Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:

1. diritto al mantenimento e onere della prova del richiedente;
2. natura non donativa degli accordi in sede di separazione;
3. interdizione e grave deficit cognitivo;
4. mantenimento dei figli e spese straordinarie non concordate;
5. mutamento di sesso e cambio del nome;
6. rettifica di sesso e legittimità dell'esclusione dell'intervento chirurgico;
7. assegno divorzile e ruoli endofamiliari.

1. SEPARAZIONE - Diritto al mantenimento e onere della prova del richiedente
(Cc Articolo 156; Cpc articolo 709 ter)

A norma dell'art. 156 c.c., il diritto al mantenimento a seguito di separazione personale sorge, in favore del coniuge al quale questa non sia addebitabile, ove egli non fruisca di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello che aveva durante il matrimonio, sempre che sussista una differenza di reddito tra i coniugi.

Nel caso in esame, la moglie nulla ha allegato, né tantomeno provato, in ordine al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Il Tribunale non ha avuto elementi per ritenere che i redditi percepiti dalla ricorrente non fossero sufficienti a mantenere lo stesso tenore di vita che caratterizzava la pregressa fase di convivenza matrimoniale.
Tribunale Pistoia, sentenza 7 giugno 2022, n. 521 – Pres. Barbarisi, Giud. Rel. Gargiulo

2. ACCORDI NEGOZIALI IN SEDE DI SEPARAZIONE - Natura non donativa degli accordi in sede di separazione
(Cc Articoli 536, 155,158, 711, 1322, 1333, 2932; articoli 4 e 6 della Legge 1° dicembre 1970 n.898)

In tema di separazione personale tra coniugi, l'obbligo di mantenimento dei figli minori (ovvero maggiorenni non autosufficienti) può essere legittimamente adempiuto dai genitori mediante un accordo che, in sede di separazione personale o di divorzio, attribuisca direttamente - o impegni il promittente ad attribuire - la proprietà di beni mobili o immobili ai figli, senza che tale accordo (formalmente rientrante nelle previsioni, rispettivamente, degli artt. 155, 158 e 711 c.c. e L. n. 898 del 1970, artt. 4 e 6, e sostanzialmente costituente applicazione della "regula iuris" di cui all'art. 1322 c.c., attesa la indiscutibile meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti) integri gli estremi della liberalità donativa, ma assolvendo ad una funzione solutorio-compensativa dell'obbligo di mantenimento. Esso comporta l'immediata e definitiva acquisizione al patrimonio dei figli della proprietà dei beni che i genitori abbiano loro attribuito o si siano impegnati ad attribuire: in questa seconda ipotesi, il correlativo obbligo, suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., è senz'altro trasmissibile agli eredi del promittente, trovando titolo non già nella prestazione di mantenimento - che, nei limiti costituiti dal valore dei beni attribuiti o da attribuire, risulta ormai convenzionalmente liquidata in via definitiva,- ma nell'accordo che l'ha estinta.

Nella misura in cui detti trasferimenti possono portare le parti ad evitare un contenzioso tra loro insorto circa la determinazione degli effetti della crisi, agli stessi è stata talvolta riconosciuta funzione transattiva, ma è stato sempre escluso lo spirito di liberalità proprio delle donazioni.

Tribunale Vicenza, sentenza 1° giugno 2022, n. 972 - Giud. Biondo

3. AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – Interdetta la persona affetta da grave deficit cognitivo
(articolo 3, L. 9 gennaio 2004, n. 6; Cc articoli 343, 384, 414)

