Civile

Si applica anche ai transgender la normativa antidiscriminatoria nell'accesso a beni e servizi

Lo ha precisato la Cassazione esaminando il caso di una denuncia di discriminazione per un contratto di affitto che non era stato stipulato

di Camilla Insardà

Il principio di uguaglianza ex articolo 3 della Costituzione conferisce a tutti i cittadini pari dignità sociale, vietando discriminazioni basate sul sesso, sulla razza, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche e sulle condizioni personali e sociali, affidando alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli che possono impedire il pieno sviluppo della persona e la sua partecipazione all'organizzazione socio-economica.

Il quadro normativo
A livello internazionale, tale assunto fondamentale trova ulteriori conferme nell'articolo 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e negli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, che riconoscono il diritti al rispetto della vita privata e familiare e il divieto di discriminazioni. Dopo aver ribadito, all'articolo 20, che tutti sono uguali di fronte alla legge, anche l'articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea si preoccupa di vietare ogni forma di discriminazione, inclusa quella basata sul sesso o sull'orientamento sessuale. Il successivo articolo 23 si premura di assicurare in ogni settore la parità fra uomini e donne, consentendo il mantenimento e/o l'adozione di misure più vantaggiose per le categorie sottorappresentate.
Da un rapido esame della normativa di settore si può notare come il Legislatore europeo abbia da sempre avuto a cuore il raggiungimento di pari opportunità fra uomo e donna in ogni settore, a partire da quello della sicurezza sociale, dell'occupazione e della retribuzione, della famiglia, eccetera. Non sorprende, dunque, che anche il Legislatore italiano, con il Dlgs 198/2006, abbia inteso predisporre una disciplina volta "ad eliminare ogni discriminazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere o di impedire il riconoscimento, il godimento o l'esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, ecoonmico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo".

Il caso esaminato
Nel decidere se la mancata conclusione di un contratto di locazione con persona transgender integri o meno un illecito discriminatorio in base all'identità sessuale, la Corte di Cassazione si è interrogata sull'applicabilità al caso di specie del principio delle pari opportunità contenuto nella Direttiva 2004/13/Ce e della disciplina dettata dal Dlgs n. 198/2006, nel Titolo II bis relativo alla "Parità di trattamento tra uomini e donne nell'accesso a beni e servizi e loro fornitura".
Secondo la difesa della società controricorrente, la normativa speciale richiamata non avrebbe dovuto trovare applicazione, riguardando espressamente la sola parità fra uomo e donna, senza alcun riferimento ai transgender.
Il tema si rivela di particolare interesse, poiché dalla risposta al quesito sottoposto alla Cassazione dipendono altresì l'applicabilità o meno del rito sommario di cognizione ex articolo 28 del Dlgs 150/2011 e di un regime dell'onere probatorio "alleggerito" per il soggetto discriminato.
Scopo principale della Direttiva del 2004 è quello di concretizzare il principio delle pari opportunità, eliminando ogni discriminazione fondata sul sesso, nel settore dell'accesso a beni e servizi e della loro fornitura. Il conseguente decreto di attuazione n. 196/2007 ha apportato alcune modifiche al Codice delle Pari Opportunità del 2006, inserendo, nell'ambito del Libro III riguardante le "Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici", il suddetto Titolo II bis.
Ecco, dunque, che le nozioni di riferimento contenute nella normativa europea si rinvengono anche in quella italiana, all'articolo 55 bis. Ai sensi del comma I, un trattamento sfavorevole in ragione del sesso, rispetto ad altra persona in situazione analoga, configura una discriminazione diretta, mentre secondo il comma successivo, disposizioni, criteri o prassi apparentemente neutri, ma in grado di svantaggiare una persona di un determinato sesso, senza un oggettiva giustificazione o un legittimo scopo, integrano una discriminazione indiretta.
Il comma IV include poi nella categoria delle discriminazioni anche le molestie, che consistono in condotte indesiderate, offensive, intimidatorie e comunque umilianti, basate sul sesso e che possono incidere sulla dignità umana.Quanto al rito applicabile alle controversie in materia di discriminazione, l'articolo 55 quinquies rimanda espressamente al rito sommario di cognizione ex articolo 28 del Dlgs 150/2011, il quale prevede un onere probatorio alleggerito in capo al ricorrente. Gravando interamente sul convenuto l'onere di dimostrare l'insussistenza della discriminazione e la neutralità dei criteri di scelta adottati, chi chiede tutela deve limitarsi ad allegare elementi fattuali, eventualmente suffragati da dati statistici, dai quali è possibile presumere il comportamento pregiudizievole. Come si evince da quanto sopra detto, in merito alla sussistenza di discriminazioni indirette e al regime delle incombenze probatorie, si evince che l'illecito discriminatorio prescinde totalmente dall'elemento psicologico soggettivo del dolo o della colpa, essendo sufficiente, ai fini della sua configurabilità, il profilo oggettivo dato dalla realizzazione di una condotta che produca un ingiustificato svantaggio per il soggetto avente determinate caratteristiche e che lo ponga in una situazione di effettiva diseguaglianza rispetto ad altri nella medesima situazione.

