Giustizia

Nordio: «Intollerabile arbitrio con azione penale obbligatoria»

Ha avuto a tratti il contenuto, se non il tono, di una requisitoria l’esposizione del programma di amministrazione del nuovo ministro Carlo Nordio ieri in commissione al Senato

di Giovanni Negri

Ha avuto a tratti il contenuto, se non il tono, di una requisitoria l’esposizione del programma di amministrazione del nuovo ministro Carlo Nordio ieri in commissione al Senato. Nel mirino i suoi ex colleghi rappresentanti della pubblica accusa. Perché l’obbligatorietà dell’azione penale si convertita in un «intollerabile arbitrio». La gestione di migliaia di fascicoli mette i pubblici ministeri nella condizione di dovere scegliere, trovando spunti di indagine «nei confronti di tutti senza rispondere a nessuno». Il risultato è che questo sistema attribuisce alle iniziative di alcuni magistrati un’egemonia, ha affondato Nordio, «resa più incisiva dall’assenza di responsabilità in caso di mala gestione». E se il pm ha una «reale autorità esecutiva» come capo della polizia giudiziaria, allora non può essere svincolato da controlli come i giudici. Netta la conclusione «non ha senso che i pm appartengano allo stesso ordine dei giudici perché svolgono un ruolo completamente diverso».

Ma, oltre alla separazione delle carriere, Nordio punta il dito anche contro le intercettazioni, che, ricorda, sono in numero di gran lunga superiore alla media europea e ancora di più rispetto ai Paesi anglosassoni. Oltretutto con un costo che il ministro considera «elevatissimo, di centinaia di milioni all’anno. Intercettazioni che «si fanno sulla base di semplici sospetti e non concludono nulla». Per Nordio «non si mai vista una condanna inflitta sulla sola base delle intercettazioni, che dovrebbero essere un mezzo di ricerca della prova, mentre sono diventate uno strumento di prova, come tale assai fragile, che si dissolve davanti al contraddittorio dibattimentale», al netto oltretutto di possibili errori di trascrizione.

Di più, «la loro diffusione, talvolta selezionata e pilotata, costituisce uno strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica». Di conseguenza il ministero ne proporrà una «profonda» revisione.

Sulla carcerazione preventiva «il paradosso più lacerante è che, tanto è facile oggi entrare in prigione prima del processo, da presunti innocenti, quanto è facile uscirne dopo la condanna, da colpevoli conclamati. Orbene, la custodia cautelare, proprio perché teoricamente confligge con la presunzione di innocenza, non può essere demandata al vaglio di un giudice singolo».

E allora sarebbe «più ragionevole spostare la competenza dal Gip a una sezione costituita presso la Corte d’Appello, con competenza distrettuale. Avremmo - ha concluso sul punto Nordio - l’enorme vantaggio di una maggiore ponderatezza della decisione e anche di omogeneità di indirizzo».

Sul piano ordinamentale (ieri la notizia che il Parlamento si riunirà il 10 gennaio per eleggere i 10 consiglieri laici) Nordio apre, come «passaggio di buon senso» per spezzare il cortocircuito innescato tra giudici e giudicati, al trasferimento del giudizio disciplinare dal Csm a una Corte disciplinare terza, non elettiva e individuata con criteri oggettivi, per esempio tra ex presidenti di Cassazione o di alte giurisdizioni o ex giudici costituzionali nominati dal Capo dello Stato.

E se per l’Alta corte disciplinare servirà verosimilmente una norma di rango costituzionale, è altrettanto probabile, e il nuovo ministro ha dichiarato di esserne consapevole, che analoghe misure costituzionali potranno essere necessarie per riformare alcuni punti del Codice penale che, comunque, dovrà essere coerente con quello, di diversa ispirazione, di Procedura penale.

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