Famiglia

Divorzio milionario: tetto all'assegno - L'infedeltà non più tollerata causa l'addebito

La Cassazione, ordinanza n. 25966 depositata oggi, decidendo sul divorzio tra Ferruccio Ferragamo e la ex moglie ha dettato alcune regole innovative

di Francesco Machina Grifeo

Punto a favore di Ferruccio Ferragamo, presidente di Salvatore Ferragamo S.p.a. (con un patrimonio stimato in circa 4mld di euro) nel divorzio milionario dalla ex moglie, trasferitasi a Londra dopo la separazione con l'unico figlio, ormai maggiorenne, nato dal matrimonio. La Prima sezione civile, con l'ordinanza n. 25966 depositata oggi, ha aperto infatti alla richiesta di addebito nei confronti della ex per via delle addotte infedeltà coniugali. Sarà la Corte di appello di Firenze (in sede di rinvio) però a dire l'ultima parola in merito. La Suprema corte non ha invece toccato l'assegno di 60mila euro al mese per l'ex coniuge e i quasi ventimila per il figlio, stabilendo inoltre che il dovuto verrà aggiornato secondo il costo della vita nel Regno Unito. Ma la decisione è interessante anche sotto il profilo giuridico. I giudici di legittimità, infatti, sottolineano che l'iniziale tolleranza da parte dell'imprenditore della infedeltà della moglie non è una ragione sufficiente per rifiutarne l'addebito alla luce delle ulteriori ‘storie' dell'ex prodotte in giudizio.

"L'accettazione – si legge nella decisione - da parte del ricorrente di comportamenti lesivi del dovere di fedeltà, tenuti dalla moglie alcuni anni prima della proposizione della domanda di separazione", non esclude "la possibilità di far valere, quale causa di addebito, analoghi comportamenti tenuti successivamente dalla donna". Egli infatti "aveva chiesto di essere ammesso a provare che la predetta relazione era stata seguita da altre … in tal modo lasciando chiaramente intendere che la tolleranza da lui inizialmente manifestata …era venuta meno, a causa della reiterata violazione del dovere di fedeltà...che aveva determinato il fallimento dell'unione".

L'assegno di mantenimento, invece, non cambia. Almeno per ora. Esso infatti, spiega la Corte, segue ad un "approfondito esame della complessiva situazione patrimoniale e reddituale delle parti, sulla base del quale il giudice di secondo grado è pervenuto all'accertamento dell'esistenza di una notevole sperequazione economica tra i coniugi, tale da imporre il riconoscimento in favore della donna di un contributo idoneo a consentirle la conservazione dell'elevato tenore di vita goduto nel corso della convivenza".

Tuttavia, e questo è un altro passaggio interessante, l'assegno (per quanto molto elevato) non è, e non deve essere, effettivamente commisurato alle "rilevantissime disponibilità patrimoniali e reddituali del ricorrente" o alle "capacità di spesa del nucleo familiare", in quanto "oltre un certo limite, il riferimento a tale parametro si tradurrebbe nell'attribuzione di un contributo economico superiore a quello necessario per la soddisfazione delle sue esigenze, in contrasto con la funzione propria dell'assegno di mantenimento". Insomma, siccome la funzione dell'assegno consiste nel "mantenere uno standard di soddisfazione delle proprie esigenze non inferiore a quello precedentemente goduto … una volta superato il predetto livello, le maggiori risorse di cui dispone il coniuge obbligato non possomo comportare un incremento dell'importo dovuto, traducendosi altrimenti in un'ingiustificata locupletazione dell'avente diritto". Tali risorse, dunque, risultano "suscettibili anche d'impiego nella rispettiva attività professionale o imprenditoriale o di accantonamento a fini di risparmio o d'investimento". Infatti, "pur concorrendo all'individuazione del livello economico complessivo del nucleo familiare e della sua collocazione sociale, non comportano un ulteriore innalzamento del grado di soddisfazione delle esigenze personali e di relazione dei suoi componenti".

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