Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte depositate nel periodo compreso tra il 14 e l'18 marzo 2022

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) omessa trascrizione delle conclusioni delle parti e nullità della sentenza; (ii) ordine di integrazione del contraddittorio in causa inscindibile ed assegnazione nuovo termine; (iii) competenza per territorio e limiti di deroga al foro del consumatore; (iv) regolamento di competenza e sindacato della Corte di cassazione; (v) crediti del difensore e decorrenza interessi moratori; (vi) doppia notifica e termine per il deposito del ricorso per cassazione; (vii) decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e contenuto dell'atto di precetto; (viii) condanna alle spese di lite, principio della soccombenza e sindacato del giudice di legittimità.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

SENTENZA Cassazione n. 8108/2022
La pronuncia presta adesione, dandogli continuità, al principio che afferma che l'omessa trascrizione delle conclusioni delle parti non è di per sé causa di nullità della sentenza, assumendo rilevanza solo se ed in quanto accompagnata dalla mancata considerazione delle stesse da parte del giudice.

IMPUGNAZIONICassazione n. 8214/2022
La decisione riafferma che quando il giudice abbia pronunziato l'ordine di integrazione del contraddittorio in causa inscindibile e la parte onerata non vi abbia provveduto non può essere assegnato un nuovo termine per il completamento dell'integrazione, salvo che l'istanza di assegnazione di un nuovo termine, tempestivamente presentata prima della scadenza di quello già concesso, si fondi sull'esistenza, idoneamente comprovata, di un fatto non imputabile alla parte onerata o, comunque, risulti che la stessa ignori incolpevolmente la residenza dei soggetti nei cui confronti il contraddittorio avrebbe dovuto essere integrato.

COMPETENZA Cassazione n. 8406/2022
L'ordinanza resa in tema di competenza territoriale, ribadisce che qualora il consumatore sia stato evocato dinanzi al "suo" foro non può eccepire l'incompetenza e la competenza di altri fori, in quanto, nel solco del principio per cui è l'attore che sceglie il giudice competente, è stato correttamente evocato in giudizio.

COMPETENZACassazione n. 8609/2022
La pronuncia rimarca che, in sede di regolamento di competenza, i poteri di indagine e di valutazione, anche in fatto, della Suprema Corte ben possono esplicarsi in relazione ad ogni elemento utile acquisito sino a quel momento al processo, senza essere limitati dal contenuto della sentenza impugnata né dalle difese delle parti, e possono conseguentemente riguardare anche questioni di fatto non contestate nel giudizio di merito e che non abbiano costituito oggetto del ricorso per regolamento di competenza.

DIFENSORI Cassazione n. 8611/2022
Registrando sulla questione oggetto di scrutinio un contrasto di giurisprudenza, la pronuncia, enunciando il principio di diritto, conclude che anche per i crediti professionali derivanti dallo svolgimento dell'attività di avvocato gli interessi debbano essere fatti decorrere dalla messa in mora, e ciò anche nel caso in cui alla liquidazione si pervenga all'esito del procedimento di cui all'articolo 14 del Dlgs n. 150/2011.

IMPUGNAZIONI Cassazione n. 8674/2022
La decisione assicura continuità al principio secondo cui il termine per il deposito del ricorso per cassazione, nel caso in cui quest'ultimo sia notificato più volte alla medesima parte, decorre dalla prima notificazione.

PROCEDIMENTO MONITO RI O Cassazione n. 8870/2022
L'ordinanza, ribadendo un principio espresso da una risalente decisione ma mai mutato da oltre un quarantennio, riafferma che, in presenza di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex articolo 642 c.p.c., è sufficiente che l'atto di precetto, successivamente notificato al debitore, contenga la data di notificazione del titolo esecutivo e gli estremi di essa, non risultando invece applicabile il disposto di cui all'articolo 654, comma 2, c.p.c., secondo cui è necessario che nel precetto si faccia menzione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà e dell'apposizione della formula esecutiva, essendo tale norma dettata per l'ipotesi in cui il decreto ingiuntivo diventi esecutivo dopo la sua emanazione, per essere stata rigettata l'opposizione all'ingiunzione o per essersi estinto il relativo giudizio.

