Civile

Il nuovo whistleblowing: prime riflessioni sull'ambito di applicazione e sul ruolo del MOG 231

Le maggiori novità risiedono nell'introduzione di un nuovo canale esterno di segnalazione – che sarà costituito presso ANAC – nel riconoscimento della possibilità di effettuare divulgazioni pubbliche, nonché nell'estensione delle tutele da garantire ai segnalanti

di Fabrizio Ventimiglia e di Marco Marengo*

Dopo una lunga attesa il 15 marzo scorso è stato pubblicato in G.U. il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 24, che dà attuazione alla direttiva (UE) 2019/1937 in materia di whistleblowing.

Le maggiori novità risiedono nell'introduzione di un nuovo canale esterno di segnalazione – che sarà costituito presso ANAC – nel riconoscimento della possibilità di effettuare divulgazioni pubbliche, nonché nell'estensione delle tutele da garantire ai segnalanti.

Le misure di protezione previste, inoltre, non vengono garantite ai soli segnalanti, ma anche alle persone del medesimo contesto lavorativo e ai colleghi legati al whistleblower da stabili rapporti affettivi o di parentela entro il quarto grado, nonché ai c.d. "facilitatori" e agli enti di proprietà di tutti questi soggetti (cfr. art. 3, comma 5, d.lgs. 24/2023).

Il tutto nel contesto di una disciplina che, per la prima volta, si presenta organica e sistematica, riferendosi – pur con alcune differenze – sia ai soggetti pubblici che ai soggetti privati.

La soluzione normativa adottata per definire i diversi ambiti soggettivi di applicazione del decreto si presenta articolata. L'art. 3, commi 1 e 2, d.lgs. 24/2023, richiama infatti ben cinque diverse categorie di soggetti (enti) tenuti ad applicare il decreto, delineando peraltro quattro differenti "regimi normativi".

Di seguito si cercherà di offrire una esemplificazione delle differenze tra i regimi normativi applicabili alle diverse "categorie di soggetti" tenuti ad adeguarsi al decreto.Il primo "regime normativo" è quello descritto dall'art. 3, comma 1, d.lgs. 24/2023, per i soli soggetti del "settore pubblico" e prevede che i whistleblower debbano essere tutelati sia in caso di segnalazioni interne o esterne, sia nei casi di divulgazioni pubbliche o denunce all'Autorità giudiziaria o contabile. È inoltre prevista la possibilità per i segnalanti di comunicare informazioni relative a tutte le violazioni elencate dall'art. 2, comma 1, lett. a), senza distinzioni di sorta.

Sarà quindi possibile, per i whistleblower del settore pubblico, segnalare:

1) illeciti amministrativi, contabili, civili o penali;

2) condotte illecite rilevanti ai sensi del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, o violazioni dei relativi Modelli di organizzazione e gestione;

3) illeciti che rientrano nell'ambito di applicazione degli atti dell'Unione europea o nazionali indicati nell'allegato al d.lgs. 10 marzo 2023, n. 24, ovvero degli atti nazionali che costituiscono attuazione degli atti dell'Unione europea indicati nell'allegato alla direttiva (UE) 2019/1937;

4) atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell'Unione di cui all'art. 325 TFUE;

5) atti od omissioni riguardanti il mercato interno, di cui all'art. 26, paragrafo 2, TFUE;

6) atti o comportamenti che vanificano l'oggetto o le finalità delle disposizioni di cui agli atti dell'Unione nei settori precedentemente indicati.

Il secondo "regime normativo" è previsto invece dall'art. 3, comma 2, lett. a), d.lgs. 24/2023, e trova applicazione a due distinte categorie di "soggetti del settore privato": coloro che, pur non avendo adottato un Modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001, abbiano impiegato nell'ultimo anno una media di 50 o più lavoratori dipendenti, nonché i soggetti che – a prescindere dal numero di dipendenti impiegati – rientrino nell'ambito di applicazione degli atti dell'Unione europea indicati nell'allegato al decreto.

Anche in questi casi è prevista la possibilità per i whistleblower di avvalersi di tutti i canali di segnalazione, sia interni – che dovranno quindi essere predisposti in conformità al decreto – che esterni. Sarà inoltre possibile per i segnalanti avvalersi delle tutele previste nei casi di divulgazione pubblica e denuncia all'Autorità. Tuttavia, a differenza di quanto previsto per i whistleblower del settore pubblico, non sarà consentito comunicare informazioni relative a qualsiasi illecito, né sarà possibile segnalare illeciti rilevanti ai sensi del d.lgs. 231/2001 o violazioni di un Modello organizzativo (non adottato).

Infine, l'art. 3, comma 2, lett. b), disciplina due ulteriori e alternativi "regimi normativi" applicabili agli enti che adottano il Modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001. In primo luogo, nell'ambito delle realtà che non abbiano impiegato 50 o più dipendenti nell'ultimo anno, è prevista la sola possibilità di segnalare le violazioni del Modello organizzativo adottato, ovvero informazioni relative agli illeciti rilevanti ai sensi del d.lgs. 231/2001 (i c.d. reati presupposto). Inoltre, non è prevista la possibilità di ricorrere al canale di segnalazione esterna di ANAC o alla divulgazione pubblica. Il whistleblower avrà a disposizione, pertanto, i soli canali di segnalazione interna e le relative tutele.

Si applica il quarto e ultimo regime normativo, invece, nel caso in cui l'ente che abbia adottato il Modello organizzativo abbia anche impiegato, nell'ultimo anno di attività, una media di 50 o più dipendenti. In questo caso, l'art. 3, comma 2, lett. b), d.lgs. 24/2023, torna a prevedere non solo la possibilità per i whistleblower di fare ricorso anche al canale di segnalazione esterna e alle divulgazioni pubbliche, ma richiama in aggiunta la facoltà di segnalare comportamenti contrari, oltre che al d.lgs. 231/2001 e al Modello organizzativo, anche al diritto dell'Unione e agli atti dell'UE indicati nell'allegato al decreto.

Non è prevista, invece, la possibilità di segnalare informazioni su altri illeciti amministrativi, contabili, civili o penali: facoltà che è quindi riservata ai soli whistleblower del settore pubblico.

Volendo riassumere quanto illustrato con uno schema, il quadro generale apparirebbe quindi il seguente:

TABELLA

Il settore pubblico sembra quindi destinato a rimanere il punto di partenza "privilegiato" delle segnalazioni dei whistleblower. Più contenuto – ma certamente non irrilevante – appare invece l'impatto della riforma sulle realtà del settore privato con meno di 50 dipendenti e che non rientrino nel campo di applicazione degli atti dell'Unione. Solo in caso di adozione del Modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001, infatti, questi soggetti saranno tenuti a dotarsi dei canali di whistleblowing.

In ogni caso, per gli enti che si adeguano al d.lgs. 231/2001, il Modello organizzativo continuerà a essere il perno attorno al quale costruire e gestire i canali di segnalazione interna e le relative tutele. Si renderà necessario, pertanto, provvedere ad adeguare i Modelli organizzativi che, ai sensi dell'art. 4, comma 1, d.lgs. 24/2023 "prevedono i canali di segnalazione interna di cui al presente decreto".

L'adeguamento dei Modelli organizzativi dovrà inoltre essere accompagnato da una intensa attività divulgativa, sia sul funzionamento dei nuovi canali di segnalazione, sia sulla nuova portata di applicazione delle tutele riconosciute ai whistleblower.

*a cura dell'Avv. Fabrizio Ventimiglia, in collaborazione con l'Avv. Marco Marengo, dello Studio Legale Ventimiglia

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