Famiglia

Separazione, il decreto di trasferimento del minore deve tener conto della volontà del figlio di 9 anni

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 15710 depositata oggi, accogliendo (con rinvio) il ricorso di un padre

di Francesco Machina Grifeo

Nella controversia tra due genitori separati sul trasferimento del figlio, il parere del minore infra dodicenne va tenuto in conto almeno dall'età di 9 anni. E la mancata considerazione della sua volontà nella motivazione resa dal giudice comporta l'annullamento della decisione. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 15710 depositata oggi, accogliendo (con rinvio) il ricorso di un padre contro il decreto della Corte di appello di Trieste che aveva autorizzato il trasferimento della madre col bambino in Brasile, immutate le condizioni economiche, compreso l'assegno di mille euro mensili a carico del papà.

Per il giudice di secondo grado andava considerata la difficoltà della donna a reperire "un sostegno familiare … e un lavoro" al fine di "raggiungere l'autonomia economica posto che allo stato vive in un appartamento pagato dal padre del minore, il quale nel frattempo ha ricostituito una propria nuova vita affettiva". In Brasile oltre ad una "rete familiare sufficientemente ampia" avrebbe avuto "la possibilità di reperire un'occupazione, oltre a possedere un immobile in cui vivere". Inoltre, il padre, impiegato sulle navi da crociera, lavorava per cinque settimane di seguito in mare per poi trascorrerne altrettante a terra, potendo così andare a trovare il figlio in Sud America.

Proposto ricorso, il padre, tra l'altro, ha lamentato che "nel comparare le uniche due soluzioni possibili (la residenza in Brasile con la madre o la residenza in Italia solo con il padre) non aveva considerato che il minore aveva espressamente dichiarato nel corso della Ctu di non voler trasferirsi in Brasile per non perdere il contatto con il padre, la nonna e i compagni di scuola".

Doglianza accolta dalla Prima sezione civile che rimprovera alla Corte di aver "omesso del tutto di considerare quanto dichiarato dal minore nel corso dell'ascolto". L'ascolto del minore, spiega la decisione, "costituisce, infatti, adempimento necessario ai sensi dell'art. 315 bis cod. civ., introdotto dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, in tutte le questioni e procedure che lo riguardano, in attuazione dell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo".

Al contrario, la corte territoriale non ha dato alcun conto, come avrebbe invece dovuto, del contenuto delle dichiarazioni rese dal figlio minore al ctu, "tanto più in considerazione del prospettato rischio dell'insorgenza di un disturbo dell'adattamento in caso di trasferimento in Brasile".

Mentre alla luce dell'art. 8 CEDU, "costituisce necessario corollario del diritto del minore a essere ascoltato, la regola secondo la quale l'autorità giudiziaria, chiamata a pronunciarsi su decisioni che lo riguardano, debba esaminare in maniera dettagliata e analitica le dichiarazioni rese, in sede di ascolto, dal minore dotato di capacità di discernimento, sicché, in caso di opposizione di quest'ultimo al trasferimento all'estero è obbligatoria la considerazione di tale volontà e anche la verifica di tutte le circostanze fattuali che la giustifichino, al fine di pervenire a conclusioni che tengano in considerazione il suo miglior interesse per come si atteggia nello specifico caso in esame".

Il figlio della coppia, conclude la Cassazione, "pur essendo infradodicenne ha, nondimeno, l'età di nove anni che normalmente si accompagna ad una certa capacità di discernimento, compatibile con la possibilità di fornire elementi utili ai fini della decisione sul mutamento del contesto di vita, come quello in esame, connesso con il trasferimento in Brasile di un bambino che, fin dalla nascita, è vissuto in una realtà oggettivamente assai diversa".

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©