Professione e Mercato

Il praticante avvocato non è legittimato all'appello

Al momento della notifica dell'appello il legale pur avendo superato l'esame di abilitazione non aveva perfezionato la procedura di iscrizione nell'albo

di Marina Crisafi

Il praticante avvocato non è legittimato ad esercitare il patrocinio nel giudizio di appello, neanche a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 247/2012. A sottolinearlo è la terza sezione civile della Cassazione (con l'ordinanza n. 224/2023) che, affrontando la questione dell'appello proposto da un legale che non aveva ancora perfezionato la procedura di iscrizione all'albo degli avvocati, rammenta i limiti dello ius postulandi per i praticanti.

La vicenda
Nella vicenda, una donna trascinava in giudizio un comune per sentirne accertare la responsabilità, ai sensi dell'articolo 2051 c.c. o dell'articolo 2043 c.c., per i danni conseguenti ad una caduta da una sedia —utilizzata per assistere ad uno spettacolo pubblico organizzato dall'amministrazione stessa - che aveva ceduto sotto il suo peso, facendola cadere a terra.
Il comune si costituiva e contestava l'insussistenza dei presupposti per la condanna ex articolo 2051 c.c. e 2043 c.c.
Il giudice di pace le dava ragione e condannava il comune al risarcimento del danno. L'amministrazione faceva appello e il tribunale accoglieva le doglianze ritenendo che la caduta fosse stata provocata dalla disattenzione della danneggiata che si era addormentata sulla sedia perdendo l'equilibrio, sicchè la responsabilità del comune era da escludersi per la presenza del fortuito.

Difetto assoluto di ius postulandi
La cittadina adiva quindi il Palazzaccio lamentando innanzitutto che il giudizio d'appello era irrimediabilmente inficiato da nullità conseguente al difetto di ius postulandi dell'avvocato del comune, giacchè il difensore dello stesso aveva proposto appello avverso la sentenza del Giudice di Pace quando non era stata ancora perfezionata la sua iscrizione nell'albo degli avvocati così violando sia le specifiche norme che limitano il patrocinio dei praticanti avvocati, sia l'interpretazione restrittiva delle stesse adottata più volte dalla Cassazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 3917/2016).
A dire della ricorrente, pertanto, si verteva in una causa insanabile di nullità del procedimento, rilevabile d'ufficio per la prima volta anche nel giudizio di legittimità, a condizione che la relativa prova risulti dagli atti e dai documenti ritualmente acquisiti nelle fasi di merito.
Il comune, dal canto suo, eccepiva che al momento della proposizione dell'appello, il difensore aveva superato l'esame di abilitazione ed aveva chiesto l'iscrizione all'albo, iscrizione perfezionatasi in data anteriore alla prima udienza di trattazione sicché doveva ritenersi che lo stesso fosse in possesso dello ius postulandi ancorché l'iscrizione all'albo non si fosse perfezionata al momento della notifica dell'atto di appello.

La decisione
Per gli Ermellini, tuttavia, ha ragione la donna. Al momento della notifica dell'appello, scrivono infatti i giudici della S.C., come riconosciuto anche da parte resistente, "il legale non aveva perfezionato la procedura di iscrizione nell'albo degli avvocati, avvenuta in una data successiva, sicché se ne deve dedurre sia che il praticante avvocato non poteva raccogliere né autenticare la procura alle liti per il grado di appello sia che non poteva procedere alla notifica del gravame".
Il praticante avvocato, proseguono da piazza Cavour, "non è legittimato ad esercitare il patrocinio nel giudizio di appello che si svolge dinanzi al Tribunale in composizione monocratica nelle cause civili di competenza del Giudice di Pace in quanto le norme che abilitano il praticante avvocato ad esercitare in alcune materie lo ius postulandi sono norme di stretta interpretazione in quanto derogano ai principi generali che collegano tale potere all'esito della regolare iscrizione all'albo degli avvocati" (cfr. Cass. n. 26898/2014; n. 3917/2016).
Inoltre, sostengono ancora dal Palazzaccio, come affermato più volte e anche di recente dalla giurisprudenza di legittimità, "la costituzione in giudizio in una causa tramite patrocinatore legale non ancora iscritto nell'albo professionale degli avvocati ed abilitato a svolgere l'attività nei limiti indicati nell'art. 8 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, è affetta da nullità assoluta ed insanabile, rilevabile anche d'ufficio in qualsiasi stato e grado del processo, riguardando la violazione di norme di ordine pubblico, attinenti alla regolare costituzione del rapporto processuale" (cfr., Cass. n. 26898/2014; Cass. n. 7754/2020). Tale indirizzo vale anche "a seguito dell'entrata in vigore della I. n. 247 del 2012 che, all'art. 41, comma 12, ammette l'attività difensiva (ndr del praticante) solo in sostituzione e sotto la responsabilità del ‘dominus' avvocato".
Da qui l'accoglimento del ricorso e la nullità del giudizio di appello.

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