Penale

Legittima la pena più severa per le violazioni degli obblighi dell'armaiolo

Lo ha stabilito la Corte cosituzione con la sentenza n. 174 depositata oggi

È legittimo l'inasprimento delle sanzioni precedentemente previste per la violazione degli obblighi posti a carico degli "armaioli", su tutti, quello di tenere un registro delle operazioni giornaliere e conservarlo per cinquant'anni.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 174 depositata oggi (redattore Augusto Barbera), che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 35, comma 8, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), modificato nel 2010.
L'attività dell'armaiolo, disciplinata nell'ordinamento italiano a partire dagli anni ‘90 in attuazione di una direttiva europea, comprende le professioni di tutti coloro che fabbricano, commerciano, vendono e riparano armi. L'armaiolo è obbligato a diversi adempimenti, la cui violazione è punita con diverse sanzioni, aggravate nel 2010 con il decreto legislativo n. 204.
In particolare, l'inasprimento consiste nell'arresto da sei mesi a due anni, anziché da tre mesi a un anno, come precedentemente stabilito, e nell'ammenda da 4.000 a 20.000 euro, in luogo della previgente sanzione "non inferiore a cinquantamila lire".
Secondo il Tribunale di Savona, la normativa censurata violerebbe, per eccesso di delega (articolo 76 della Costituzione), i principi e i criteri direttivi dettati dalla legge n. 88 del 2009, con cui il Governo era stato delegato ed emanare decreti legislativi in attuazione di numerose direttive europee. Ad avviso del Tribunale, il Governo avrebbe potuto introdurre nuove ipotesi criminose, ma non anche aggravare le sanzioni penali relative ai reati già esistenti.
La Corte costituzionale ha ritenuto che questa interpretazione non è coerente con la ratio complessiva della delega legislativa. Quest'ultima, proprio perché conferita per l'attuazione di direttive comunitarie in svariati settori, comporta necessariamente il potere-dovere del Governo di dettare discipline sostanziali suscettibili di integrarsi con la normativa precedente, consentendo anche di innovarla. Da ciò consegue che, nel caso di specie, quanto alle previsioni sanzionatorie, è legittimo adattare le pene previgenti alla nuova disciplina sostanziale, anche aggravandole.

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