SPESE PROCESSUALI Cassazione n. 8938/2022
Cassando con rinvio la sentenza impugnata, la pronuncia riafferma che, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse.
***

PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Sentenza – Contenuto – Omessa, inesatta o incompleta trascrizione delle conclusioni delle parti – Nullità della sentenza – Condizioni. (Cpc, articoli 112, 132 e 157; Disp, att. cpc, articolo 1 18)
L'omessa, inesatta o incompleta trascrizione delle conclusioni delle parti nell'epigrafe della sentenza ne determina la nullità solo quando tali conclusioni non siano state esaminate, di guisa che sia mancata in concreto una decisione su domande ed eccezioni ritualmente proposte, mentre, ove il loro esame risulti dalla motivazione, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata in quanto la corte del merito, pur non avendo trascritto, per un evidente disguido, le conclusioni della società ricorrente, non aveva comunque omesso di pronunciare sulle domande proposte come implicitamente riconosciuto anche da quest'ultima, laddove non individua alcuna specifica omissione di pronuncia: in altri termini, osserva la Corte di legittimità, la carenza nel riportare le conclusioni dell'appellante principale non aveva impedito ai giudici d'appello di esaminare, sia pure ritenendolo assorbito, l'appello principale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 9 maggio 2018, n. 11150; Cassazione, sezione civile II, sentenza 4 febbraio 2016, n. 2237; Cassazione, sezione civile I, sentenza 10 marzo 2006, n. 5277).
Cassazione, sezione III civile, sentenza 14 marzo 2022, n. 8108 – Presidente Vivaldi – Relatore Valle

Procedimento civile – Impugnazioni – Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili – Ordine disposto dal giudice – Inottemperanza della parte onerata nel termine stabilito – Istanza di assegnazione di un nuovo termine – Ammissibilità – Esclusione – Limi ti. (Cpc, articoli 153, 154, 163-bis e 331)
L'integrazione del contraddittorio disposta "iussu iudicis" per ragioni di litisconsorzio necessario comporta la necessità che l'atto integrativo venga notificato all'interessato nel termine perentorio fissato dal giudice, ovvero, qualora quest'ultimo abbia omesso tale indicazione, nel rispetto dei termini a comparire di cui all'articolo 163-bis cod. proc. civ., con la conseguenza che il rapporto processuale deve ritenersi validamente costituito con la notifica dell'atto integrativo, e non anche con il deposito dell'atto notificato in cancelleria nel termine di dieci giorni dalla notifica. Onde, quando il giudice abbia pronunziato l'ordine e la parte onerata non vi abbia provveduto, non può essere assegnato un nuovo termine per il completamento dell'integrazione, che equivarrebbe alla concessione di una proroga del termine perentorio precedentemente fissato, vietata espressamente dall'articolo 153 cod. proc. civ., salvo che l'istanza di assegnazione di un nuovo termine, tempestivamente presentata prima della scadenza di quello già concesso, si fondi sull'esistenza, idoneamente comprovata, di un fatto non imputabile alla parte onerata (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione avverso la decisione di primo grado, in quanto parte appellante aveva atteso ben cinque mesi, dal 28 febbraio 2013, quando le era stata comunicata l'ordinanza della corte territoriale, al luglio 2013 per tentare la notificazione, limitandosi poi a richiedere in udienza la concessione di un nuovo termine, senza però neppure addurre, ove fosse stata questa l'evenienza, qualsiasi causa non imputabile). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 15 ottobre 2021, n. 28298; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 13 marzo 2020, n. 7233; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 13 luglio 2018, n. 18603; Cassazione, sezione civile III, sentenza 11 aprile 2016, n. 6982; Cassazione, sezione civile III, sentenza 12 marzo 2014, n. 5628; Cassazione, sezione civile II, sentenza 16 dicembre 2009, n. 26401; Cassazione, sezione civile I, sentenza 26 novembre 2008, n. 28223; Cassazione, sezione civile III, sentenza 15 gennaio 2007, n. 637).
Cassazione, sezione I civile, ordinanza 14 marzo 2022, n. 8214 – Presidente Cristiano – Relatore Nazzicone

