4 maggio 1983, n. 184 sull'adozione, con la legge 9 gennaio 2004, n. 6, disciplinano oggi l'amministrazione di sostegno, istituto a tutela di soggetti privi, in tutto o in parte, di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana e che ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge (attraverso la novellazione degli articoli 414 e 427 c.c.).
Non evincendosi dal nostro sistema di diritto civile un principio di generale e tassativa preclusione al compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte del legale rappresentante dell'incapace, la giurisprudenza di legittimità ha potenziato il ruolo del giudice tutelare che attraverso il decreto di nomina dell'AdS precisa sia l'assistenza negli atti di ordinaria amministrazione specificamente individuati, sia quelli di straordinaria amministrazione che necessitano di una previa autorizzazione del giudice. Il beneficiario potrà compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana, permanendo in capo all'amministratore, il dovere di riferire periodicamente in ordine alle attività svolte con riguardo alla gestione del patrimonio dell'assistito, nonché in ordine ad ogni mutamento delle condizioni di vita personale e sociale dello stesso.
Anche l'Avvocatura ricopre nella prassi giudiziaria delle amministrazioni di sostegno un ruolo importante poiché il G.T. nomina spesso quale AdS, non un familiare, ma un avvocato, ad esempio, nei casi in cui il contesto esige la soluzione di aspetti giuridici più o meno complessi (come ad es., determinati atti di straordinaria amministrazione ex articoli 374-375 cod. civ.) o nel caso in cui difetti una rete di supporto familiare adeguata oppure vi sia un conflitto endofamiliare.
Accanto all'aspetto della cura della persona si affianca nelle amministrazioni di sostegno quello dell'attività di gestione degli interessi patrimoniali. Come sopra specificato, in materia di gestione di beni degli incapaci di agire, la legge non indica un criterio per stabilire cosa sia amministrazione ordinaria e cosa sia amministrazione straordinaria e per orientarsi, ci si avvale della funzione conservativa e dispositiva del patrimonio, con la conseguenza che si possono qualificare come atti di amministrazione ordinaria quelli che, senza alterare l'integrità del patrimonio, hanno finalità di conservazione o lo scopo di utilizzare il reddito prodotto o di miglioramento (come ad esempio, la locazione infranovennale e la riscossione di rendite); si considerano, invece, atti di straordinaria amministrazione quelli che incidono direttamente o indirettamente sul patrimonio del soggetto proprietario (la vendita o la concessione di ipoteca, gli atti dispositivi di beni immobili, l'assunzione di obbligazioni di rilevante entità, le intese restrittive della concorrenza, l'adesione ad una cooperativa, il cambiamento della ditta).

Le indicazioni nel decreto di nomina
Un'accurata istruttoria permette di delimitare l'oggetto dell'incarico e gli atti che il beneficiario può compiere solo o con l'assistenza o la rappresentanza dell'amministratore di sostegno: questo dovrebbe essere il contenuto minimo essenziale del decreto di nomina, come prescritto dall'articolo 405, comma 5, nn. 3 e 4, cod. civ.
Criticità si pongono nelle ipotesi in cui il decreto contenga determinazioni generiche in ordine alle attività demandate all'Ads ovvero ai limiti dei poteri conferiti: in ogni caso, poiché, per tutti gli atti non specificamente indicati nel decreto, il beneficiario conserva integra la propria capacità di agire (articolo 409, co. 1, cod. civ.), resta certamente ferma la capacità di compiere atti personalissimi, fatti salvi i casi in cui con il decreto di nomina (o con uno successivo), applicando anche d'ufficio il potere previsto dall'articolo 411, co. 4, cod. civ., il G.T. disponga "che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, si estendono al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, avuto riguardo all'interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle predette disposizioni".
Nell'ambito delle materie per le quali rappresenta il beneficiario, si è affermato che, l'amministratore di sostegno non necessita dell'autorizzazione del giudice tutelare per resistere in giudizio, tenuto conto che tale attività è sempre funzionale alla conservazione degli interessi del rappresentato, pertanto, per il combinato disposto degli articoli 374, co. 1, n. 5) c.c. e 411 c.c., deve ritenersi esclusivamente operante nelle ipotesi di promozione dei giudizi individuati dall'articolo 374, comma 1, n. 5 c.c. (cfr. Cass. 6 marzo 2019, n. 6518). Rimane il fatto che l'amministratore può incorrere in condotte responsabili, anche sul piano processuale, nel caso di rifiuto ingiustificato di una transazione vantaggiosa per il beneficiario.
La giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Verona 14 giugno 2016) ha ritenuto che il rifiuto senza giustificato motivo, da parte dell'amministratore di sostegno, di una proposta conciliativa vantaggiosa per il suo assistito integra la violazione del dovere di lealtà e probità di cui all'articolo 88 c.p.c e giustifica quindi la condanna del rappresentante, in solido con la parte da lui assistita che sia soccombente in giudizio alla rifusione delle spese processuali in favore della parte vittoriosa, ai sensi dell'articolo 94 c.p.c.

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