Lavoro

La cessione di ramo d'azienda non andata a buon fine costringe la cedente a retribuire il dipendente

A nulla rilevano fatti estranei quali le vicende intercorse tra il lavoratore e la cessionaria

di Giampaolo Piagnerelli

Nel caso in cui la cessione di ramo d'azienda preventivata non vada poi a buon fine la società cedente deve corrispondere la retribuzione mancata al lavoratore ceduto . Lo chiarisce la Cassazione con l'ordinanza n. 5413/22.

La vicenda. Venendo ai fatti Telecom Italia spa ha proposto appello nei confronti di un dipendente, contro la sentenza del tribunale di Napoli, con la quale era stata respinta l'opposizione al decreto ingiuntivo (n. 1449/2014) emesso dal medesimo giudice, in favore del lavoratore, per il pagamento di una somma pari a circa 2150 euro oltre accessori a titolo di retribuzione dovuta in virtù della sentenza (n. 25887/2009) del tribunale della stessa sede. Secondo quest'ultimo provvedimento divenuto definitivo era stata dichiarata "l'inefficacia della cessione di ramo d'azienda tra Telecom e Tnt logistics srl" ed era stata stabilita la permanenza del rapporto di lavoro tra il dipendente e Telecom e quest'ultima era, pertanto, tenuta a versare la somma al lavoratore a titolo di retribuzione mancata. Perciò, a seguito della sentenza del tribunale attinente la ricostruzione del rapporto di lavoro tra Telecom Italia e il dipendente, a nulla rilevano fatti estranei – quali le vicende intercorse tra il lavoratore e la cessionaria.

Il rapporto di lavoro , dunque, non può considerarsi tra la cedente Telecom e la cessionaria, essendo stato appunto accertato con pronuncia passata in giudicato che non sussistono le condizioni per applicare l'articolo 2112 del codice civile (mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda) e che il dipendente non ha manifestato consenso alla cessione del contratto, secondo quanto previsto dall'articolo 1406 del codice civile.

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