Procedimento civile – Competenza per territorio – Foro del consumatore – Deroga –Limiti – Consumatore in veste di attore – Ammissibilità – Consumatore in veste di convenuto – Esclusione – Fondamento. (Dlgs, n. 206/2005, articoli 3 46, e 66-bis; Dlgs, n. 150/2011, articolo 14; Cpc, articoli 45, 47 e 702-bis)
In tema di competenza territoriale, qualora il consumatore sia stato evocato dinanzi al "suo" foro non può eccepire l'incompetenza e la competenza di altri fori, in quanto, nel solco del principio per cui è l'attore che sceglie il giudice competente, è stato correttamente evocato in giudizio. A tal fine, infatti, occorre distinguere il caso in cui il consumatore abbia, in veste di attore, adito un foro diverso da quello di cui al Dlgs n. 206/2005, caso in cui non si riflette la regola della "prevalenza" del foro speciale, da quello in cui il consumatore medesimo, evocato dinanzi al "suo" foro, eccepisca la competenza di un foro diverso. Nella prima ipotesi, nel solco del principio per cui è l'attore che sceglie il giudice competente, al connotato della "prevalenza" del foro del consumatore è da anteporre il connotato della sua "derogabilità" da parte dello stesso consumatore, ossia da parte del medesimo soggetto "debole" a favore del quale la "prevalenza" del foro è prefigurata dalla legge; nella seconda ipotesi, viceversa, ma del pari nel solco del principio per cui è l'attore che sceglie il giudice competente, il connotato della "prevalenza" del foro del consumatore, correttamente prescelto dall'attore (non consumatore), rende vano il connotato della sua "derogabilità" da parte dello stesso consumatore (Nel caso di specie, relativo ad un'azione promossa ex articolo 702-bis cod. proc. civ. da una avvocatessa per ottenere il pagamento dei compensi a lei spettanti a titolo di attività giudiziale prestata nei confronti del cliente avente la veste di consumatore, la Suprema Corte ha dichiarato la competenza del Tribunale di Benevento che, su eccezione di quest'ultimo, pur residente nel circondario del foro adito, aveva dichiarato la propria incompetenza per territorio in favore di quella del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel cui circondario era stata resa l'attività professionale, il quale, opinando, a sua volta, per la propria incompetenza "ratione loci", per essere competente per territorio il Tribunale in origine adito, aveva formulato d'ufficio richiesta di regolamento di competenza). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 28 luglio 2021, n. 21647; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 30 giugno 2020, n. 12981; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 12 marzo 2014, n. 5703).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 15 marzo 2022, n. 8406 – Presidente Lombardo – Relatore Abete

Procedimento civile – Competenza – Regolamento di competenza – Poteri di indagine e valutazione della Corte di cassazione – Ambito – Limiti derivanti dalla sentenza impugnata o dalle prospettazioni delle parti – Configurabilità – Esclusione – Fattispecie relativa ad interpretazione di clausola compromissoria contenuta in un contratto di appalto. (Cc, articoli 1362 e 1655; Cpc, articoli 42, 43, 45, 47, 49 e 808)
L'istanza di regolamento di competenza ha la funzione di investire la Corte di cassazione del potere di individuare definitivamente il giudice competente, onde evitare che la sua designazione sia ulteriormente posta in discussione nell'ambito della stessa controversia, sicché i poteri di indagine e di valutazione, anche in fatto, della Corte possono esplicarsi in relazione ad ogni elemento utile acquisito sino a quel momento al processo, senza essere limitati dal contenuto della sentenza impugnata né dalle difese delle parti, e possono conseguentemente riguardare anche questioni di fatto non contestate nel giudizio di merito e che non abbiano costituito oggetto del ricorso per regolamento di competenza (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte, ribadito che l'interpretazione di una clausola contrattuale, ai fini della risoluzione di una questione di competenza, rientra nei suoi poteri, essendo, in tale materia, anche giudice del fatto, dovendo accertare se sia stato commesso un errore di rito, ha dichiarato la competenza del tribunale adito che, al contrario, aveva affermato la competenza del collegio arbitrale a decidere la controversia insorta tra le parti con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto con cui era stato ingiunto alla società intimata il pagamento di una somma a titolo di corrispettivo per lavori svolti in esecuzione del contratto d'appalto). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 24 ottobre 2016, n. 21422; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 27 novembre 2014, n. 25232; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 11 novembre 2002, n. 14569).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 16 marzo 2022, n. 8609 – Presidente Lombardo – Relatore Giannaccari

Procedimento civile – Difensori – Pagamento compensi per prestazioni professionali – Diritto agli interessi di mora – Decorrenza – Data di liquidazione giudiziale – Rilevanza – Esclusione – Data di proposizione della domanda giudiziale o della richiesta stragiudiziale di adempimento – Sussistenza. (Dlgs, n. 231/2002, articoli 1 e 2; Dlgs, n. 150/2011, articolo 14; Cc, articoli 1183, 1219, 1224, 1284 e 2230; Cpc, articolo 702-bis)
Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'articolo 1224 cod. civ. competono a far data dalla messa in mora (coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento), e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui all'articolo 14 del Dlgs n. 150/2011, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore (Nel caso di specie, enunciando espressamente il principio di diritto, la Suprema Corte, dando espressamente conto del copioso dibattito giurisprudenziale sollevato sulla relativa questione, ha accolto il ricorso e cassato in parte qua l'ordinanza impugnata con la quale il giudice di merito aveva ritenuto di riconoscere gli interessi di mora solo a far data dalla pronuncia emessa). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 5 luglio 2018, n. 17655; Cassazione, sezione civile II, sentenza 16 febbraio 2016, n. 2954; Cassazione, sezione civile II, sentenza 30 aprile 2014, n. 9510; Cassazione, sezione civile II, sentenza 10 ottobre 2011, n. 20806; Cassazione, sezione civile II, sentenza 20 novembre 1998, n. 11736; Cassazione, sezione civile I, sentenza 27 giugno 1997, n. 5772; Cassazione, sezione civile II, sentenza 30 ottobre 1996, n. 9514; Cassazione, sezione civile II, sentenza 14 maggio 1994, n. 4712; Cassazione, sezione civile II, sentenza 28 novembre 1987, n. 8865; Cassazione, sezione civile II, sentenza 10 luglio 1980, n. 4413; Cassazione, sezione civile II, sentenza 21 novembre 1979, n. 6064; Cassazione, sezione civile III, sentenza 20 maggio 1976, n. 1813).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 16 marzo 2022, n. 8611 – Presidente Lombardo – Relatore Criscuolo

