Professione e Mercato

Avvocati, accaparramento di clientela per il modulo di nomina scaricabile dal web

Lo hanno affermato le Sezioni unite della Cassazione, sentenza n. 7501 depositata oggi, respingendo il ricorso di un legale sanzionato con l'"avvertimento"

di Francesco Machina Grifeo

La possibilità di scaricare da un sito web il modulo di nomina del difensore per una denuncia all'autorità giudiziaria integra una serie di violazioni del codice deontologico. Lo hanno affermato le Sezioni unite della Cassazione, sentenza n. 7501 depositata oggi, respingendo il ricorso di un legale sanzionato, a seguito di un esposto, con l'"avvertimento".

Secondo il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Trento, il legale aveva violato l'articolo 37 del Codice sull'accaparramento della clientela. Proposta impugnazione, il Consiglio nazionale forense l'ha respinta osservando che dal sito web del "Comitato 26 Gennaio" - costituitosi contro la Fonderia di Borgo Valsugana, in Sardegna -, era scaricabile il modulo di nomina a difensore per la denuncia all'autorità giudiziaria da sottoscrivere ed inviare all'avvocato ricorrente. L'avvocato "si era reso evidentemente disponibile a sottoscrivere la nomina per autentica senza avere alcuna evidenza della autografia del sottoscrittore".

Inoltre, si configurava un'offerta al pubblico delle prestazioni professionali, "tale da configurare violazione dell'art. 37, comma 4, del Codice deontologico forense" (divieto di offrire, sia direttamente che per interposta persona, le prestazioni professionali di avvocato al domicilio degli utenti, nonché nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico).

Contro questa decisione il legale ha proposto ricorso in Cassazione affermando che non si trattava di una "costituzione in giudizio", ma di una "mera denuncia", che tra l'altro poteva essere presentata "anche direttamente dal Comitato 26 Gennaio" e che il consenso prestato "non può essere ritenuto equivalente al fatto di offrire per interposta persona una prestazione professionale".

Motivazione rigettata dalla Suprema corte. Per i giudici di legittimità va accertato se tale modalità costituisca o non violazione dell'articolo 37. L' "accaparramento di clientela", argomenta la Corte, "trova piena concretizzazione nelle circostanze accertate posto che è indubbia la natura professionale della prestazione che verrebbe svolta dall'avvocato, una volta sottoscritto il modulo di denuncia". "Benché – prosegue - non si tratti di una costituzione in giudizio (evidentemente civile), come afferma il ricorrente, e la denuncia all'autorità giudiziaria possa essere presentata anche personalmente dal soggetto asseritamente offeso dal reato, ciò nondimeno la presentazione di un esposto da parte dell'avvocato acquista natura di prestazione professionale".

In primo luogo, perché non si trattava di una mera sottoscrizione di un esposto redatto dall'avvocato, ma della nomina a difensore nel procedimento penale da instaurarsi sulla base dell'atto di denuncia e dunque evidentemente di una nomina ai sensi dell'articolo 101 cod. proc. pen. ("difensore della persona offesa"). In secondo luogo, perché, sulla base di quanto previsto dall'articolo 1 della legge n. 247 del 2012, commi 5 e 6, "costituisce modalità di esplicazione della professione di avvocato non solo quella esclusiva dell'avvocato, e cioè l'assistenza, la rappresentanza e la difesa in giudizio, ma anche l'attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, e tale è anche la redazione dell'esposto pur senza la nomina quale difensore".

Infine, quanto all'accaparramento della clientela, per la Suprema corte è "evidente" che ricorre l'offerta di una prestazione professionale "nella presenza su sito web, con il consenso dell'avvocato, della documentazione in discorso".

Niente da fare neppure per la denuncia di illegittimità costituzionale. Essa è stata proposta direttamente nei confronti del codice deontologico forense, e cioè della norma interposta, senza passare attraverso la denuncia di illegittimità della norma di rinvio che ne fonda la precettività giuridica. "Assunta in modo solipsistico, la disposizione del codice deontologico costituisce atto privo della forza di legge, conseguendo tale forza solo all'integrazione del precetto legislativo. Di un atto privo della forza di legge non può essere predicata l'illegittimità sul piano costituzionale".

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