Famiglia

Sottrazione internazionale di minori, per i bebè si guarda all'integrazione della mamma

La Corte di cassazione, sentenza n. 32194 depositata oggi, chiarisce che non bastano i primi tre mesi di vita a determinare la residenza abituale

di Francesco Machina Grifeo

In materia di sottrazione internazionale di minori, la Suprema corte, sentenza n. 32194 depositata oggi, chiarisce che non basta essere nato e aver vissuto qualche mese nel paese dove vive il papà, per farne automaticamente il luogo di residenza abituale. La Prima sezione civile ha così cassato il decreto del Tribunale per i minorenni di Sassari che, nel giugno scorso, aveva disposto il ritorno immediato in Spagna di un bambino di 10 mesi, nato a Cordoba nell'agosto 2021, dall'unione tra un cittadino spagnolo e una italiana, e portato in Sardegna tre mesi dopo il parto.

La Corte di merito aveva dato ragione al padre in quanto, una volta cessata la relazione sentimentale, il bebè era stato condotto in Italia senza il consenso del padre nonostante dopo nei mesi successivi alla separazione avesse continuato a vivere in Spagna frequentando il papà «con regolarità».

Per la Suprema corte però la Corte territoriale non aveva valutato con la dovuta considerazione "il fattore, rilevante, rappresentato dalla tenerissima età del minore ai fini della determinazione della residenza abituale dello stesso, avente carattere di stabilità ed effettività". Invece, avrebbe dovuto dare peso "all'asserita assenza di rapporti del minore e della madre, che lo accudisce, con la Spagna".

La madre infatti era arrivata nel Paese nell'ambito del Progetto Erasmus non vi aveva mai lavorato, né stabilito "legami significativi", al di fuori della ormai conclusa relazione sentimentale, durata, con varie interruzioni, per circa due anni. Non solo, aveva riferito di avere partorito in Spagna prematuramente, essendo seguita dal proprio ginecologo in Italia, e di avere convissuto, con il padre del bambino, in casa della madre di lui, solo un mese.

Così ricostruito il quadro, prosegue la decisione, gli unici indici utilizzati dalla Corte di merito (la nascita in Spagna e il fatto che il minore avesse abitato lì per tre-quattro mesi) si rivelano, nella sostanza, «neutri», in quanto sono conseguenti al luogo dove il minore, nei primi mesi di vita, si è trovato senza instaurare rapporti particolarmente significativi con chicchessia (fatta eccezione dei suoi genitori).

In definitiva, per la Cassazione, in tema di sottrazione internazionale di minori, va affermato il seguente principio di diritto: «Quando un bambino, in condizione non scolare, nei primi mesi di vita - (nella specie, meno di otto mesi di età, avuto riguardo al momento della proposizione della domanda) -, sia effettivamente custodito dalla madre, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente il padre, ai fini dell'individuazione della "residenza abituale" del minore, concetto idoneo ad integrare il presupposto della fattispecie sottrattiva, occorre fare riferimento all'ambiente sociale e familiare e alla cerchia delle persone da cui lo stesso minore dipende e che egli necessariamente condivide, come rilevato dalla giurisprudenza eurounitaria».

«Ai fini dell'accertamento di tale residenza abituale, occorre prendere in considerazione, da un lato, la regolarità, le condizioni e i motivi del pregresso soggiorno della genitrice nel territorio del primo Stato membro e, dall'altro, le relazioni familiari e sociali effettivamente intrattenute da quest'ultima e dal minore, con essa convivente, nel medesimo Stato membro, verificando se, al momento in cui è stato adito il giudice, la madre e il minore, che dipende da quest'ultima, fossero presenti in modo stabile nel territorio di quello Stato e se, in considerazione della sua durata, della sua continuità, delle sue condizioni e ragioni, tale soggiorno denoti una apprezzabile integrazione del genitore in questione in un ambiente sociale, perciò condiviso con il minore, pur non potendosi trascurare l'altro genitore con cui il minore mantenga contatti regolari».

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