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Deposito del ricorso – Termine – Doppia notifica – Decorrenza – Prima notificazione – Sussistenza – Fondamento. (Cpc, articolo 369)
Il termine per il deposito del ricorso per cassazione, nel caso in cui quest'ultimo sia notificato più volte alla medesima parte, decorre dalla prima notificazione. Infatti, non è ammissibile che il ricorrente, eseguendo la notificazione dell'impugnazione alla stessa parte in giorni diversi, possa rinviare a suo arbitrio il "dies a quo" del termine per il deposito del ricorso a meno che, ovviamente, la prima notificazione non sia invalida. Oltre a ciò, militano in favore di tale conclusione altri argomenti, quali la natura perentoria del termine previsto dall'articolo 369 cod. proc. civ., l'esigenza d'una celere definizione dei giudizi, nonché la tutela del diritto di difesa della parte contro la quale è proposta l'impugnazione, alla quale deve essere consentito di avere certa contezza (accedendo alla cancelleria successivamente alla scadenza del termine per il deposito del ricorso) dell'effettiva instaurazione del rapporto processuale, per valutarne la ritualità e l'opportunità di eventualmente controdedurre (Nel caso di specie, ritenendo fondata l'eccezione sollevata dalla controricorrente, la Suprema Corte ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso in quanto la ricorrente aveva notificato nella circostanza il medesimo ricorso due volte: una prima volta, il 10 luglio 2019, ed una seconda volta il 22 luglio 2019, mentre il deposito del ricorso era avvenuto il 2 agosto 2019, e quindi 23 giorni dopo la prima notifica). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 30 novembre 2021, n. 37579; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 19 marzo 2020, n. 7454; Cassazione, sezione civile L, sentenza 5 ottobre 2017, n. 23264; Cassazione, sezione civile II, sentenza 3 maggio 2016, n. 8704).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 17 marzo 2022, n. 8674 – Presidente Amendola – Relatore Rossetti

Procedimento civile – Procedimento monitorio – Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c. – Titolo esecutivo per l'esecuzione forzata – Idoneità – Atto di precetto – Notifica al debitore – Contenuto – Data di notificazione del titolo esecutivo e suoi estremi – Sufficienza – Menzione provvedimento che ha disposto l'esecutorietà ed apposizione della formula esecutiva – Necessità – Esclusione. (Cpc, articoli 480, 642, 645, e 654)
Il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex articolo 642 cod. proc. civ. costituisce titolo perfettamente valido per l'esecuzione forzata. In tal caso, è sufficiente che l'atto di precetto, successivamente notificato al debitore, contenga la data di notificazione del titolo esecutivo e gli estremi di essa. Non è invece applicabile nella specie la disposizione contenuta nel secondo comma 654 cod. proc. civ., secondo cui è necessario che nel precetto si faccia menzione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà e dell'apposizione della formula esecutiva, in quanto tale norma è dettata per l'ipotesi in cui il decreto ingiuntivo diventi esecutivo dopo la sua emanazione, per essere stata rigettata l'opposizione all'ingiunzione o per essersi estinto il relativo giudizio (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rilevato che due decreti monitori oggetto di giudizio erano stati entrambi emanati quali provvisoriamente esecutivi e che pertanto non trovava applicazione l'articolo 654, comma 2, cod. proc. civ., ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza che aveva rigettato l'opposizione agli atti esecutivi, con riferimento ad esecuzione promossa sulla base di tre decreti ingiuntivi, azionati con un unico atto di precetto). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 28 aprile 1975, n. 1656).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 18 marzo 2022, n. 8870 – Presidente Scrima – Relatore Valle

Procedimento civile – Spese processuali – Principio della soccombenza – Parte vittoriosa – Compensazione – Potere discrezionale del giudice di merito – Contenuto – Sindacato di legittimità – Limiti. (Cpc, articoli 91 e 92)
In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell'ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell'ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti, minimi ove previsti e massimi fissati dalle tabelle vigenti (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la decisione gravata per violazione del principio generale in tema di soccombenza, avendo il giudice del merito posto, illegittimamente, le spese di lite a carico della parte risultata vittoriosa) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 4 agosto 2017, n. 19613).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 18 marzo 2020, n. 8938 – Presidente Leone – Relatore De Felice

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©