Lavoro

Onorari avvocati, interessi dalla data della domanda

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 17122 depositata il 26 maggio, affermando che non si deve fare riferimento alla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice

di Francesco Machina Grifeo

In tema di onorari di avvocati, gli interessi decorrono dalla messa in mora e cioè dalla data della domanda. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 17122, accogliendo sotto questo profilo il ricorso di un legale e confermando l'indirizzo più recente.

L'avvocato ricorrente aveva denunciato la violazione dell'articolo 1282 c.c. e dell'articolo 1284 c.c., quanto al riconoscimento degli interessi legali sulle somme delle quali era stato riconosciuto creditore. Il professionista deduce che sebbene in dispositivo la condanna al pagamento del saldo residuo preveda la decorrenza degli interessi legali a far data dalla domanda fino al pagamento, "il capitale sul quale calcolare gli interessi sia quello frutto della riduzione anche in conseguenza dei versamenti effettuati in corso di causa". Invece, sostiene "gli interessi andavano riconosciuti sul capitale originariamente richiesto, sebbene ridotto a seguito delle decurtazioni compiute dal Tribunale".

Per la VI Sezione civile, che si è espressa in difformità alla proposta del Consigliere Relatore, il motivo è fondato. La Corte, prosegue la decisione, non ignora come in passato sia stato affermato che (Cass. n. 17655/2018) in tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato e procuratore a carico del cliente, la disposizione (comune alle tre tariffe forensi) contenuta nel Dm n. 238 del 1992, applicabile "ratione temporis", per la quale gli interessi di mora decorrono dal terzo mese successivo all'invio della parcella, non si applica in ipotesi di controversia avente ad oggetto il compenso tra avvocato e cliente, non potendo quest'ultimo essere ritenuto in mora prima della liquidazione delle somme dovute con l'ordinanza che conclude il procedimento ex articolo 28 della legge n. 794 del 1942 (oggi art. 14 del Dlgs n. 150/2011; conf. Cass. n. 2954/2016 che ribadisce che è dalla data dell'adozione dell'ordinanza di liquidazione dei compensi che decorrono sugli importi riconosciuti). In ragione di tale principio doveva quindi escludersi che sulla somma vantata al momento della proposizione del ricorso potessero essere riconosciuti gli interessi, la cui data di maturazione andava individuata in quella dell'adozione del provvedimento di liquidazione.

Tuttavia, prosegue la Corte, la più recente giurisprudenza di legittimità, nel rimeditare la questione, ha invece affermato il principio di diritto secondo cui: "Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora (coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento), e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui all'art. 14 del Dlgs n. 150/2011, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore, sicché è priva di fondamento la deduzione del ricorrente secondo cui l'attribuzione degli interessi sulla somma liquidata all'esito del processo sommario, ma a far data dalla domanda sarebbe per lui pregiudizievole" (n. 8611/2022).

Per il Collegio è questo il principio a cui dare continuità. Ne consegue – conclude la Cassazione - che "ove per effetto di versamenti effettuati in corso di causa il credito originariamente vantato si riduca, gli interessi vanno tuttavia calcolati sul credito originario sino alla data del pagamento parziale, decorrendo successivamente sul credito residuo, palesandosi quindi erronea la soluzione cui è pervenuto il giudice di merito".

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