Comunitario e Internazionale

Commissione Ue non responsabile del mancato salvataggio di Banca Marche

Lo ha stabilito il Tribunale Ue, sentenza T 635/19, affermando la che la risoluzione è dipesa dallo stato di dissesto

La risoluzione di Banca delle Marche da parte delle autorità italiane è stata essenzialmente determinata dal suo stato di dissesto. E la Commissione non può essere ritenuta responsabile per aver impedito il suo salvataggio. Lo scrive il Tribunale dell'Ue nella sentenza della causa (T 635/19, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e a./Commissione) che gli istituti azionisti e obbligazionisti subordinati della Banca hanno intentato contro la Commissione Ue per non aver autorizzato l'intervento del Fondo italiano di tutela dei depositi per ricapitalizzare l'istituto di credito.

Il Tribunale sottolinea infatti che gli elementi determinanti a favore della decisione di risoluzione di Banca delle Marche erano lo stato di dissesto della banca, dimostrato dalle perdite complessive di 1,445 miliardi di euro e da un deficit patrimoniale al 30 settembre 2015 pari a 1,432 miliardi di euro nonché il fatto che, nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, non era stato possibile definire interventi da parte di soggetti privati idonei a risolvere la sua situazione di crisi.

La vicenda - Il 9 gennaio 2012, la Banca d'Italia ha sottolineato che dagli accertamenti ispettivi erano emerse diffuse carenze nei sistemi di controllo interno, che avevano ripercussioni inevitabili sulla sua «rilevante esposizione ai rischi di natura creditizia e finanziaria». Il 15 ottobre 2013, Banca delle Marche è stata sottoposta ad amministrazione straordinaria. Il 10 ottobre 2014 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una richiesta di informazioni. Con lettera del 21 agosto 2015, la Commissione ha poi ricordato la possibilità dell'esistenza di un aiuto di Stato e ha invitato le autorità italiane a fornirle informazioni aggiornate e a desistere dall'attuare qualsiasi misura del FITD prima della sua notifica e prima di aver ottenuto una decisione da parte sua. L'8 ottobre 2015, il FITD ha fissato e approvato le linee generali di un secondo tentativo di intervento di sostegno a Banca delle Marche e ne ha informato la Banca d'Italia. Con lettera del 19 novembre 2015, la Commissione ha richiamato l'attenzione delle autorità italiane sul fatto che il ricorso a un sistema di garanzia dei depositi per ricapitalizzare una banca era soggetto all'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato.

La risoluzione - Il 21 novembre 2015, la Banca d'Italia ha avviato la risoluzione, il cui programma è stato previamente notificato alla Commissione. La Banca d'Italia ha, in particolare, rilevato il fatto che una ricapitalizzazione di Banca delle Marche da parte del FITD non era potuta avvenire, in assenza della «previa valutazione positiva della Commissione (...) sulla compatibilità [di tale operazione] con la normativa [dell'Unione] in materia di aiuti di Stato».

Il ricorso - A questo punto, ritenendo che la Commissione abbia impedito, per mezzo di pressioni illegittime esercitate sulle autorità italiane, il salvataggio mediante la ricapitalizzazione di Banca delle Marche da parte del FITD, le ricorrenti hanno proposto un ricorsodinanzi al Tribunale dell'Unione europea.

La decisione - Con la sua sentenza odierna, il Tribunale respinge il ricorso, con la motivazione che esse non hanno dimostrato l'esistenza di un nesso causale tra il comportamento asseritamente illecito della Commissione e il pregiudizio dedotto. Inoltre, secondo il Tribunale, le lettere e prese di posizione della Commissione non contengono alcuna valutazione giuridica alla luce dei criteri della nozione di «aiuto». In queste ultime, la Commissione non si è quindi espressa né su una misura concreta né sul modo preciso in cui avrebbe interpretato la nozione di «aiuto». Pertanto, la Commissione non ha né minacciato le autorità italiane di bloccare o di vietare eventuali interventi del FITD a favore di Banca delle Marche né esercitato pressioni in merito.

Le ricorrenti dunque non possono legittimamente invocare la decisione di aprire il procedimento di indagine formale vertente sull'intervento del FITD a favore di Banca Tercas, adottata il 27 febbraio 2015, nella quale la Commissione aveva ritenuto che quest'intervento soddisfacesse i criteri di imputabilità e di risorse statali. Infatti, a differenza di tali misure di sostegno a favore di Banca Tercas, prima dell'adozione della decisione di risoluzione di Banca delle Marche, non esisteva né un progetto di intervento definitivo del FITD a favore di Banca delle Marche né una richiesta di autorizzazione di un simile progetto rivolta alla Banca d'Italia, né esisteva una notifica formale di tale progetto o un'altra ragione per cui la Commissione avviasse un procedimento di indagine formale a tal proposito.

Pertanto, secondo il Tribunale, era impossibile per la Commissione sapere con sufficiente precisione se l'eventuale intervento previsto dal FITD a favore di Banca delle Marche potesse soddisfare i criteri di un aiuto di Stato. In aggiunta, ancor prima del recepimento nel diritto italiano della direttiva 2014/59, che avrebbe reso possibile un simile intervento di sostegno, i commissari straordinari di Banca delle Marche hanno segnalato alla Banca d'Italia l'imminente situazione di cessazione dei pagamenti di tale banca e hanno riferito di temere che il suo salvataggio non potesse essere attuato in tempo utile tenuto conto della sua situazione finanziaria.

Secondo il Tribunale, ciò indica di per sé l'impossibilità di un rapido intervento del FITD, indipendentemente dall'eventuale necessità di notificarlo previamente alla Commissione.

Infine, per il Tribunale, la decisione delle autorità italiane di avviare la risoluzione di Banca delle Marche restava comunque autonoma, non era influenzata in modo decisivo dall'atteggiamento della Commissione ed era essenzialmente fondata sulla loro constatazione dello stato di dissesto di tale banca.

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