La denuncia di Amazon può attivare indagini anche sugli utenti
Il gigante dell’e-commerce ha denunciato alla Procura di Milano un broker che avrebbe creato una rete di persone disposte a falsare il mercato delle vendite online
Recensioni false in cambio del rimborso completo degli acquisti. È l'accusa con cui Amazon ha denunciato alla Procura di Milano un broker che avrebbe creato una rete di persone disposte a falsare il mercato delle vendite online. È la prima volta che accade in Italia. Ora si tratta di inquadrare i profili di responsabilità e individuare la rete di imprese che si sarebbero affidate all'intermediario per migliorare il proprio ranking reputazionale online.
I reati configurabili in astratto vanno dalla truffa aggravata dalla minore difesa degli utenti (pena da uno a cinque anni e multa da 309 a 1549 euro) o dai futili motivi (la pena base - da sei mesi a tre anni e multa da 51 a 1032 euro - aumenta fino a un terzo) alla turbata libertà dell'industria e del commercio (reclusione fino a due anni e multa da 103 a 1032 euro ), fino alla sostituzione di persona (reclusione fino a un anno).
Oltre al broker, sotto la lente degli investigatori potrebbero finire anche gli utenti che hanno accettato regali in cambio di finte recensioni: il reato di truffa scatta per chiunque tramite artifizi o raggiri induca gli altri in inganno ottenendo un profitto ingiusto. È un reato plurioffensivo che lede non solo l'interesse patrimoniale degli altri acquirenti ma anche la loro capacità di autodeterminazione.
Danneggiata dal reato, oltre al singolo utente, è anche Amazon, che con le false recensioni subisce non solo un danno di immagine ma anche effetti negativi diretti, dati da resi, gestione delle lamentele dei clienti e mancati profitti (gli utenti insoddisfatti potrebbero non tornare sulla piattaforma).
Oggetto di accertamento potrebbe essere però anche la condotta idonea a turbare l'andamento del mercato. Qui il bene giuridico protetto è infatti la libertà di iniziativa economica del singolo, tutelata dall'articolo 41 della Costituzione; l’offesa viene da chi pubblica online recensioni non veritiere.
Non è la prima volta che i giudici penali si occupano delle false recensioni a seguito delle denunce presentate dalle piattaforme.
Il Tribunale di Lecce, con una sentenza storica del giugno 2018, aveva condannato il titolare di un'azienda che vendeva false recensioni su TripAdvisor a nove mesi di reclusione e 8mila euro di risarcimento danni per il reato di sostituzione di persona, che punisce chiunque al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio trae qualcuno in inganno sostituendosi a un'altra persona o mentendo su una qualità giuridicamente rilevante.
Le piattaforme, pur non avendo un obbligo di denunciare penalmente questi fatti, sono civilmente responsabili di eventuali illeciti commessi di cui siano stati messi a conoscenza, ai sensi dell'articolo 16 del Dlgs 70/2003 sul commercio elettronico. Hanno quindi tutto l'interesse a far emergere i fatti e ad attivarsi in caso di segnalazioni o sospetti. Sempre più spesso, infatti, le false recensioni sono finite anche nel mirino dell'Antitrust per ipotesi di concorrenza sleale o dei tribunali per diffamazione aggravata.