Amministrativo

Le pratiche commerciali nella filiera agricola ed alimentare

Il delicato passaggio di consegne tra l'art. 62 ed il recepimento della Direttiva 2019/633

di Michele Carpagnano*

Nel primo semestre del 2021, i rapporti commerciali tra operatori della filiera agroalimentare sono stati oggetto di un attento scrutinio da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell'esercizio delle competenze di enforcement dell'art. 62 del D.L. n. 1/2012. Sono quindici le istruttorie chiuse nel periodo in esame a fronte di venticinque istruttorie chiuse dall'Autorità nell'arco della quasi decennale esperienza applicativa in materia.

Come noto, con l'art. 62 il legislatore nazionale ha dotato l'Autorità, a partire dal 2012, di un ulteriore strumento di enforcement volto a verificare la corretta declinazione nei singoli rapporti contrattuali dei principi di "buona fede", "equità", "lealtà" e "correttezza" nella filiera.

Tali poteri, che si aggiungono alle competenze di enforcement dell'Autorità volte ad individuare ed a sanzionare le illecite distorsioni delle dinamiche concorrenziali sotto forma di intese restrittive della concorrenza e di abuso di posizione dominante, presuppongono l'esistenza (ed il conseguente esercizio) di uno "squilibrio" significativo del potere contrattuale tra le parti. Si tratta di un accertamento complesso che l'Autorità è chiamata a svolgere caso per caso nella singola relazione contrattuale e che, come dimostra l'elevato numero di istruttorie chiuse senza irrogazione della sanzione nel periodo in esame (ben sette), è soggetta ad un rigoroso scrutinio probatorio nell'ambito del procedimento istruttorio, oltre che in sede giurisdizionale (come dimostrato dalle recenti sentenze di annullamento delle sei decisioni dell'Autorità nei casi di reso del pane, pubblicate dal Tar Lazio lo scorso 24 marzo 2021 e 24 giugno 2020).

Tra i settori attenzionati dall'Autorità nel periodo in esame vi sono i contratti di cessione del latte crudo, in cui l'Autorità ha contestato diverse condotte in larga parte riconducibili al mancato rispetto dei requisiti formali e sostanziali prescritti dall'art. 62 - quali la forma scritta, l'indicazione del prezzo e delle quantità da conferire – per i contratti di fornitura di prodotti agroalimentari.

Tali casi sono stati decisi dall'Autorità con vari provvedimenti di data 22 giugno 2021. Le specifiche circostanze fattuali emerse nel corso delle diverse istruttorie hanno condotto l'Autorità a non confermare, in taluni casi, l'ipotesi accusatoria inizialmente ipotizzata.

Analogamente, nel caso AL 24 - Breeders/produttori uva senza semi deciso con provvedimento del 25 maggio 2021, ed avviato su segnalazione di alcuni coltivatori pugliesi di uva da tavola e di alcune associazioni di categoria, l'Autorità ha constatato l'assenza dei requisiti necessari per l'applicazione dell'art. 62.

In particolare, secondo l'Autorità i rapporti contrattuali tra i fornitori di varietà di uva senza semi tutelate da brevetto e i produttori agricoli licenziatari dei vitigni non sono caratterizzati da uno "squilibrio" significativo di potere contrattuale.

Tali fornitori, infatti, secondo quanto accertato dall'Autorità, anche a fronte del limitato posizionamento detenuto sul mercato nazionale della produzione di uva senza semi, non rappresentano partner obbligati per i produttori di uva apirene. Il caso è rilevante anche perché, pur non facendone applicazione al caso di specie, l'Autorità ha proposto una inedita interpretazione estensiva del concetto di "cessione" di prodotti agricoli al di là dei rapporti di compravendita.

Nonostante il legislatore nazionale abbia anticipato il legislatore dell'UE in materia di tutela dei soggetti deboli nella filiera agroalimentare attribuendo, come visto, all'Autorità il compito esclusivo di vigilare sui rapporti commerciali nella filiera, il prossimo recepimento della Direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare potrebbe ridimensionare il ruolo di enforcement dell'Autorità.

Infatti, nella delega al Governo per la trasposizione nell'ordinamento interno della Direttiva, il legislatore nazionale ha individuato come autorità deputata alla vigilanza sulle disposizioni unionali (e nazionali di recepimento) in materia di cessione di prodotti agricoli e alimentari, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. La competenza dell'AGCM sarà invece limitata alle violazioni non incluse nel perimetro della Direttiva (UE) 2019/633.

Poiché vi è una sostanziale coincidenza tra le condotte vietate dalla Direttiva ed i divieti già stabiliti dall'art. 62 ed oggetto (finora) di intervento esclusivo dell'Autorità, vi è il serio rischio che la prospettata frammentazione delle attività di enforcement, accompagnata da una delimitazione non chiara del perimetro di competenza delle due autorità determini una situazione di grave incertezza per gli operatori del settore.

E ciò, anche a fronte del rilevante inasprimento dell'apparato sanzionatorio (il massimo edittale per ciascuna violazione sarà innalzato fino al dieci percento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio precedente all'accertamento) che potrebbe esporre le parti e le autorità preposte ad un pericoloso bis in idem rispetto a comportamenti posti in essere dagli operatori di mercato.

*a cura di Michele Carpagnano, partner di Dentons

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