Famiglia

L'amante non paga i danni al coniuge tradito

Il Tribunale di Padova ha ritenuto non fondata la pretesa della ricorrente, anche in presenza di una relazione

di Andrea Alberto Moramarco

La scelta di un partner amoroso, anche se già sposato, costituisce esercizio del diritto costituzionalmente garantito alla libera espressione della propria personalità. Di conseguenza, il coniuge tradito non può chiedere all’amante il risarcimento dei danni patiti a causa del tradimento, a meno che la condizione di afflizione in lui indotta superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, come quello alla salute o all’onore o alla dignità personale. Questo è quanto si afferma nella sentenza del Tribunale di Padova n. 1308/2021.

Il caso

La singolare controversia ha come protagonista una donna, sposata con un uomo titolare di un’impresa e accusato dalla moglie di averla tradita con una dipendente. La donna, di fatto socia dell’azienda e sempre presente in ufficio, si sentiva denigrata e umiliata dalla vicenda, sicché decideva di citare in giudizio la lavoratrice per chiederle un risarcimento dei danni morali pari a 30 mila euro.

La dipendente, dal canto suo, riteneva che in realtà non aveva nessuna relazione con il suo datore di lavoro e che, anzi, la stessa aveva più volte sfuggito alle avances dell’uomo e che viveva un tale corteggiamento con un certo fastidio e disagio. Per la donna, in sostanza, la moglie, «accecata dalla gelosia» avrebbe interpretato come tradimento un comportamento che tale non era.

Ad ogni modo, la presunta amante sosteneva di essere estranea a questioni di coppia: «il dovere di fedeltà coniugale grava unicamente sui coniugi e non certo sui terzi, laddove l’intrattenimento di una relazione con una persona sposata costituisce per il partner la semplice espressione della propria personalità». Insomma, non è con lei l’attrice avrebbe dovuta prendersela, bensì con il marito, con il quale i rapporti erano ormai compromessi.

Il risarcimento in caso di infedeltà

Il Tribunale, sulla base delle testimonianze, ritiene che la presunta liaison ci sia effettivamente stata. Tuttavia, ciò di per sé non basta per fondare una richiesta di risarcimento danni subiti dal coniuge tradito. Il giudice ricorda, infatti, quanto alla posizione del coniuge infedele, che la violazione di un obbligo derivante dal matrimonio, come appunto quello di fedeltà, non determina automaticamente conseguenze diverse rispetto ai rimedi previsti dal diritto di famiglia. Non basta cioè l’adulterio per legittimare una richiesta di danno. È necessario, a tal fine, che il tradimento sia condotto con modalità particolarmente lesive dell’altrui dignità che siano tali da ledere il diritto alla salute, alla dignità personale o all’onore dell’altro coniuge.

La posizione dell’amante

Quanto alla posizione dell’amante, pur non essendo ovviamente soggetto all’obbligo di fedeltà coniugale, questi può «assumere il ruolo di corresponsabile quando, in forza della propria condotta e avuto riguardo alle modalità con cui si è svolta la relazione extraconiugale, abbia direttamente leso ovvero abbia concorso a violare diritti inviolabili quali la dignità e l’onore del coniuge tradito», come nel caso in cui si sia «vantato della propria conquista nel comune ambiente di lavoro o ne abbia diffuso le immagini nei confronti di terzi».

Spetta comunque al coniuge tradito fornire la prova del nesso eziologico tra la condotta denunciata e il danno lamentato, in mancanza del quale – come nella fattispecie – il comportamento dell’amante configura semplicemente una libera espressione della propria personalità.

 

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