Il presupposto richiesto dall'art. 414 c.c. per la pronunzia di interdizione è che la persona si trovi "in condizioni di abituale infermità di mente che la renda incapace di provvedere ai propri interessi"; si richiede, cioè, non l'esistenza di una tipica malattia mentale o di un'infermità nella quale ricorrono caratteristiche di una forma patologica ben definita, bensì l'esistenza di un'alterazione delle facoltà intellettive e/o volitive tali da determinare una totale incapacità di provvedere ai propri interessi, non solo con riguardo agli affari di indole patrimoniale, ma anche a tutti gli atti della vita, a tutela di interessi suscettibili di essere coltivati attraverso l'adozione di opportuni atti giuridici e, per la cui difesa, pertanto, sia configurabile una supplenza del tutore.
Tribunale Nocera Inferiore, sentenza 1° giugno, sez. I, 2022, n. 824 – Pres. Cuomo, Giud. Rel. Iannone

4. MANTENIMENTO FIGLI - Mantenimento e spese straordinarie non concordate
(Cc articoli 337 ter e 337 septies)

Quando l’iscrizione del figlio nella scuola privata (nella specie si trattava di un’Università privata come la Bocconi) sia frutto dell’autonoma iniziativa di uno solo dei genitori, questi non può pretendere, in automatico, il rimborso dei costi relativi a detta iscrizione da parte dell’altro.

Sussiste, pertanto, a carico del genitore non affidatario, un obbligo di rimborso, qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso che, nel caso in esame, vi è stato da parte del padre. 

Il legislatore ha voluto controbilanciare l’instabilità del vincolo tra i genitori, rafforzando il loro comune coinvolgimento nei rapporti con il figlio ed imponendo ad essi, in ogni caso, anche nell’ipotesi in cui siano separati o divorziati, un dovere di concordare l’indirizzo della vita familiare nel quale è incluso anche il dovere di concertazione delle spese straordinarie.
Tribunale di Novara, sentenza 1° giugno 2022,n.324 – Giudice Casiraghi

5. STATO CIVILE – Mutamento di sesso e cambio del nome
(Articoli 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (c.d. Carta di Nizza); articolo 89 del D.P.R. n. 396 del 2000 e articolo 8 C.E.D.U.)

Il cambiamento o la modificazione del nome e del cognome rivestono carattere eccezionale e possono essere ammessi solo ed esclusivamente in presenza di situazioni oggettivamente rilevanti supportate da adeguata e pregnante documentazione e da significative motivazioni. Il Prefetto, nel fare applicazione dell’art. 89 del DPR. n. 396del 2000, deve tener conto della natura eccezionale del proprio potere di disporre la modifica dei dati riguardanti l'identità personale.
T.A.R. Toscana Firenze, Sez. II, sentenza 7 marzo 2022, n. 295

6. RETTIFICA DEL SESSO – Legittima l'esclusione del carattere necessario dell'intervento chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica
L'esclusione del carattere necessario dell'intervento chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica appare il corollario di un'impostazione che − in coerenza con supremi valori costituzionali − rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con l'assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione, il quale deve comunque riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l'identità di genere.

Nel caso di specie, il Tribunale accertato il diritto del ricorrente ad ottenere l'attribuzione di sesso maschile, lo stesso è stato autorizzato al trattamento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali femminili a quelli maschili. 
Tribunale Pordenone, sentenza, 25 febbraio 2022, n. 100 - Pres. Tenaglia, Giud. Rel. est. Tesco

NOTA

La concezione per cui al fine di vedersi riconosciuto il proprio diritto all'identità sessuale, una persona debba sottoporsi a trattamenti clinici altamente invasivi, tali da mettere in pericolo la propria salute, confligge insanabilmente sia con l’art. 8 CEDU, sia con l'art. 2 Cost., i quali entrambi, come visto, consentono incondizionatamente ad ogni soggetto di vedersi riconosciuta la propria identità sessuale. Detta concezione confligge anche con l'art. 32 Cost., poiché, al fine dell'esercizio di un proprio diritto fondamentale (quale il diritto all'identità sessuale), impone al soggetto di sottoporsi ad un trattamento chirurgico, del tutto non pertinente né necessario al fine del libero esercizio del diritto in esame. Imporre al soggetto di sottoporsi ad un trattamento chirurgico o sanitario doloroso e pericoloso per la propria salute, equivale a vanificare o rendere comunque eccessivamente gravoso l'esercizio del diritto alla propria identità sessuale. Considerando che gli artt. 8 CEDU e art. 2 Cost. tutelano la ricongiunzione dell'individuo con il proprio genere quale risultato del procedimento di rettificazione, non può non riconoscersi che - come ha fatto da tempo anche la scienza medica - la modificazione dei caratteri sessuali primari non sempre è necessaria e che, anzi, alla luce dei diritti “in gioco”, la persona deve avere il diritto di rifiutarla.