Applicabilità delle normativa antidiscriminatoria
Venendo al caso di specie, la ricorrente transgender ha impugnato la sentenza della Corte d'Appello di Trento che, ribaltando le conclusioni di primo grado, aveva respinto la domanda ex art. 2932 c.c. di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto di locazione, previo accertamento del carattere discriminatorio della condotta dell'agenzia immobiliare che si era rifiutata di sottoscrivere il contratto con persona transessuale, con condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non.Preliminarmente, l'ordinanza del 7 marzo 2022 n. 7415 ha ribadito che l'identità sessuale dell'individuo è costituita da due aspetti distinti, quello biologico del "sesso" e quello psicologico del "genere", che possono entrare fra loro in conflitto e scindersi.Richiamandosi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la Cassazione ha sottolineato che, costituendo le pari opportunità una declinazione del principio di uguaglianza, il concetto di "sesso" deve essere interpretato in maniera neutrale, indipendentemente da quello di "genere". Pertanto, essendo la tutela dell'identità sessuale nel suo complesso inclusa nel divieto di discriminazione in base al sesso, inteso come "sesso in quanto tale", i giudici di legittimità hanno correttamente concluso per l'applicabilità della normativa antidiscriminatoria nell'accesso a beni e servizi anche nel caso in cui la denuncia provenga da persona transgender.

La libertà contrattuale
Ciononostante, dopo aver precisato che i dati statistici debbono ritenersi uno strumento di agevolazione e non un'autonoma fonte di prova, la Cassazione ha confermato la sentenza impugnata, con cui era stato escluso il carattere oggettivamente discriminatorio della condotta posta in essere dall'agenzia immobiliare che non aveva voluto stipulare il contratto. La convenuta, infatti, aveva dimostrato che trattandosi di una residenza universitaria, non aveva concesso l'immobile in locazione alla ricorrente non in quanto transgender, bensì in quanto non studentessa, offrendole tra l'altro un'alternativa non meno svantaggiosa.In conclusione, l'ordinanza del 7 marzo 2022 n. 7415, nel dichiarare l'infondatezza del ricorso, ha dato maggiore rilievo al principio dell'autonomia dei contraenti, generalmente enunciato dall'articolo 1322 c.c., ma altresì specificato nel comma IV dell'articolo 55 ter del Codice delle Pari Opportunità del 2006, il quale dopo aver ribadito il divieto di discriminazioni fondate sul sesso nell'accesso a beni e servizi e nella loro fornitura, lascia comunque "impregiudicata la libertà contrattuale delle parti, nella misura in cui la scelta del contraente non si basa sul sesso della persona".

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