Secondo una sentenza di merito di un paio di lustri fa, “il trattamento medicochirurgico previsto dalla legge n. 164/82 è necessario nel solo caso in cui occorre assicurare al soggetto transessuale uno stabile equilibrio psicofisico, qualora la discrepanza tra psicosessualità ed il sesso anatomico determini nel soggetto un atteggiamento conflittuale di rifiuto nei confronti dei propri organi genitali, chiarendo che laddove non sussista tale conflittualità non è necessario l’intervento chirurgico per consentire la rettifica dell’atto di nascita. Tale condivisa interpretazione poggia, per un verso, sulla considerazione che il dato letterale della legge n. 164/1982 legittima una rettificazione di sesso anche in assenza di preventivo intervento chirurgico, e ciò in quanto prevede solo che debba essere autorizzato quando necessario, (senza peraltro precisare i termini dello stato di necessità e nemmeno specificare se per caratteri sessuali debbano intendersi quelli primari o secondari e fino a che punto debbano essere modificati) e, per altro verso, su una lettura costituzionalmente orientata della normativa in parola, ponendosi sulla scia della pronuncia della Corte costituzionale n. 161/1985 che ha identificato un concetto ampio di identità sessuale ex artt. 2 e 32 Costituzione” (Trib. Rovereto 3 maggio 2013, n. 194, www.sossanità.it).

La Corte Costituzionale alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale comunitaria ha affermato: “L’imposizione dell’intervento chirurgico di normoconformazione rappresenterebbe, quindi, un’illegittima ingerenza del legislatore in un ambito che deve essere lasciato all’autonomia e alla responsabilità del professionista sanitario, al quale l’ordinamento demanda la scelta del trattamento medico e psicologico più opportuno per assistere la persona nella transizione di genere. Al riguardo, è richiamata la sentenza del Tribunale costituzionale federale tedesco, l° Sen., 11 gennaio 2011, l BvR 3295/07, che ha ritenuto che «la decisione sulla giustificabilità e opportunità clinica di un cambio di sesso deve essere presa sulla base di una diagnosi medica individuale; perciò il legislatore, al fine della prova della permanente esistenza della transessualità, pone un requisito eccessivo, che non considera in maniera sufficiente i diritti fondamentali che devono essere protetti». Del pari fondata sarebbe la censura riferita alla violazione dell’art. 8 della CEDU. Secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, infatti, il diritto all’identità di genere rientra nell’ambito protetto dall’art. 8 della Convenzione; pertanto, il rifiuto della riattribuzione di sesso, così come l’imposizione di un trattamento chirurgico di normoconformazione, costituirebbero «ingerenza di una pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto».

7. DIVORZIO – L’inadeguatezza dei mezzi ed all'incapacità di procurarseli del coniuge deve ancorarsi alla ripartizione dei ruoli endofamiliari
(articolo 5 Legge 1 dicembre 1970 n. 898)

Ai fini del riconoscimento o meno dell'assegno divorzile, occorre effettuare una valutazione che partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l'autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell'età del richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, pertanto, anche un contenuto prognostico riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall'assunzione di un impegno diverso. Sotto questo specifico profilo il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro.
Tribunale Napoli, Sez. I, sentenza, 10 giugno 2022, n. 5860 – Pres. Rosetti, Giud. Est. Celentano

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